“Padri e figlie”: la recensione

di Frédéric Pascali - Va sul sicuro Gabriele Muccino e la sua quarta opera in terra hollywoodiana non si discosta dai temi cari alla sua poetica. L’amore, il dolore della “perdita”, il rapporto tra un padre e una figlia, una miscela di sentimenti di sicuro effetto che la grande bravura dei due interpreti principali, Amanda Seyfried e Russell Crowe, rende ancora più toccante e coinvolgente.
La struttura narrativa costituita da due piani temporali paralleli, fissati a distanza di 25 anni, scorre via classica con una regia molto pulita ma non totalmente avulsa da una sceneggiatura, a firma di Brad Desch, a tratti scolastica ed eccessivamente dominata dai dialoghi.

Katie Davis, ancora infante, perde la madre in un incidente stradale e resta sola con il padre Jake, scrittore di fama, già vincitore di un premio Pulitzer ma in crisi d’ispirazione e alle prese con i primi sintomi di una sindrome psicotica.
Venticinque anni dopo Kate, laureata in psicologia, è impegnata nei primi passi da assistente sociale ed entra in contatto con una ragazzina di colore con gravi problemi di adattamento che per questo ha smesso di parlare. Il compito rinfocola in lei il riaffiorare costante dei ricordi del perduto profondo legame instaurato con il padre. Poi un giorno casualmente incontra Cameron, un giovane giornalista con ambizioni da scrittore. È un grande ammiratore dell’opera di Jake Davis e del suo ultimo grande successo dedicato alla figlia, “Padri e figlie”. È l’inizio di un nuovo amore.

“Padri e figlie” (“Fathers and daughters”) è senza dubbio un bel film che, tuttavia, non riesce a sottrarsi del tutto dalla tentazione di sconfinare nel melodramma intarsiando la trama di cadute che rasentano l’inverosimile. Ai due eccellenti protagonisti si affianca un cast decisamente all’altezza con Aaron Paul, “Cameron”, Diane Kruger, “Elisabeth”, Kylie Rogers, “Katie” da piccola, Bruce Greenwod,“William”, e Jane Fonda, “Theodora”, in primo piano. Le musiche di Paolo Buonvino, il compositore dei successi tricolori di Muccino da “L’ultimo bacio” a “Baciami ancora”, completano un amalgama più italiano che americano.