Da Reggio a Reggio: Mpaliza accolto dal popolo della pace
di Francesco Greco. ALESSANO (Le) – “Whe are the world / whe are the children…”. Con le parole di una delle canzoni più famose del pianeta e più care ai pacifisti di tutto il mondo, è stato accolto il pacifista congolese Mpaliza alla testa della marcia da Reggio a Reggio (c’erano persone giunte da Torino, Parma, Lecce, ecc.) provenienti da Tricase e diretti a Santa Maria di Leuca al loro ingresso al cimitero monumentale di Alessano (Lecce), presso la tomba di don Tonino Bello, il vescovo “costruttore di pace”. Erano ad attenderli gli studenti delle scuole medie e superiori della città: Commerciale, Professionale, Industriale e i loro docenti seduti sulle gradinate. &Una giornata da ricordare (nelle foto di Orazio Coclite e Cassandra Greco). Cominciata in mattinata a Tricase Porto, dove il ragazzo è stato ospitato per la notte. Il sindaco della città., Osvaldo Stendardo, gli ha donato due libri scritti da Bello, dicendo: “Tutti quelli che vengono qui ad Alessano a pregare sulla tomba di don Tonino se ne vanno arricchiti…”. Il presidente della Fondazione don Tonino Bello, Giancarlo Piccinni, ha poi ricordato che il vescovo in predicato di salire agli onori degli altari, dopo la cittadinanza onoraria di Molfetta e Tricase ha ottenuto anche quella di Reggio Emilia (era presente il vicesindaco).
E aggiunto che questa marcia “contro guerre, fame, lutti”, partita da Reggio Emilia lo scorso 20 luglio, è ”ricca di significati”. Proseguirà e dopo Santa Maria di Leuca, il 20 dicembre terminerà a Reggio Calabria: nel 2015 invece si sposterà in Europa. “Non dobbiamo guardare al Mediterraneo come a finibus terrae – ha aggiunto Piccinni – ma come a una terra di confronto, nella logica di un popolo unico”. L’altro pacifista, il 68enne siriano Jean Bassmaij (ma da 50 vive anni in Italia, a Reggio Emilia), ha rinunciato a proseguire per problemi di salute. Visibilmente emozionato, ha esordito: “Non capita spesso di vedere le lacrime scorrere così… Ma dietro c’è tanta sofferenza”. Così ha proseguito: “L’obiettivo di questa marcia è di andare verso i giovani e spiegare loro come cambiare il mondo. Perché occorre prendere posizione, non tacere: il silenzio uccide…”. Gli scenari dipinti dal pacifista hanno avuto come sottointeso la dipendenza dei popoli l’uno dall’altro. Infatti in un passaggio del suo discorso a braccio ha affermato: “C’è sempre un Sud rispetto a un altro Sud. Domani sarete voi come il Congo, quando cercheranno di depredare le vostre risorse”. Inevitabile l’aggancio all’attualità delle trivelle che incombono al largo dei mari di Puglia e netta la presa di posizione: “Il petrolio è il passato, mare, sole e vento sono le energie del futuro”. Mpaliza ha poi invitato i ragazzi a restare al Sud “a lavorare la terra, perché il posto più bello dove stare è quello dove si hanno i propri affetti…”. Il congolese si è augurato di tornare per incontrare ancora i giovani. La marcia è poi continuata a sud, per Gagliano, dove è stata accolta dai sindaci della zona del Capo di Leuca e dallo psicologo Antonio Biasco, che col figlio Andrea ha organizzato l’evento e poi moderato il dibattito sulla coesistenza pacifica dei popoli e la necessità di perseguire la pace in modo instancabile. Le tre emergenze indicate da don Bello 20 anni fa: migrazioni massicce dal III Mondo, fame e guerre (con i pacifisti si recò in Jugoslavia e in Etiopia), sono dunque più che mai attuali, purtroppo. E’ appena il caso di ricordare che, dalla Siria all’Ucraina, solo 11 sono i Paesi del mondo non coinvolti, direttamente o indirettamente, in attività belliche: violenze, guerre, scontri etnici, tribali, conflitti civili e quant’altro. E di aggiungere che l’Italia è uno dei maggiori produttori ed esportatori di armi al mondo, che non vuole o non riesce a riconvertire le fabbriche della morte. Quasi sempre per appropriarsi, espropriandole, le risorse naturali: gas, petrolio, silicio (è il caso del Congo) materiale che serve a cellulari, tablet, ecc.
Un po’ poco per continuare a dirci civili e per non innestare una radicale, culturale, virtuosa inversione di tendenza. Dal basso. Nell’interesse di tutti i popoli di una Terra che, come diceva don Bello “non ci è stata data in eredità dai nostri padri, ma in prestito dai figli”. E che dobbiamo consegnare alle generazioni che verranno nella maniera meno abbrutita e volgare possibile. Passando, è ancora il caso di citare di vescovo di Molfetta, Ruvo di Puglia, Giovinazzo e Terlizzi, “dalla preistoria alla Storia”. Condiviso con gioia!
