Ilva: nuova tensione tra i lavoratori per contratti di solidarietà

TARANTO - Non c'è pace all'Ilva di Taranto. Stavolta sono i contratti di solidarietà, entrati da quasi due mesi nel terzo anno di attuazione e che coinvolgono poco piu' di 3mila addetti a fronte di un accordo sottoscritto per il 2015 per un numero massimo di 4.074, a destare preoccupazione. "La loro applicazione si sta rivelando fonte crescente di proteste e di disagi". Lo dicono i sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm di Taranto annunciando che per fine mese l'azienda ha convocato un incontro per discutere di contratti di solidarieta' e formazione.

"Non passa giorno che non ci giunga una segnalazione dalla fabbrica in merito all'organizzazione di lavoro o alle procedure di sicurezza sul lavoro" dicono ancora i sindacati a proposito dell'attuazione "spinta" dei contratti di solidarieta' nell'Ilva di Taranto. "Il fatto che ci sia meno gente al lavoro - sottolineano - spesso porta a rivedere assetti organizzativi consolidati e questo provoca malumori, disagi, insofferenze". "Ma l'elemento piu' significativo - rilevano i sindacalisti - e' che tanti lavoratori chiedono di lavorare e di fare meno ore di solidarieta' perche' non ce la fanno piu' economicamente. Arrivare a fine mese sta diventando problematico per tantissimi".

"I contratti di solidarieta' hanno infatti notevolmente inciso su buste paga che gia' non sono elevate. E se a questo poi si aggiunge il fatto - proseguono - che nell'Ilva si percepisce ancora una copertura salariale al 60 per cento perche' la solidarieta' non e' stata ancora adeguata di quell'altro 10 per cento reintegrato dal decreto Milleproroghe, si capisce come il disagio economico sia al massimo. Certo - rilevano ancora gli esponenti di Fim, Fiom e Uilm - ci e' stato assicurato che l'Inps dara' all'Ilva la direttiva per l'adeguamento della solidarieta' al disposto del Parlamento, e quindi copertura al 70 per cento, ma sinora i lavoratori hanno percepito una busta paga piu' leggera rispetto al 2014 e questo non va bene". Altro elemento di preoccupazione e' che i tagli allo stipendio si aggiungono alle incertezze generali che continua a vivere l'Ilva.

"E' fermo mezzo stabilimento, due altiforni su quattro, un'acciaieria su due, parte dei tubifici - osservano i sindacalisti -. Si vedessero i cantieri dell'Autorizzazione integrata ambientale all'opera, sarebbe gia' diverso. I lavoratori potrebbero almeno dire che si', stanno facendo dei sacrifici economici ma almeno finalizzati a qualcosa, ad un miglioramento, e invece di lavori non se ne vedono perche' e' tutto fermo. Un mese fa e' stato spento l'altoforno cinque, il piu' grande d'Europa, ma ancora - sottolineano - non sappiamo quando partiranno gli interventi di adeguamento, ne' chi li effettuera'". "C'e' la nuova legge sull'Ilva, tutti dicono che e' lo strumento che ci voleva, ma i soldi promessi non sono ancora arrivati e la situazione dell'azienda purtroppo continua a restare stagnante. Non si vedono prospettive, non c'e' lavoro e si prendono in busta paga sempre meno soldi. Una situazione - osservano i sindacalisti - che per noi e' davvero difficile governare".

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