Vino diVino: parliamo con Valentina Passalacqua la regina del Nero di Troia e dei vini biologici pugliesi

di AUGUSTO MARINO SANFELICE DI BAGNOLI - Come già accennato nella scorsa puntata, dedicheremo il mese di Marzo alle “donne del vino” con interviste e degustazioni in rosa.

Un alito di vento soffia dal mare, i monti tutt'attorno a difendere ciò che la natura spontanea e maestosa fa crescere. E' una storia vetusta e ricca di fascino quella del Gargano, con le sue foreste impenetrabili ed il suo santo, l'Arcangelo Michele che da sempre protegge le umili genti che con devozione e senso del dovere lavorano quella “terra antica e terra amara” come l'ha definita Bennato in una sua canzone. Difendere con dedizione il territorio non è sfida facile e parte sicuramente dalla rapporto simbiotico che l'uomo stabilisce con esso.

“Do ut des” dicevano gli antichi ed è proprio la formula che bisognerebbe riscoprire per ristabilire un legame con la terra. Una terra che ha dato troppo, senza ricevere niente o quasi, l'abbiamo cosparsa di veleni e fertilizzanti creati in laboratorio, volevamo di più senza renderci conto del grido disperato di aiuto che essa cercava di trasmetterci.

Per grazia divina sono arrivati loro, i pionieri del rispetto ambientale, quelli che non si sono rassegnati all'uso della chimica nei campi, dei veleni, dei concimi di sintesi e delle logiche del mercato. Uno anzi una di questi pionieri in Puglia è certamente Valentina Passalacqua che oggi vogliamo omaggiare come donna del Vino, imprenditrice e madre.

I vini di Valentina nascono ad Apricena in Capitanata in terreni letteralmente “abbracciati” dal Gargano, il terroir è fondamentale quando si parla di vino ed i vigneti di Valentina si sono “accomodati” in un territorio ideale a 200 metri sul livello del mare accarezzato dal vento che soffia dal mare su suoli “sciolti, asciutti e poveri”. La produzione è biologica e presta attenzione soprattutto ai ritmi della natura i terreni vengono lavorati seguendo i cicli astrali, come facevano i nostri nonni.

NOME:Rosa Terra Nero di Troia Puglia I.G.P.
AZIENDA PRODUTTRICE: Valentina Passalacqua Vini Biologici
VITIGNO: Nero di Troia vinificato in purezza (raccolta a mano delle uve)
GRADAZIONE ALCOLICA: 12%
ANNATA: Vendemmia 2014
CATEGORIA DI PREZZO: 8-14 €
VISTA:  Il vino è dichiarato non filtrato ma ciononostante è limpido pulito, brillante di un colore cerasuolo tenue.
NOTE OLFATTIVE: Note fresche e minerali, assoluta franchezza e pulizia aromatica. Toni agrumati accarezzano piacevolmente i nostri sensi e si rafforzano nei fiori d'arancio, la frutta è leggera e ricorda i piccoli frutti rossi e selvatici, un tocco di muschio e pepe bianco concludono questa fantastica complessità aromatica.
GUSTO: Ingresso sorretto da una buona acidità, richiamo e corrispondenza aromatica, sono tutti nei frutti rossi che spiccano con il lampone e nella brezza marina (sapidità). La lunga persistenza premia questo vino e i sacrifici fatti per ottenere un prodotto biologico d'eccellenza.
ABBINAMENTI:  (da oggi non solo gli abbinamenti ma anche le ricette)
Abbinerei a quest'ottimo vino un mio primo piatto “Passione Mediterranea” che unisce l'amore per la pasta delle genti del sud, con ingredienti tipici della Grecia ovvero foglie d'ulivo (formato di pasta)  “Senatore Cappelli” bio con pomodoro “Pachino” bio, olive greche biologiche e formaggio feta bio, un tocco d'origano e tutto il gusto di primo sano unito ad un vino biologico d'eccellenza.

Ingredienti per 4 persone:

300 g. di Foglie d'ulivo “Senatore Cappelli” bio
250 g. di Pomodoro tipo Pachino bio
120 g. di Formaggio Feta bio
20 Olive nere greche Bio
Sale olio e.v.o bio origano e epe q.b.

Procedimento:
Saltate leggermente i pomodorini e le olive greche biologiche  in padella con olio e.v.o,  salate e pepate a piacere, a parte tagliate la feta a cubetti grossolani e conditela con l'origano. Fate saltare le foglie d'ulivo “Senatore Cappelli” bio in padella per circa 3 minuti dopo averle cotte in abbondante acqua. Unite la feta bio e continuate a saltare finché il formaggio inizia a sciogliersi, finite la vostra preparazione con un filo di olio e.v.o bio a crudo.

Com'è nata la tua passione per il vino?
La mia passione per il vino è molto viscerale. Quando ho avuto la mia prima bambina, Giulia, ho sentito risvegliarsi in me l’esigenza di tornare alla terra, luogo in cui ho vissuto tutta la mia infanzia. Il mio diventare mamma ha quindi fatto tornare alla luce, prepotentemente, il mio sentimento di gioia a stare in mezzo alla natura a piedi nudi. Quale migliore scelta se non la produzione del vino. Il vino è vivo, come una madre mi occupo di lui partendo dalla cura della vite, lo vedo crescere e maturare, gli trasmetto la mia personalità, tutte le attenzioni fanno del mio vino quello che è: forte e passionale. Il vino è figlio di chi lo produce. Si potrebbe dire che ho 2 figlie di sangue e 9 figli di vite.

Ti sei sempre trovata a tuo agio in un ambiente, quello del vino, da sempre dominato dagli uomini?
A mio parere le donne agiscono sempre con il peso di dover dimostrare qualcosa, sia negli ambienti femminili che in quelli maschili. Purtroppo è il peso che ci portiamo dietro da millenni e il nostro antidoto, da millenni, è sempre lo stesso: credere in noi stesse. Posso dire quindi che sono completamente a mio agio, perché credo nel mio lavoro e nel risultato che ne deriva. Nella mia personale esperienza, è l’essere diventata madre che mi ha dato quella forza in più, necessaria per dedicarmi a tutto questo con passione e con un sentimento insieme nuovo e potentissimo.

Perché è stata denominata la signora del Nero di Troia?
Questa definizione mi fa sorridere e mi rende orgogliosa di quello che faccio e di quello che sono. Immagino che questo nome sia dovuto al fatto che sono l’unica donna a produrre il nero di Troia con la propria cantina e il proprio nome. La mia storia è fortemente legata alle donne della mia famiglia ed è bella da raccontare proprio in occasione dell’8 Marzo.
La mia ispirazione personale, infatti, è sempre stata mia nonna, la prima contadina della famiglia: viveva in masseria e si prendeva cura delle pecore. Tutti la chiamavano “la patrona” per il suo carattere forte e la sua inesauribile energia. Ho voluto ricordarla chiamando come lei la mia prima figlia, Giulia, che oggi ha 8 anni e sembra abbia ereditato proprio quelle caratteristiche. Poi c’è Agnese, il suo nome vuol dire “pura”, proprio come i vini che produco. Ha solo 21 mesi e il suo amore per la natura è già molto evidente: le sue grida di gioia quando siamo in campagna mi fanno sorridere con lei delle straordinarie bellezze che la natura offre con semplicità. Mi piace considerarmi l’anello centrale di 3 generazioni di donne: passato, presente e futuro, rigorosamente Green.

Biologico perché?
Sicuramente per una predisposizione interiore. Ho scelto di tornare alla terra e di rispettarla. La natura fa cose perfette, più interveniamo e più le distruggiamo. Inoltre vivo alle pendici del Parco Nazionale del Gargano, qui non c’è alcun bisogno di interventi chimici. Posso dire che sono partita dal biologico ma mi sto spingendo oltre, aggiungendo i metodi biodinamici alla mia agricoltura. La sostanziale differenza tra biologico e biodinamico sta nella cura del terreno oltre che della pianta. Mentre con il biologico ci si occupa della salute della vite utilizzando prodotti naturali, come il rame e lo zolfo, con i metodi biodinamici ci si prende cura anche del terreno, aiutandolo con preparati naturali e basandosi sui cicli astrali per incrementare la sua vitalità e le sue difese.

Come mai sei passata dal biologico al biodinamico? Hai incontrato delle difficoltà?
Sono passata al biodinamico perché a mio parere si ottiene un prodotto con una qualità di gran lunga superiore. Gli sforzi sono umani e fisici perché si utilizzano al minimo gli strumenti meccanici e c’è una maggior quantità di lavoro manuale, inoltre le procedure e i trattamenti richiedono tempo e particolari attenzioni. Nonostante questo, si può dire che la difficoltà più grande è quella di comunicare e condividere le tecniche di Steiner (fondatore della biodinamica) con le persone che hanno sempre utilizzato altri metodi di coltivazione. Dietro questi cambiamenti c’è un grande lavoro di sensibilizzazione sul tema del rispetto della natura. Con il biodinamico la vigna è concepita come un essere vivente e il vino come un liquido vivo. La biodinamica restituisce al terreno la sua vitalità aiutando la vigna a superare anche i periodi più difficili. E’ quindi molto importante sapere cosa stiamo bevendo.

In molti, tra esperti del settore, e normali consumatori, hanno visto la puntata di “presa diretta” su Rai3 e le terrificanti immagini di intere famiglie costrette a vivere sigillate in casa a causa dei trattamenti alle viti, ritenuti pericolosissimi per la salute umana, tu cosa ne pensi a riguardo?
Penso che sia contro natura. Io sono una di quelle che ha scelto di vivere in campagna e faccio parte del gruppo no-pesticidi perché bisogna preservare il luogo in cui viviamo. Tornare alla terra non vuol dire solo trasferirsi dalla città alle campagne ma adottare tutte le soluzioni e misure affinché ci si possa vivere e non morire. I pesticidi e i veleni ci rendono la vita impossibile sia al momento del loro utilizzo che dopo, quando mangiamo prodotti che non sono più il frutto della terra e del sole.

Straccetto bagnato, puzzette, ed altri odori strani per un certo periodo sembra abbiano caratterizzato i vini biologici e per certi versi una parte dei consumatori li cerca come segnale indispensabile della genuinità del vino. Gli esperti invece affermano che il vino biologico, se fatto bene, non deve avere questi sentori. Tu come la pensi a riguardo?
L’idea degli odori strani come propri del vino biologico è falsa. La verità è che nessun prodotto di quelli naturali rispetta di più le caratteristiche del vino e del territorio, proprio perché nella sua produzione non si usano additivi né tecnologie invasive, è dunque solo il frutto del sole, dell’acqua e della terra. La natura fa cose perfette.

Come vedi il futuro dei vini pugliesi?
Il futuro dei vini pugliesi sarà brillante se si investe sulla tipicità. Il vino trasporta dentro di sé il gusto della terra in cui è prodotto. Non deve modificarsi per i gusti di un mercato che segue mode e tendenze ma, anzi, dev’essere la sintesi di quel terroir e del suo produttore, caratteristiche che lo rendono unico e irripetibile, con una personalità ben definita. Una bottiglia di vino porta in sé la potenza paragonabile a quella di un’idea. Un solo sorso è capace di rievocare luoghi, ricordi e sensazioni lontane.

Hai un sogno nel cassetto puoi raccontarcelo?
Il mio sogno nel cassetto è quello di creare concretamente un piccolo borgo dove vivere in armonia con persone simili, con la passione per la natura. Ho da poco ultimato un agriturismo che ho voluto chiamare “Camere con Vigna” perché la mia idea è quella di attirare persone che vogliono sperimentare e vivere la vigna e la vita di cantina. Ci sono 7 camere a tema, ognuna è dedicata a un’etichetta diversa di mia produzione. Ho anche altri progetti in cantiere, come far rivivere l’antica masseria e realizzare una fattoria didattica. Mi piacerebbe aprire la mia casa, costruita interamente con materiali ecosostenibili e situata tra i vigneti, a chi vorrà condividere sogni e progetti. Questo è il vero senso di comunità.

Come ti vedi tra venti anni?
Sicuramente avrò i capelli bianchi! Mi vedo con uno spirito più leggero di chi ha imparato dal suo lavoro, dai suoi errori e dai suoi successi. Mi entusiasma poter immaginare le mie figlie già grandi, mi riempie di gioia sapere che nel tempo vedrò i frutti di quello che ho seminato, siano essi le mie figlie di sangue o i figli di vite (il vino). Ogni giorno imparo da quello precedente. Oggi mi vedo molto vulcanica e affronto con impeto la vita con tutte le sue incertezze, tra 20 anni avrò fatto tesoro delle esperienze e procederò con più serenità, con più sicurezze. A sessant’anni mi vedo con le energie moltiplicate per quanti progetti avrò realizzato.

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