I volti e le mani della Puglia di mezzo promosso dai GAL

BARI - Il vero piacere non è sempre disatteso. Lo sanno bene i protagonisti del press trip “Le mani e i volti della Puglia di mezzo” al termine del loro viaggio tra le terre baresi, brindisine e tarantine. Cinque giorni per soddisfare i bisogni dell’anima tra natura, l’artigiana che non smette mai di creare forme, e città, operose di artigiani che di quelle forme fan arte. Luoghi e incontri per scoprire a poco a poco quanto rivive del passato e cosa è mutato nel saper fare delle arti e dei mestieri, visitando le aziende e le botteghe coinvolte nel progetto di cooperazione LAPIS (Local Arts Promotion Integrated Strategy), promosso dai Gal Sud Est Barese, Terre di Murgia, Terra dei Trulli e di Barsento, Valle d’Itria e dal Gruppo di azione locale, capofila del progetto, Polesine Delta Po.

La ‘Puglia di mezzo’ sorprende sempre per la sua sete e le possibilità di dissetarsi: pur ricoperta di pascoli, oliveti, vigneti, frutteti e seminativi ha la sua ricchezza d’acqua nascosta nel profondo delle rocce; quelle stesse che affioranti rendono uniche le steppe della Murgia, tutt’intorno ad Altamura,da dove è cominciato il viaggio. E qui dove sono riusciti per primi a fregiarsi in Europa del marchio Dop nella panetteria, l’odore del pane appena sfornato lo si avverte anche sfogliando uno dei centomila volumi custoditi nel polo dell’Abmc (archivio, biblioteca e museo civico cittadino). Un "unicum" anche dal punto di vista architettonico grazie a una delle poche costruzioni sacre volute da Federico II di Svevia, quella cattedrale che presto ospiterà nei suoi matronei il museo diocesano.

A dettare i tempi però in città resta pur sempre il pane, ottenuto dal rimacinato di semola di grano duro, ricavato dalle varietà appulo, arcangelo, duilio e simeto prodotte nel territorio di Altamura, Gravina, Poggiorsini, Spinazzola e Minervino. Un mix di cui ogni capo mugnaio custodisce gelosamente il segreto, come è emerso nella visita al mulino Martimucci, al pari dei maestri panificatori nel trasformare l’impasto, ottenuto ancor oggi secondo l'antico sistema di lavorazione che prevede l'uso di lievito madre, come nell’antico forno a legna dei fratelli Di Gesù, sfornando le forme di pane (alto) accavallato o (basso) a cappello di prete. Senza dimenticare tutti gli altri prodotti da forno come i biscotti e le frise, prodotte come ha spiegato il presidente del Consorzio Pane Dop di Altamura, Luigi Picerno, durante la visita all’azienda artigianale Biscò, anche con l’antica e ottima varietà di grano duro ‘Senatore Cappelli’.

Una promozione e una tutela delle tipicità molto forti, che caratterizzano anche l’offerta enogastronomia a cominciare da quella proposta dalla Masseria Chinunno. Legame che caratterizza anche il fertile territorio tra Acquaviva delle Fonti, Casamassima e Noicattaro, tappe successive del press trip. La prima città, che deve il suo nome alla grande falda acquifera presente nel suo sottosuolo, sta rivalutando il suo ‘nucleo’ storico tra percorsi legati ai pozzi sorgivi e alle chiesette. Resta comunque nota ai più per la cipolla rossa, che grazie alla pasticceria artigianale sta andando oltre le tradizionali ricette (calzoni, crema, anelli pastellati e fritti, ecc) arrivando a proporre ghiotte conserve e marmellate, come quelle realizzate dallo chef Eustachio Sapone.

Metodi innovativi per rivisitare le antiche tradizioni che si ritrovano anche nell’altra cittadina del sud-est barese, nota come ‘paese azzurro’ per la colorazione delle case nel suo centro storico. Lì tronchi e radici di ulivi utilizzati come legna da ardere prendono nuova forma grazie all’arte lignea di Donato Campagna. Un’arte del riciclo creativo che prende forma anche con i vecchi quotidiani grazie a Raffaele Magnifico ed all’associazione dei cartapestai casamassimesi, intenti a promuovere la creatività ben oltre le sfilate dei carri carnevaleschi. Un concetto di multifunzionalità applicato anche dall’imprenditore agricolo Francesco Villari, proprietario della Masseria delle Monache, dove all’alta qualità nella produzione del latte si uniscono i laboratori di formaggio e mozzarelle oltre l’attività didattica con le scuole. Una lavorazione dal vivo che entusiasma al pari delle antiche cultivar di frutta che costeggiano i 40 ettari dell’azienda o dei ciliegi che adornano il paesaggi limitrofo, da prima tempestato e poi sempre più caratterizzato dai vitigni, sino alla ‘capitale dell’uva’.

Una terra rocciosa, quella nojana, che ha consentito di erigere la Collegiata di Santa Maria della Pace nel centro antico, e che consente a ‘maestri’ come Luciano Difino di scalfire la durezza trasformando la pietra in un oggetto d’arte. Un cuore di roccia straordinariamente ricco, fatto di pietre che nel corso dei secoli sono diventatati trulli, cummerse, pagghiari, masserie e muretti a secco. Strutture che dominano in particolare la Murgia sud-orientale, assieme ai monumentali ulivi secolari e ai boschi di fragno e roverella che caratterizzano la Valle d’Itria e le sue oasi incantevoli in declivio sul mare. Per visitarla ci sono voluti due giorni, a partire da Locorotondo, inserito tra i comuni con la "Bandiera Arancione" dal Touring Club Italiano e nella lista dell’associazione Italiana "I borghi più belli d'Italia".

A caratterizzarlo c’è il ‘lungomare’. Pur estendendosi a 410 mt s.l.m, via Nardelli è chiamata così per il suo affaccio sulla Valle, anche se l’Adriatico è solo un miraggio. Ma di lì si può passeggiare lungo il belvedere o fermarsi sui terrazzini del centro storico rilassandosi o facendosi prendere dalle composizioni del maestro cestaio Vittorio Lupoli, che ha deciso di intraprendere l’attività grazie all’incontro con un artigiano ormai anziano che voleva salvaguardare quell’attività manuale praticata dai contadini intrecciando ramoscelli nelle ore di riposo dai lavori nei campi. Le materie prime sono le stesse che si ritrovano nei giardini di ‘Pomona’, la dea romana dei frutti. Lì Paolo Belloni, curatore del conservatorio botanico custodisce oltre mille varietà di alberi da frutto e la collezione più importante d'Europa di fichi con oltre 150 esemplari. Le essenze e le cultivar, nella loro spontaneità, si ritrovano amabilmente lungo il percorso cicloturistico realizzato vicino al canale dell’acquedotto ed impreziosito dal recupero di Masseria Ferragnano, sede del Gal a Locorotondo.

Ad alleggerire il fardello ciclistico lungo il percorso una sosta con degustazione di vino Doc Locorotondo a cura delle Cantine Cardone e l’arrivo in bici presso l’agriturismo Masseria Montedoro, con la sua cucina impreziosita da essenze tipiche locali. Riprendendo il percorso e dirigendo lo sguardo verso Monte Fellone si arriva a Martina, nota per festival musicale della Valle e per l'architettura barocca (le sale dell'Arcadia, del Mito e della Bibbia, del Palazzo Ducale, un tempo residenza dei duchi Caracciolo ed oggi sede del Municipio, ne sono esempio), i palazzi signorili con i 'sottani' adibiti a bottega e le case contadine con i tetti adibiti ad essiccatoi naturali per fichi, noci e mandorle. A pochi passi un’architettura spontanea che trae le sue origini dagli eroi scampati alla guerra di Troia. Da uno di questi compagni dell'eroe omerico Diomede, risalirebbe infatti l’origine di "Cis-Sturninum", al di qua di Sturni, l’antico centro japigio nei pressi di Ostuni. E se tra le caratteristiche della tradizione paesana spiccano le ricette a base di carne e di verdure, c’è spazio anche per rinomati dolci, come quelli di “PasticcioLab”, il laboratorio di preparazione dei dolci di pasta di mandorla dello chef pasticcere Angelo Scarafile.

E da un patrimonio della bontà ad un patrimonio dell’umanità il passo è breve: Alberobello, celebre per i suoi trulli, le caratteristiche abitazioni che dal 1996 sono patrimonio Unesco. E tra il trullo sovrano o quello siamese, spiccano un po’ tutte queste pietre edificate a secco, con tetti a cupola abbelliti con pinnacoli decorativi, la cui forma è ispirata a elementi simbolici, mistici e religiosi. Orientatisi tra cerchi di pietre sovrapposti e poi facile ‘perdersi’ in una delle tradizioni più originali della Puglia legata alla lavorazione dei famosi fischietti in terracotta. E di lavorazione tipica e innovativa è ricca anche Putignano: bastano pochi chilometri per immergersi nella cittadina che ospita l'antico Carnevale ed aziende manifatturiere all’avanguardia. Più nota per la fantasia di carta e colla la cittadina inizia ad esserlo anche per la moda, grazie alle ‘sculture da indossare’ di Luigia Bressan, pittrice esperta d’arte che sintetizza le sue arti nella costruzione di corsetti in cartapesta e per le lavorazioni artistiche in ferro di Vito Capozza: come il ferro in disuso arrugginisce, così l’inazione sciupa l’intelletto, recita il suo motto.

 A concludere il viaggio iniziato sull’altopiano della Murgia non poteva che essere il territorio di Castellana che per costituzione geologica e conformazione fisica è del tutto simile. A renderla unica sono le grotte, il cui ingresso naturale è costituito da un'enorme voragine a cielo aperto, profonda una sessantina di metri, denominata la Grave. Tante le leggende che l’accompagnano e tanti i passi fatti dalla scienza a partire da Franco Anelli, il naturalista, geologo e speleologo italiano che nel 1938 si rese conto di trovarsi di fronte ad un vasto complesso carsico ipogeo di estremo interesse scientifico, ed oggi anche turistico. Da allora ad oggi la magia di una terra ricca di acqua ma assetata non ha mai smesso di incantare e di un centimetro ogni 100 anni stalattiti e stalagmiti si promettono, mentre i fiumi scendono sempre più nel profondo creando nuovi amori. In cinque giorni i giornalisti lombardi e veneti protagonisti del press trip (hashtag #voltidipuglia) hanno scoperto sapori, colori, architetture e manualità della Puglia rurale confermando il successo della prima edizione de “Le mani e i volti della Puglia di mezzo”, voluto fortemente dai Gruppi di azione locale Sud-Est Barese, Terra dei Trulli e di Barsento, Terre di Murgia e Valle d'Itria, nell’ambito del progetto di cooperazione interterritoriale LAPIS (Local Arts Promotion Integrated Strategy), avviato insieme al GAL veneto del Polesine Delta Po. “Abbiamo mostrato agli ospiti un territorio unico, pur essendo suddiviso – hanno spiegato in modo unanime i responsabili dei 4 Gal pugliesi promotori dell’iniziativa - tra tre diverse province. Sono state un‘unicum’ è questo ci inorgoglisce perché stiamo creando contatti turistici ed itinerari pienamente fruibili da turisti e giornalisti, basandoci sulle capacità dei nostri artigiani e sulle potenzialità dei nostri prodotti enogastronomici. Turismo, agroalimentare ed artigianato tradizionale sono le attività di sviluppo sostenibile che ci consentiranno in questo percorso di crescere ulteriormente come unico territorio indimenticabile per quel che sa trasmettere”.