Il Barbiere di Siviglia al Teatro Verdi: Brindisi accoglie l'opera buffa

(Foto: Domenico Summa)
di Ilaria Stefanelli - Si è aperta ufficialmente con il “Il barbiere di Siviglia”, celebre opera di Gioacchino Rossini, la “sospirata” 46° Stagione Lirica Della Provincia di Lecce, in scena a Lecce Venerdì 27 febbraio  e replicata ieri al Teatro Verdi di Brindisi;
“L’avvio della 46esima Stagione Lirica a Lecce è per me motivo di grandissimo orgoglio. La crisi economica aggravata dai pesantissimi tagli alle Provincie ne aveva messo seriamente in discussione la riuscita. L’aiuto dei privati e la tenacia e il sacrificio di tutto il gruppo di lavoro hanno fatto sì che anche quest’anno possa alzarsi il sipario su un evento che da decenni costituisce la punta di diamante della produzione culturale a Lecce. Nonostante la penuria di risorse e le oggettive difficoltà nelle quali ci siamo trovati costretti a lavorare, consegniamo alla città una Stagione di alto livello e qualità artistica”, questa la dichiarazione rilasciata dal Presidente della Provincia Antonio Gabellone.

E’ il sentimento accorato, che lega da sempre la terra salentina all’opera che ha determinato, coraggiosamente, da parte degli amministratori locali il superamento di ostacoli e difficoltà economiche per offrire al pubblico la sua beneamata stagione lirica e di farlo con un incipit  d’eccezione, scegliendo, come pezzo d’apertura, un’opera complessa e di non facile ascolto come il Barbiere.
A ribadire l’intenzione ferma di non privare il pubblico affezionato della sua Stagione lirica è il Direttore artistico Carlo Antonio De Lucia “La Stagione di Lecce non sopravvive ma vive! La differenza è fondamentale”.

E’ proprio da questa voglia di riscatto che nasce l’idea di esorcizzare la crisi attraverso la scelta di un’opera buffa, lo slancio verso la leggerezza, si sa, alleggerisce anche il fardelli più pesanti. Non accade frequentemente, ma il vero genio tocca la sensibilità degli esseri intelligenti e l'orecchio che ama il bello si pasce d'armonie , così come l'occhio umano, mai si stancherà d'ammirare un Caravaggio, un Canaletto, o un Tiepolo.  Rossini è un seduttore che sa farsi amare, è fuoco scintillante è malia ed impeto, travolge; altri, compositori possiamo stimarli ma Rossini lo si ama incondizionatamente.

Ciò che caratterizza Rossini è la cura del particolare, pure in momenti d'ampio respiro che coinvolgono nell'insieme gli artisti chiamati a districarsi in trame complicate e fitte, nelle agilità e nelle ardite tessiture del pesarese.  Il genio musicale è un dono capace di grande fecondità ma sostanzialmente inesplicabile quando consente a qualcuno di manifestalo evidenziando la facoltà originaria di creare idee estetiche, sviluppandole intorno ad un tema con l’espressione più conveniente, sia melodicamente che nell’armonica organizzazione dei suoni, con coerente continuità nell’economia globale della composizione. È  ovvio che in questo, Rossini giganteggia.

E’ con un coraggiosa messa in scena,che ieri, la stagione lirica, grazie anche alla preziosa collaborazione con la fondazione Nuovo Teatro Verdi, ha celebrato  Rossini a piene mani.

Lo ha fatto mettendo in campo con orgoglio tutte le forze del territorio e le eccellenze del settore, come il grande Bruno Praticò, impegnato nella duplice veste di attore ( nei panni di un Don Bartolo coloratissimo) e di regista del lavoro rossiniano. Grande interprete dei ruoli da baritono buffo (in un repertorio che va dal settecento fino a Mozart e Rossini, con all’attivo più di cento ruoli), Bruno Praticò ha calcato i palcoscenici dei maggiori teatri del mondo e ha profuso questa esperienza in una regia lineare, semplice ma diretta allo spettatore ( sapiente l’uso della gestualità, della mimica e dei movimenti coreografici in scena).

La regia di Praticò ha esaltato tutto questo, questo Barbiere è fatto di personaggi che sono pezzi di un carillon, istanti di un gioco scenico, personaggi  maschera che viaggiano funambolicamente tra l'essere guidati dalla mente del compositore ed una loro autonoma volontà di personaggio : marionette che si staccano dai fili immaginari del teatro ed impongono la loro intelligenza, il loro spudorato coraggio nell'opporsi al vecchio mondo oramai vuoto e finito.
Se a questa arguta regia si aggiunge la seducente direzione del Maestro Concertatore e Direttore d’Orchestra Alberto Veronesi, il gioco è fatto.

Considerato uno dei più innovativi e interessanti direttori della “nuova scuola italiana”,direttore del Puccini Festival di Torre del Lago e artista ufficiale della Deutsche Grammophon, il maestro Veronesi  ha condotto una vasta ricerca nell’ambito del repertorio operistico del tardo Ottocento, inizio Novecento di compositori quali Pietro Mascagni, Ruggero Leoncavallo, Giacomo Puccini e altri ed ha programmato ed eseguito titoli poco conosciuti di questo periodo, nell’intento di dare una più vasta audience ad un repertorio spesso trascurato. Veronesi,  alla guida di un'ottima Orchestra sinfonica di Lecce, centra il bersaglio riuscendo a dar forma alle astratte strutture musicali.  La sua lettura trasuda senso del teatro e flessibilità ritmica; è leggera, frizzante, effervescente, ma architettonicamente solida come cemento armato.

Meno convincente l’impianto scenografico, realizzato con minimalismo eccessivo, ma punteggiato di particolari kitsch che involgariscono la scena, così come l’uso dell’illuminazione, che alcun ruolo ha all’interno del lavoro, eccezion fatta per i bagliori temporaleschi e altre rare eccezioni.

Il cast è composto tutto da giovani cantanti che hanno dato vita sulla scena a un caleidoscopio di colori.  Cominciando dal Baritono, Maurizio Leoni, che, affidandosi ad ottime intenzioni, pur con delle incertezze in zona acuta e nelle agilità ,soprattutto nel primo atto, ha offerto al pubblico una voce ricca di colori. A questo Figaro non manca l'ampiezza del suono ed all'occorrenza un canto risonante e ribaldo nell'espressività insinuante del personaggio. Lo stesso non si può dire per il tenore Blagoj Nacoski, nei panni del conte fervente innamorato di Rosina,  quale non ha saputo dare per niente carattere al personaggio, né vocalmente, né scenicamente, trovandosi il più delle volte fuori tempo con l’orchestra e non dimostrando preparazione vocale per affrontare il ruolo rossiniano che è denso di sfumature di gorgheggi e di agilità, qualità apparse di rado nella sua interpretazione.

Molto interessante il Don Bartolo dell’attore/ cantante/ regista Bruno Praticò, che ha sapientemente caratterizzato il personaggio, scenicamente e vocalmente. È un Don Bartolo non lezioso e pigolante, ma dotato di “bravura” d'antica scuola. Le considerazioni su Don Basilio di Fulvio Valenti , richiederebbero ben altro spazio, perché le risorse vocali di questo cantante sono ragguardevoli e le sue buone intenzioni non restano tali, ma vengono in buona misura realizzate. Valenti ha  il pregio di non rendere caricaturale il ruolo ma di restituirlo al pubblico scremato dalle tossine che affliggono lo spazio che si colloca tra la satira e la parodia. La voce è dotata di buon volume e ampiezza e si segnala per gradevole colore e ricchezza d’armonici. Scenicamente quanto ci sia di suo e quanto sia il peso dell’esperienza del regista Praticò, possiamo arguirlo dal risultato complessivo.

  Il ruolo di Berta nel Barbiere rossiniano è considerato ruolo minore e tale in effetti è,  però occorre dire che a renderlo,ancor più “Minore” talvolta sono gli interpreti ai quali viene affidato, Idilia Annese pur nella difficoltà di una resa scenica efficace,  in considerazione della “breve “ presenza di Berta sul palco, avrebbe potuto e dovuto rimarcare maggiormente il lato caricaturale del personaggio, la verve comica, la goffaggine e la rassegnazione, elementi che sono apparsi latitanti.
Ma la vera scoperta di questo Rossini “ made in salento” è l’interpretazione e la grande potenza vocale della giovanissima Anna Corvino, cantante di origini campane, per la prima volta sulle scene salentine.

La Rosina di questo gradevole Barbiere, si segnala per buon mestiere e gusto interpretativo ed il personaggio ben assestato sulla solidità d’una percepibile esperienza artistica. La voce s'avvale d'ottime risorse timbriche e bel colore. La presenza sul palco, il garbo del gesto e la briosità delle espressione caratterizzano la resa scenica della Corvino, indiscutibilmente,  Quello della Rosina Rossiniana è un ruolo ostico ed estremamente impegnativo, ed il supporto tecnico che s'impone fa rabbrividire; questa giovane cantante è riuscita a coinvolgere il pubblico in un civettuolo gioco d’intenti, rendendolo partecipe attraverso una buon equilibrio tra canto e movimento. Non è un caso che il pubblico brindisino abbia riservato a lei il suo applauso più caloroso.

Una nota conclusiva, ma non di minore importanza per merito e sensibilità, merita la platea brindisina, che pur nella discrezione di applausi a “ bassa temperatura” ha seguito ogni momento del lavoro in un silenzio religioso e attento, elemento non trascurabile, di questi tempi per pubblici d’opera abitualmente distratti e rumorosi, ciò è indicativo di una dedizione costante e fedele della gente a un genere che sembrava essere in difficoltà.

In conclusione, la crisi che ha seriamente minacciato la riuscita di questa stagione lirica appena cominciata, non ha toccato minimamente la qualità dei lavori offerti al pubblico. La stagione lirica c’è, è viva, in barba a chi sosteneva il contrario.
Ma, si sa, se “ la calunnia è un venticello” come insinua Don Basilio, nel caso di specie, il “ pubblico flagello” non fa “crepar”, ma diviene “ tripudio” e “rinascita”.

Il prossimo appuntamento è con “Nabucco”, regia di Carlo Antonio De Lucia, 20, 21 e 27 Marzo Teatro Politeama Greco Lecce, Venerdì 27 Marzo 2015 a Brindisi per Fondazione Nuovo Teatro Verdi.