Emanuele Fittipaldi: «Vi racconto la mia arte a scala di grigi»

di Nicola Ricchitelli – Il segno distintivo delle sue opere sono gli occhi: «Credo sia una scelta dettata  più dal mio subconscio piuttosto che qualcosa di consapevole, l'essere umano ha una attrazione innata riguardo gli occhi e ne viene sempre catturato all'istante», anche se ciò che più di tutto cattura l’interesse forse è la sua tecnica a scala di grigi: «Ho iniziato nel più banale e casuale dei modi. In principio volevo imparare a dipingere ma per questioni di spazio per un po' di tempo ho accantonato questa mia volontà finché un giorno di istinto non comprai dei colori a matita e mi venne in automatico di prendere solo il nero e il grigio per fare un ritratto. Io non avevo una grande esperienza, avevo sempre disegnato solo visi di fumetti più o meno conosciuti ma non avevo nessuna formazione artistica se non quella autoimposta. Il risultato però mi piacque e quindi ho continuato ad affinare questa tecnica».

Le sue opere e la sua arte ha conquistato molti: Emanuele Fittipaldi è il nome di questo talentuoso ragazzo di Salerno.

D: Dunque Emanuele, come nasce questo stile così ricercato?
R:«Ho iniziato nel più banale e casuale dei modi. All'inizio volevo imparare a dipingere ma per questioni di spazio per un po' di tempo ho accantonato questa mia volontà finché un giorno, quasi di istinto, non comprai dei colori a matita e mi venne quasi meccanicamente di prendere solo il nero e il grigio per fare un ritratto. Io non avevo una grande esperienza, avevo sempre disegnato solo visi di fumetti più o meno conosciuti ma non avevo nessuna formazione artistica se non quella autoimposta. Il risultato però mi piacque e quindi ho continuato ad affinare questa tecnica».

D: Visionando un po’ i tuoi lavori, ho notato una certa preferenza per gli occhi, come mai?
R:«Credo sia una scelta dettata più dal mio subconscio piuttosto che da una consapevolezza. Credo che l'essere umano abbia una attrazione innata riguardo gli occhi e ne viene sempre catturato all'istante, rapito, e in essi cerca sempre se stesso: è un ottimo modo per creare un rapporto tra l'osservatore e l'opera».

D: Quali sono i tuoi obbiettivi?
R:«Il mio obiettivo a lungo termine è quello di poter riuscire a fare di questo un lavoro, in modo tale da potermi autofinanziare e continuare a far sì che la mia arte evolva in modo tale da diventare una persona molto influente nei confronti delle emozioni delle persone, spingerle a trovare se stesse nelle mie opere ponendosi domande continue».

D: Cosa vuoi comunicare con la tua arte?
R:«Il messaggio che voglio mandare attraverso la mia arte sta correndo molto velocemente perché altrettanto velocemente sta cambiando la mia tecnica e quindi si può dire che è in continua evoluzione e quasi mai lo stesso. In linea di massima comunque penso che ogni persona debba trovare il proprio significato personale in un'opera, che essa non debba avere un strada suggerita dall'artista, anche se effettivamente c'è. Mi piace, almeno per ora, non condizionare le menti di chi guarda i miei lavori al fine di far sviluppare le idee più intime e giuste».

D: Non mancano i sostenitori al tuo lavoro...
R:«Certo, questo mi fa molto piacere, il mio augurio è quello di aumentare sempre di più il numero dei sostenitori al fine di portare alla conoscenza di tutti le mie opere».

D: Quali le soddisfazioni fin qui raccolte?
R:«Finora nulla di grande, solo piccole soddisfazioni che comunque hanno dato il via ad una serie di eventi che mi ha spinto a migliorarmi. Ad ottobre del 2014 ho esposto insieme ad un altro piccolo gruppo di iperrealisti a Bibbiena dove c'era anche un artista già affermato nel panorama iperrealista e a quel tempo disegnavo da poco più di 1 anno. E' stato bello vedere tanti progressi in così poco tempo».

D: Chi sono i tuoi punti di riferimento a livello artistico?
R:«Andy Warhol, Gottfried Helnwein, Giorgio De Chirico, Caravaggio. Mi ispirano ognuno in modo diverso».

D: Quanto è difficile fare dell'arte in Italia?
R:«Fin troppo, è triste perché in passato eravamo noi a far tendenza. L'Italia potrebbe campare di rendita solo col turismo data la mole di monumenti che abbiamo, ma ormai la nostra sensibilità verso l'arte è mutata, i tedeschi ci hanno sorpassato alla grande ed anche gli americani lo hanno fatto. Per questo spero anche di essere riconosciuto all'estero, se nel giro di qualche anno ciò non dovesse accadere in Italia».

D: Quindi il tuo futuro può immaginarsi fuori dall'Italia?
R:«Penso di sì, non che io disprezzi l'Italia, anzi... spero tanto che venga riconosciuto qua in primis, ma comunque vada la voglia di farmi conoscere non sarà meramente patriottistica, bensì andrà ovunque sarà ben accolta».

D: Il soggetto che ti piacerebbe ritrarre?
R:«Dipenderà dal mio stato d'animo. Per ora non ho nulla in cantiere, sicuramente qualcosa di diverso dalla linea che ho seguito finora, ma sarò sempre fedele al mio stile realista».

D: Come ti vedi tra dieci anni e come ti piacerebbe vederti?
R:«Realmente non mi vedo, perché non ne ho la più pallida idea. Il destino è così imprevedibile che non azzardo pronostici, non si sa mai... sul come vorrei vedermi, beh, quello lo so: mi piacerebbe essere un artista affermato con una vasta platea a cui poter parlare attraverso le mie opere, con uno studio dove potermi esprimere come un matto e ricercare me stesso e dove poter sperimentare cose sempre nuove con un discorso artistico già sviluppato e solido, magari con una bella moglie anche... perché no!».

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