Stefàno: "Si alla legge 50/50, per andare oltre alla cultura delle 'quote'"

LECCE - Voglio dirlo in maniera inequivocabile: sono a favore della rappresentanza di genere nella legge elettorale della Regione Puglia. Per un motivo fondamentale: regolamentare significa garantire il diritto all’uguaglianza politica tra i sessi, un principio di civiltà giuridica, fondamentale per la vita democratica pugliese.Non possiamo più ridurre la “questione rosa” a pura propaganda elettorale. Non possiamo più demandare alla discrezionalità dei singoli o ai regolamenti interni dei partiti una funzione di garanzia. Se il dibattito è unanime nel riconoscere un “valore aggiunto di genere” all’interno dello spazio politico, allora dobbiamo sottrarre all’arbitrarietà della politica i criteri della rappresentanza. Dobbiamo darci regole ineludibili e valide per tutti.

Ma voglio essere chiaro anche su un altro punto. In Puglia, come pure a livello nazionale, dobbiamo scongiurare un rischio: quello di avere leggi elettorali perfette ma ceto politico inadeguato. Non possiamo innamorarci della migliore legge elettorale possibile se non facciamo di tutto perché quella legge sia davvero rispondente alla cultura, alla sensibilità e alle ambizioni di un’intera comunità.

Lo sforzo non deve essere solo sul piano legislativo. Abbiamo bisogno, più di ogni altra cosa, che la politica faccia la sua parte: ritrovare l’audacia di investire in formazione e crescita di una nuova classe dirigente a livello regionale, che sia realmente “alla pari”, selezionata per merito, per la qualità delle idee, per il valore delle competenze. Non abbiamo bisogno, in Puglia come altrove, di caselle da occupare o di donne che facciano da prestanome. Per questo dobbiamo considerare la riforma della legge elettorale regionale non come un fine, ma come un mezzo.

Dobbiamo puntare fin da ora al superamento culturale di una legge elettorale a tutela delle quote: perché fino a quando ci toccherà prevedere l’obbligo di “meccanismi di correzione” per garantire la parità di genere saremo ancora al medioevo della rappresentanza.

Ma questa è la grossa sfida che la politica deve ancora affrontare e vincere.