SI INDAGA SU 30 CONTATTI - Una trentina tra amici, colleghi e professori universitari: sono i contatti via Skype e Facebook con i quali Giulio Regeni aveva rapporti quotidiani dal Cairo e sui quali ora si concentra l'attenzione degli inquirenti italiani per ricostruire la 'rete' delle relazioni del ricercatore friulano. E, soprattutto, per capire chi in quella rete potrebbe averlo portato, indirettamente, alla morte.
Perché chi sta cercando di dare un nome e un volto a chi lo ha brutalmente picchiato e torturato, ha raggiunto la ragionevole certezza che Regeni sia stato ucciso per le informazioni raccolte nel suo lavoro.
Informazioni che qualcun altro potrebbe aver commissionato per altri scopi o utilizzato per passarle ad altri soggetti.
Intanto "in un comunicato ufficiale pubblicato dal ministero dell'Interno, una fonte del Dipartimento dell'informazione ha smentito le informazioni pubblicate dai media occidentali secondo le quali l'accademico italiano Giulio Regeni sarebbe stato arrestato da elementi appartenenti ai servizi di sicurezza prima della sua morte": lo riportano molti media egiziani tra cui l'agenzia ufficiale Mena.
"La fonte afferma che media occidentali avevano pubblicato informazioni completamente erronee circa le condizioni della scomparsa dell'italiano e aggiunge che una grande squadra di indagine è incaricata di svelare i moventi dell'omicidio dell'italiano e che questa squadra coopera pienamente con la controparte italiana", viene aggiunto nel testo che conclude: "i risultati delle ricerche e delle indagini su questo caso saranno annunciati quando porteranno a risultati utili".
NYT: REGENI SCAMBIATO PER SPIA - Il ricercatore italiano Giulio Regeni fu fermato e portato via dalla polizia egiziana il 25 gennaio al Cairo, forse dopo esser stato scambiato per una spia "per via di alcuni contatti sul telefono di persone legate all'opposizione anti-governativa". E' lo scoop il New York Times che cita, a sostegno della versione, tre funzionari della sicurezza egiziana coinvolti nelle indagini. Se le testimonianze citate dall'autorevole quotidiano americano trovassero conferma, si tratterebbe della prima ammissione in questo senso da parte di esponenti delle autorità egiziane, seppure in forma anonima.
Ma c'è di più. Sempre secondo il quotidiano statunitense, un "testimone" sostiene che il fermo dell'italiano sarebbe stato "ripreso da quattro telecamere di sorveglianza" di altrettanti negozi del quartiere: ma la polizia egiziana "non ha ancora chiesto le registrazioni video".
Intanto la magistratura egiziana sta visionando registrazioni di videosorveglianza della zona dove è scomparso Regeni. Lo confermano fonti nella capitale egiziana rimandando ad informazioni rilanciate dal sito egiziano al Watan. "I responsabili della Procura", ha scritto il sito, "continuano a visionare le videocamere dei negozi e di certi appartamenti".