FOCUS | Tfr, cosa si nasconde dietro la proposta di Renzi?

di Piero Chimenti - Il Trattamento di fine rapporto (TFR) è quella somma di denaro che i lavoratori pubblici o privati riceveranno alla fine della loro attività lavorativa, come "indennizzo" per i loro anni di servizio all'interno dell'azienda o dell'ente di appartenenza. Nel corso dell'ultimo decennio è stata al centro di numerose riforme tra cui quella del quale si discute attualmente in parlamento. Ma andiamo per gradi analizzando i vari cambiamenti nel corso degli anni.

Nel 2005 col decreto legislativo n.52 è iniziata una "rivoluzione" per il settore privato, in particolare per quelle aziende con almeno 50 dipendenti, stabilendo che i lavoratori possano scegliere di destinare il proprio tfr nelle forme complementari, oppure lasciarlo in azienda presso il Fondo Tesoreria Inps.

La riforma prende corpo il primo gennaio 2007 con la legge n.252, stabilendo che nelle forme complementari si possano trasferire solo il "maturando" del tfr, mentre l'ammontare dei precedenti anni di attività dovranno rimanere in azienda; il lavoratore inoltre potrà cambiare fondo al compimento del secondo anno di sottoscrizione.

Negli scorsi mesi è stata rilanciata dal premier Renzi la proposta, da inserire nella Legge di Stabilità, di poter usufruire del tfr (o di parte di esso) in busta paga come integrazione dello stipendio mensile.

L'operazione coinvolgerà soltanto i lavoratori del settore privato che abbiano un'anzianità di servizio di almeno 6 mesi col datore di lavoro, nella scelta facoltativa e irreversibile che avrà una durata di 3 anni (dal 1° marzo 2015 al 30 giugno 2018).

La riforma farebbe incrementare la busta paga mediamente di 50-80€ netti al mese, assoggettati alla tassazione ordinaria dell'Irpef.

A beneficiare di questa manovra sarebbe una grande fetta dei lavoratori, in quanto lo Stato potrà contare del bonus per rimettere in moto l'economia e potrà tassare con l'aliquota ordinaria; inoltre, le banche che finanzieranno le quote mensili dei lavoratori, dietro garanzia statale, avranno in cambio dalle aziende lo stesso tasso d'interesse che versavano al dipendente.

In conclusione, possiamo affermare che più che una riforma per i lavoratori trattasi di un mero spot elettorale, in quanto a trarne vantaggio saranno solo i lavoratori con redditi inferiori ai 15.000€, mentre al di sopra di tale soglia vi potrà essere un aggravio fiscale.

Un altro svantaggio sarà quello di ritrovarsi al momento della pensione con una liquidazione più bassa rispetto ai contributi versati, rischiando di passare una vecchiaia di stenti.

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