Ambiente: Taranto ancora divisa in due

di Mauro Guitto - Anche ieri la città di Taranto ha evidenziato le sue gravi spaccature: da un lato gli operai (in questo caso dell’indotto Ilva) dall’altro i cittadini comuni e gli ambientalisti. Se manifestano gli uni non lo fanno gli altri. Risultato? Si blocca o si creano disagi alla città e molto meno (o per niente) alla vera fonte di tutto: l’Ilva (se non per i presidi di questi giorni davanti alle portinerie). E così la città è perennemente in subbuglio per le preoccupazioni legate sia al lavoro sia all’ambiente e alla salute dei tarantini.

Ieri gli autotrasportatori, ormai alla quarta settimana di mobilitazione, hanno messo in atto una nuova protesta. Quaranta tir privi di rimorchio si sono spostati dalle portinerie dell’Ilva e percorrendo la SS7 e la SS106 hanno raggiunto il Municipio di Taranto scortati dalle Forze dell’Ordine. La loro è una legittima protesta perché rivendicano i pagamenti di sette mesi di stipendi arretrati. Le cause: l’Ilva non ha fondi (agli autotrasportatori deve 15 milioni di euro e alle aziende dell’indotto deve in totale circa 170 milioni), non paga le ditte dell’indotto che a loro volta non pagano gli operai. Insieme agli autotrasportatori, davanti al Municipio, erano presenti il presidente di Confindustria Taranto Vincenzo Cesareo e Ippazio Stefàno, che si è detto disponibile ad affiancarli nella prossima marcia che, in mancanza di tangibili rassicurazioni, si terrà venerdì prossimo a Roma.

Sul fronte salute e ambiente intanto si registra purtroppo un’altra vittima: l’operaio Ilva di 41 anni ricoverato nei giorni scorsi in un Ospedale di Taranto, ieri non ce l’ha fatta.
E da ieri 10 febbraio 2015 il settimo DDL 1345 è in Aula al Senato per la sua approvazione in seconda lettura. Leggendo il DDL ci si sofferma sull’Art. 452-ter – (Disastro ambientale) che tra le altre cose recita così : “Chiunque, in violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sè illecito amministrativo o penale, o comunque abusivamente, cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni”.

Pertanto, grazie a questo ennesimo Decreto, l’Ilva non potrà essere perseguibile penalmente e civilmente dalla Magistratura in quanto le due parole che abbiamo appositamente sottolineato (“o comunque abusivamente”) consentiranno all’Ilva e ai suoi dirigenti di manlevarsi dalle proprie responsabilità civili e penali restando molto probabilmente impuniti.
Cliccando QUI (http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00750323.pdf) si può scaricare il DDL in questione direttamente dal sito del Senato della Repubblica.

Lo Stato dunque non aiuta nessuno: non chiude l’Ilva sobbarcandosi il grosso peso dei debiti del siderurgico (comprese le spese per le necessarie bonifiche del territorio ionico), non aiuta gli operai dell’Ilva e dell’indotto lasciandoli senza stipendio da mesi, non aiuta gli ammalati e i bambini di Taranto e non aiuta l’economia e l’ambiente dell’intera città consentendo ancora oggi di tutto e di più per il solo interesse nazionale: mantenere la produzione dell’acciaio costi quel che costi!
Ci chiediamo, infine: quando vedremo una città intera unita nelle manifestazioni di protesta? Quando vedremo i lavoratori e gli ambientalisti insieme a manifestare (compresi i cittadini che non hanno nulla  a che fare con l’Ilva insieme a coloro che fanno parte delle tante associazioni ambientaliste presenti sul territorio) uniti per il bene comune dell’intera città? Speriamo capiscano presto che serve urgentemente fare associazionismo e che nascano iniziative di comunione in tal senso.

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