Seviziato perchè obeso. Dove sono i 'bravi ragazzi'?

di Pierpaolo De Natale - Napoli, otto Ottobre, quartiere Pianura. Sono le ore 19: uomini e donne che rincasano dopo una giornata di lavoro, ragazzini che giocano o passeggiano dopo un pomeriggio di studio, anziani che chiacchierano per strada. È un giorno come tutti gli altri, in una città del sud Italia come tante altre.

Ciò che sta per accadere, però, è qualcosa di indubbiamente fuori dall'ordinario. Quotidiani, telegiornali, radio, internet, non vi è mezzo di comunicazione di massa che non abbia riportato tale notizia. E noi siamo qui per parlarne ancora una volta. Non per mero audience, non per spettacolarizzare il macabro, ma per parlarne. Perchè è giusto che se ne parli, perchè è giusto che anche i meno informati sappiano, perchè è giusto conoscere la realtà, per evitare che determinate barbarie possano ripetersi ancora.

Tre ragazzi, ventiquattrenni abitanti della periferia napoletana, lavorano presso un autolavaggio in via Padula. In quell'autolavaggio c'è anche Mario, Paolo, Luca, Francesco. Insomma, un ragazzino di quattordici anni come tutti gli altri, che attende mentre gli viene lavato il motorino.

Notato il quattordicenne, i tre ragazzi – anzi, uomini – iniziano a prenderlo in giro a causa della sua forma fisica. «Ciccione», «Sei obeso», insulti retaggio di una società malata, che non riconosce l'obesità come una diffusa patologia alimentare, ma la utilizza come forma di discriminazione. Purtroppo, come spesso accade, le parole sono state seguite dai fatti. Uno dei tre afferra il ragazzino, lo denuda e, munito di un comunissimo tubo d'aria compressa, lo sevizia provocandogli serie lacerazioni all'intestino.

Ricoverato d'urgenza all'Ospedale San Paolo, il ragazzino viene immediatamente portato in sala operatoria. I medici gli asportano buona parte del colon e, a seguito delle sue instabili condizioni, lo trasferiscono al reparto di terapia intensiva.

A pochissimi giorni dall'accaduto, le dichiarazioni raccolte da coloro che sono vicini alle parti coinvolte spaziano dal comprensibile all'inverosimile. «Siamo furibondi, speriamo che venga punito in modo esemplare», queste le parole della zia della vittima in merito al colpevole. «Merita la sedia elettrica chi ha fatto questo al mio bambino», ha invece detto la madre del quattordicenne.

A stupire, però, sono i commenti dei parenti dei responsabili. «È un omicidio questo? È stato uno scherzo banale», e ancora «si è trattato solo di un gioco finito male [...] è un bravo ragazzo».

In molti hanno etichettato l'episodio come fenomeno di bullismo, ma bisogna ammettere che la realtà va ben oltre. Magari, piuttosto che dibattere sulle conseguenze del fatto, sarebbe più utile chiedersi il perchè di questo gesto. Cosa ha potuto spingere un ventiquatrenne ad osare così tanto? Per quale ragione ha sentito il bisogno di passare alla violenza fisica dopo quella verbale?

Frustrazione, rabbia, tristezza, nessuno stato emozionale potrebbe mai giustificare quanto compiuto. Solo un individuo mentalmente instabile, incapace di intendere e di volere e sprovvisto di giudizio sarebbe, forse, capace di mettere in atto qualcosa del genere.

Come spiegare, invece, la reazione della famiglia del responsabile? Com'è possibile minimizzare, ridurre ad un "gioco" e difendere chi violenta un ragazzino in questo modo?

Si potrebbe anche ammettere che il tutto sia stato compiuto "scherzosamente", magari in maniera poco conscia e consapevole del danno che un attrezzo simile avrebbe potuto causare. Ma la domanda è: sono questi i giochi da fare? Sono questi, allora, i passatempi dei giovani d'oggi che, per "giocare" con un ragazzino dieci anni più piccolo di loro, arrivano a devastargli, seppur per caso, l'intestino?

«È un bravo ragazzo»: fu detto così anche di Davide Bifolco, diciassettenne ucciso dai carabinieri di Napoli che, a pochissimi chilometri da Pianura, non si fermò all'alt delle forze dell'ordine. Erano in tre a bordo, Davide guidava uno scooter non suo, senza patentino, nè assicurazione.

Al momento il quattordicenne vittima della brutalità del gesto dei ventiquattrenni è in fase di miglioramento. Ma i responsabili? Sconteranno quanto spetta a chi compie illeciti del genere? Comprenderanno la gravità del loro comportamento? Smetteranno di trincerarsi dietro le parole dei loro famigliari e si assumeranno le proprie responsabilità? I "bravi ragazzi" di una volta sono ancora salvi?