Turismo in Puglia: "Più ombre che luci"

BARI - “Eravamo convinti e fieri di vivere nella terra regina per presenze turistiche in Italia e forse in Europa. E invece nel rapporto di UniCredit-Touring Club Italiano, ci ritroviamo al dodicesimo posto. Una disfatta, a mio parere, se si fanno un po’ di conti: la Puglia ha 13,5 milioni di presenze, contro i 63,2 milioni del Veneto; i 44,3 della Toscana e i 37,8 della Lombardia. Certo, il confronto con giganti mondiali del turismo – quali Venezia e Firenze – è arduo, ma ricordo che il Tacco d’Italia può vantare – caso unico, isole a parte – circa 1000 chilometri di coste e un inverno di solito limitato ad un paio di mesi, godendo per il resto dell’anno di un clima favorevole. Inoltre viviamo in un terra ricchissima di opere d’arte, masserie, chiese, santuari e castelli, senza contare tutto l’indotto potenziale del turismo gastronomico e culturale. Se nonostante queste caratteristiche la regina - a parole – diventa paggio vuol dire solo che in realtà siamo ancora all’anno zero in tema di programmazione, alle prese per giunta con una burocrazia ottusa che sta distruggendo quello che poteva/doveva essere un driver decisivo (assieme alla ormai compianta agricoltura) della nostra economia”. E’ quanto denuncia in una nota il consigliere regionale del Gruppo consiliare Ap, Gianni Stea in un appello rivolto direttamente al presidente della Regione Michele Emiliano e all’assessore al ramo, Loredana Capone.

“Qualcuno, prendendo un abbaglio enorme, pensava di vivere di rendita. E invece ora i conti dell’oste ci riportano ad una realtà con poche luci e troppe ombre. La Puglia non ha ancora deciso di quale turismo vuole vivere. Quello raffinato e riservato a pochi? Quello dei ricchi? Il turismo di massa stile riviera adriatica? La Puglia non ha ancora deciso quanto vale un’estate e quanto, condizioni meteo a parte, può durare, mettendo ormai da parte qualsivoglia progetto di destagionalizzazione. La Puglia non ha ancora compreso che di burocrazia si muore. E’ così nel giorno dei dati neri riportati dal rapporto UniCredit-Tci, apprendiamo del sequestro – nel bel mezzo della stagione estiva – di quattro ristoranti sulla costa di Savelletri perché ci sono difficoltà di interpretazione tra la normativa locale e quella nazionale. Apprendiamo, con orrore, che a Otranto, l’audioguida multilingua (già di per sé appartenente alla preistoria del turismo) che dovrebbe illustrare il mosaico composto dal monaco Pantaleone nel 1163, giace in condizioni disastrose. Apprendiamo che musei e chiese fanno orari part time, a volte restano chiusi, spesso mancano di guide all’altezza del compito. Qualcuno dirà: abbiamo il mare e il sole, ma anche Grecia, Spagna, Malta, Egitto, Marocco (solo per fare alcuni esempi) hanno mare e sole, anzi ne hanno più di noi e probabilmente più pulito, ordinato e democratico del nostro, dove si passa da lidi esclusivissimi e costosissimi a spiagge difficilmente raggiungibili, abbandonate al degrado, alla sporcizia e preda di cocomerari e parcheggiatori abusivi. Soprattutto ci sono località, davvero uniche al mondo per panorami e natura, dove però mancano qui servizi essenziali che fanno la differenza soprattutto per gli ospiti che giungono dal centro-nord Europa. E penso al Gargano, che è in testa alla distribuzione percentuale delle presenze turistiche in Puglia (e tra le prime in Italia), ma resta difficilmente raggiungibile e privo di strutture sanitarie adeguate se non a costo di complicati interventi di elisoccorso. Il tutto condito da una macchina burocratica asfissiante e dalla nostra naturale propensione a farci del male nel nome e per conto di un malinteso senso dell’ambientalismo integrale e ottuso che, anche nel caso, è privo di qualsivoglia progettualità concreta e visione presente e futura (l’esempio di quello che doveva essere il Twiga di Otranto è lampante)”.

“Nel frattempo – conclude Stea – gli altri vanno avanti e noi restiamo ipocritamente a contare i nostri ragazzi che hanno ricominciato a prendere i treni per il Nord. Mentre dei nostri famigerati mille chilometri di costa, in realtà, solo una minima parte è degna di un’offerta turistica dignitosa a livello locale, nazionale e internazionale. Creare i presupposti per far si che la nostra regione possa vivere, e bene, quasi esclusivamente di turismo e poi non solo non far niente affinché questa possibilità sia realtà, ma addirittura farci una guerra contro, vuol dire danneggiare un’intera società che cerca riscatto e benessere lontano dalle tentazioni del malaffare. Vuol dire fare il gioco del malaffare, vuol dire sporcare il mare e oscurare il sole”.

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