OPINIONI. I giornali? Buoni per incartare il pesce

di FRANCESCO GRECO - Fino alla Grande Crisi (2007-2008), quando l'economia virtuale, speculativa, creativa, soffocò quella reale, svaporando la ricchezza e creando milioni di poveri, con le classi medie tirate giù nella miseria e la precarietà dalla globalizzazione, il mio edicolante vendeva in media 20 copie di quotidiani al giorno. Scese poi a 10 negli anni successivi. Oggi ne vende tre: una alla bar del paese per i suoi avventori, analfabeti che cercano la cronaca nera, o il prurito (molestie sessuali), una a qualche forestiero di passaggio e una a me.

La vittoria di Trump ha dato una botta non indifferente alla credibilità del sistema mediatico americano, e oltre. Per Guy Telese “un fallimento di intellettuali e media”. Su 539 testate, ben 500 avevano fatto endorsement per Hillary Clinton e i democratici, solo 39 per il miliardario trattato come un parvenu. S'è visto com'è andata. E parliamo di un paese, gli Usa, dove esiste l'editoria pura.

Da noi, dove è spuria, e gli editori usano i giornali per fare pressioni sulla politica, mandare segnali, a volte avvertimenti, minacce a chi ostacola i loro affari, è ancora peggio. E basterebbe citare la linea editoriale di un quotidiano romano verso la sindaca di Roma, ostile ai palazzinari e al cemento a gogò.

Se il “New York Times” fa autocritica ammettendo di essere lontano dalla realtà USA, di non aver capito cosa bolliva nel sottosuolo oscuro dell'America, è segno che ormai la decadenza è forse irreversibile, nonostante l'infografica e le scuole di giornalismo, come se si potesse insegnare a scrivere e Platini e Messi siano andati a scuola di calcio.

Forse dovrebbe essere recuperata quella vecchia pratica maoista della rivoluzione culturale cinese: tre mesi l'anno Mao mandava gli intellettuali nelle campagne a mungere le mucche e pulire i culi delle galline: solo così non perdevano il contatto con la realtà e col popolo.

Il web ha cambiato il rapporto fra informazione e cittadini, rendendolo più diretto. Così i giornali cartacei sono entrati in crisi e possono benissimo essere bypassati restando lo stesso informati. Ormai sono archeologia, buoni per incartare il pesce.

Li sostiene lo Stato, cioè la politica, con cui intrattengono un rapporto equivoco, anche di legittimazione del sistema presso l'opinione pubblica, facendo campagne contro le “eresie”: l'antipolitica e il populismo, per esempio, che invece sono la frontiera del domani. Altrimenti fallirebbero tutti. E se è agli ultimi sospiri il “Sole 24 Ore”, che dietro ha gli industriali, figuriamoci gli altri.

Rai inclusa: il giorno in cui un governo “populista” metterà l'aut-aut: o il canone o la pubblicità, dovrà ridimensionarsi e darsi un ruolo diverso da quello di servizio pubblico, cioè privato, alla politica peggiore, con i giornalisti funzionari di partiti morti (la grande intuizione di Grillo: il sistema dei partiti è defunto ed essi hanno le stese regole delle cosche, con in più l'immunità parlamentare) che lavorano le veline. La più gustosa giorni fa: il terremoto aumenta la popolarità di Renzi. Velina partita da Palazzo Chigi e riportata con fedeltà canina.

Intanto i giornali si sono fatti virtuosi, risparmiamo anche sui correttori di bozze (e quasi che c'è il correttore automatico): così escono colmi di refusi.

Il 9 novembre 2016 è una data storica: il sistema mediatico nel suo complesso si è svalutato. La mattina si ha l'aspra sensazione che ti diano roba taroccata, che raccontino un sacco di cazzate o, per dirla con Grillo “ci prendono per il culo”.

Perché muoiono? Perché sono stati ridotti a strumenti per lanciarsi segnali fra poteri forti, il cittadino è un di più, un convitato di pietra. La fuffa sociologica e moralistica li soffoca: su una notizia, spesso falsa (l'autogolpe di Erdogan), un diluvio di commenti cui si deve credere per fede. Poi arriva Trump e smaschera il loro vuoto e il conformismo. Ma lo sapevamo da prima con Grillo: senza gruppi editoriali, tg (anzi, avendoli tutti contro), con un misero blog ha fatto un movimento del 25%, con 9 milioni di voti (ed è dato al 30%). Ergo: i giornali sono carta straccia.

Ciò non vuol dire che non potrebbero essere rimodulati e rilanciati, ma la casta dei giornalisti si oppone rinchiusa nella roccaforte del nulla a difendere privilegi che si assottigliano, e credibilità zero. Così si sono dati la zappa sui piedi, condannandosi all'estinzione. Per la gioia del mio edicolante: spaccarli e impaccarli per la resa è diventato faticoso, e senza guadagno. Meglio il “gratta e vinci”.

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