ARTE. 'Nessuno tocchi Geo', evento nel Mediterraneo

di FRANCESCO GRECO. SALVE (Le) – Bizzarre ellissi delle nostre brevi, miserabili parabole esistenziali. Sintonie carsiche ci scorrono sotto i piedi. Apparteniamo tutti a Geo, contaminati dallo stesso magma pregno di energia universale. Quando il padrone di casa Vincenzo Cazzato appende tre pani all’arcata che introduce nel mondo magico della masseria di Santu Lasi, Predrag Matvejevic è morto da poco e d’istinto pensi al suo ultimo romanzo, “Pane nostro”.
 
E’ il “go” dell’evento “Dalla terra alla terra” (IX edizione), di grande respiro artistico, di intenso pathos, al confine fra inverno e nuova stagione (intorno i mandorli sono già fioriti), unico in tutto il Mediterraneo: una riflessione dell’uomo in rapporto con la terra che può essere una scansione del primo, “Breviario mediterraneo”. Fra culture sedimentate, percezioni comuni, echi e risonanze sottintesi.
 
Luogo di culto sospeso fra tradizione e innovazione, sacro e profano, esempio di sincretismo artistico dilatato sino alla provocazione intellettuale, sino a qualche anno fa Santu Lasi era un rudere: oggi è un contenitore culturale. Da luoghi di lavoro e sacrificio, a icone polisemiche che tracciano la nostra identità mediterranea. Un dolce restyling ci ha restituito la sua anima antica e nobile.
 
Il sale dello Jonio accarezza noi curiosi che ci siamo arrampicati sin qua (c’erano anche i giapponesi) in un topos colmo d’energia dolce e le opere posate quasi distrattamente nei tre ettari della masseria (pare che questa fosse quella cinquecentesca dei “Fani”) sulla via che mena all’incanto di Pescoluse, accanto alla chiesetta campestre titolata a San Biagio (un medico, veniva dalla Turchia, protegge dal mal di gola, visse da eremita, in una grotta, è patrono di Ostuni, Ruvo, Carosino, Avetrana, Corsano, Sant’Agata, solo in Puglia).
 
E’ la “land art”, opere nate e ancorate alla terra, che a essa torneranno: la natura se le riprenderà con le sue forze atmosferiche, e si ricicleranno nella moja, tra profumi e colori. I materiali sono già in loco (paglia, canne, lana, tralci di vite, rami d’ulivo, ecc.) per dare agli uomini confusi del 3° millennio messaggi estetici ed etici di grande intensità, nel tentativo ingenuo di riscrivere il rapporto fra Uomo e Natura, oggi, XXI secolo, dettato dalla rapina, il massimo profitto, che ci ha reso la terra matrigna, ostile, vendicativa.
 
Tre artisti, Fabio Pedone (Alessano), Alessia Taurchini (Viterbo), Mauro Arnesano (Carmiano), per una settimana hanno lavorato come in un’ascesi mistica. Non avevano un’idea di partenza, un progetto iniziale: hanno solo assemblato i materiali trovati qua e là (anche cerchi di ferro). Sono opere dotate di un loro “equilibrio dinamico”, che comunicano un messaggio: se non ritroveremo la sintonia con la terra non avremo la pace dentro di noi.    
 
A mezzogiorno, dopo la messa, è arrivato don Lorenzo Profico, che ha benedetto i pani di San Biagio (giunti da Ruvo di Puglia) su una grande aia. Due parole del sindaco Vincenzo Passaseo, i curatori, il prof. Cazzato, affabile, gentile, nato a Salve, vive fra Roma e Lecce, dove insegna all’Unisalento, è presidente dell’associazione “Ville e Giardini di Puglia”, è grato al paese che gli ha dato identità, memoria, affabulazione e l’architetto Luigi Nicolardi. Poi la musica della banda di Poggiardo e la cucina saporita delle massaie di Salve: pìttele croccanti, fagioli, purè di fave, verdure selvatiche, dolcetti. E, ovviamente, il vino nero.
 
Le canne intrecciate sono un’allegoria dei nostri destini, globalizzati, “liquidi”: anche quelle richiamano a Matvejevic: concepiva il Mediterraneo come un canovaccio di popoli, etnie, fedi, culture, bellezze.

Fagocitati dal “Vortice”, dimensione di vita virtuale che seduce, stordisce, nausea, non ci accorgiamo dell’incanto perduto e viviamo di sublimazioni e rimozioni. Ma la pianta che invece di fiori profumati fa fiori di lana è un monito terribile ai nostri stili di vita che sconvolgono l’ecosistema: la conseguenza delle troppe manipolazioni genetiche e dell’uso micidiale della chimica.
 
Ma ognuno legge un’opera, un’installazione, come la sente, la vive e ci vede quel che vuole. Quando ce ne andiamo i tre pani sono ancora appesi sull’arco d’entrata in questo Eden ritrovato: si spera di averne anche tra un anno. Appuntamento al 3 febbraio 2018 per la X edizione. 

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