OPINIONI. Firme, retaggio feudale della partitocrazia

di FRANCESCO GRECO - Scoppia la grana di Palermo: il M5S avrebbe taroccato le firme allegate alle liste delle elezioni comunali del 2012. Otto indagati. Un avviso di garanzia da noi non si nega a nessuno, fa status. Senza entrare nel merito, Beppe Grillo cade in trappola e, come colto da eiaculazione precoce, invita gli attivisti territoriali a levarsi di torno. Format Pizzarotti.

Un modo troppo semplicistico di affrontare una ”vexata quaestio”. Se infatti si fermasse un attimino a riflettere, a guardare la sostanza più della forma, vedrebbe che la faccenda è molto più complessa, la natura delle cose filologicamente diversa, e forse ci andrebbe più cauto.

Cosa sono non le firme da allegare a una lista se non un baluardo cariato della partitocrazia per immortalare se stessa? Rappresentano l'ennesimo pretesto per nuocere a chi in politica, destra, centro, sinistra (posto che tali categorie nel XXI secolo abbiano ancora un senso e non siano state relativizzate, destrutturate dal populismo che le contiene tutte), vuole dire una parola nuova in un paese vecchio, morto, ormai collassato (lo dice anche Bankitalia), stordito dalla propaganda, da dove chi appena può scappa senza rimpianti in cerca di pane e dignità, essendo il mercato del lavoro preda del format “cooptati e furbi” (Monsignor Nunzio Galantino, segretario della CEI).

Le firme sono un retaggio feudale, che deve essere assolutamente eliminato, perché favorisce le burocrazie conservatrici dei partiti di ieri che oggi hanno mutato pelle a danno di chi vuole davvero portare un vento di rinnovamento nelle istituzioni, la cultura, il paese. Che non sono certe le finte rottamazioni concordate con i “rottamati” in una pantomima furbesca, indecente, disonesta.

Non ha senso perciò prendersela con i militanti di Palermo come fossero “untori”: magari sono onesti intellettualmente e non avendo avuto il tempo di raccoglierle di nuovo perché quelle in mano invalidate da qualche cavillo (trappole di cui si apprende sic stantibus o interpretazioni soggettive della normativa), qualche vizio di forma, le avranno ricopiate pari pari.

E' come indicare la luna e guardare il dito. Forse quei cittadini degli elenchi esistono, sono persone in carne e ossa: si può eventualmente riscontrare dagli estremi dei documenti di riconoscimento allegati (patente auto o carta d'identità).

Questo rito ormai superato, ostacolo per il nuovo reale, va formattato: in fondo in fondo i cittadini votano i candidati, non certo le firme. Particolare curioso e pittoresco, come direbbe l'aforista austriaco Karl Kraus: il candidato può non essere residente, magari catapultato da domineddio, chi firma invece si: stravagante, italian style. Detta meglio: io sono nato e vivo a Lecce e mi candido a sindaco di Roma: lì, dove nessuno mi conosce e mi ha mai visto, dovrò trovare un tot di cittadini che dicono l'esatto contrario e che lo mettono pure per iscritto, con una firma. Lo stesso vale per i candidati a consigliere. Roba da TSO.

Con questa astuzia bizantina i radicali sono stati sempre, o quasi, tenuti fuori dalle istituzioni, e se non fosse stato per le trovate spesso clownesche del loro “giullare” Marco Pannella, buonanima, nessuno si sarebbe accorto delle loro campagne modernizzanti, di civiltà, dei referendum. Infatti Pannella diceva: “Amateci di meno, votateci di più!”.

E oggi tocca al M5S pagare il prezzo di un feudalesimo di ritorno. Ci vuol niente a far svaporare la suggestione. Grillo è un “animale” politico: lo ha capito...

Le firme rappresentano pertanto un elemento di conservazione, uno strumento escludente, i cavalli di Frisia della burocrazia che frustrano il tentativo di una collettività di darsi nuovi orizzonti politici, di investire su persone nuove con “visioni” diverse, altri big-data, mentre favorisce il vecchio, abile a riciclarsi e a perpetuarsi clonandosi all'infinito.

Se il sospetto è l'anticamera della verità, diciamolo: dovessimo controllare le firme, come, dove, chi le ha raccolte, avremmo delle sorprese e molte elezioni dell'ultimo mezzo secolo forse dovrebbero essere annullate.

Spesso le norme sono state aggirate e ha prevalso un'onestà di facciata, convenzionale, che si è ossificata a sua volta nella norma definitiva che ha favorito il vecchio castrando sul nascere ogni alito di rinnovamento. Anche per questo ci ritroviamo gli stessi trasformisti buoni per tutte le stagioni, e quando il nuovo arriva, spesso è più vecchio del vecchio.

Eliminare la follia delle firme sarebbe pertanto un atto di civiltà, giuridica e politica. Ma mentre in Parlamento c'è l'unanimità quando si tratta di mungere benefit, integrativi, diarie e rimborsi vari, per tale obiettivo non si troverebbe un cane pronto ad abbaiare.
Par di risentire Dante: Ahi, serva Italia di dolore ostello...

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