Libia, al via rientro di italiani su una nave. Chiusa ambasciata a Tripoli

L'ambasciata d'Italia a Tripoli ha sospeso le sue attività in relazione al peggioramento delle condizioni di sicurezza. Il personale e' stato temporaneamente rimpatriato via mare. I servizi essenziali saranno comunque assicurati. Intanto è cominciato il rientro di una parte di italiani dalla Libia, visto il peggiorare della situazione sul terreno, con l'avanzata jihadista verso l'ovest del Paese. In particolare, è in corso un'operazione di rimpatrio a bordo di una nave degli italiani residenti in Libia che hanno deciso di lasciare il Paese. La nave è salpata sotto la scorta della Marina Militare e la sorveglianza aerea di un Predator dell'Aeronautica.

Al via l'operazione di rimpatrio degli italiani dalla Libia sotto la sorveglianza aerea di un velivolo a pilotaggio remoto Predator dell'Aeronautica, che controlla lo spazio aereo dove avviene l'imbarco. Mobilitata anche una nave della Marina militare con compiti di scorta.

"Non si tratta di un'evacuazione" dalla Libia, "ma è in corso una delle preannunciate operazioni di alleggerimento dei connazionali presenti nel Paese". E' quanto si riferisce alla Farnesina riguardo gli eventi in corso in queste ore in Libia. E' dal primo febbraio scorso che, con un warning particolare pubblicato sul sito www.viaggiaresicuri, la Farnesina ha "ribadito il pressante invito ai connazionali a non recarsi in Libia e a quelli tuttora presenti a lasciare temporaneamente il Paese", a fronte del "progressivo deterioramento della situazione di sicurezza".

 "L'Italia è pronta a guidare in Libia una coalizione di paesi dell'area, europei e dell'Africa del Nord, per fermare l'avanzata del Califfato che è arrivato a 350 chilometri dalle nostre coste. Se in Afghanistan abbiamo mandato fino a 5mila uomini, in un paese come la Libia che ci riguarda molto più da vicino e in cui il rischio di deterioramento è molto più preoccupante per l'Italia, la nostra missione può essere significativa e impegnativa, anche numericamente". Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, intervistata dal Messaggero, dice: "Ne discutiamo da mesi, ma ora l'intervento è diventato urgente". "Mezzi, composizione e regole d'ingaggio li decideremo con gli alleati in base allo spirito e al mandato della missione Onu", spiega. "In Libia, eliminato il tappo Gheddafi, le tensioni sottostanti sono esplose", aggiunge, e ora "bisogna fare come nei Balcani, dove per scongiurare la bonifica etnica abbiamo invitato decine di migliaia di uomini e abbiamo contingenti dopo vent'anni per stabilizzare territorio". Quanto al potenziale del Califfato, qualche mese erano stati stimati 25mila combattenti, ora secondo il ministro "potrebbero essere 30mila o anche più", e sugli armamenti ricorda "i momenti d'ombra" sulla sorte della armi di Gheddafi. Quindi il ministro precisa che "ogni decisione e passaggio verrà fatto in Parlamento. Giovedì il ministro Gentiloni fornirà informazioni e valutazioni".

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