Cinema: "Rossellini mi disse: Vai in Spagna e cerca Atene…". Parla lo scenografo Puri Purini

di FRANCESCO GRECO - ROMA. “A mezzanotte squillò il telefono e Rossellini mi disse: Vai in Spagna e cercami Atene… Stava per girare La vita di Socrate”. Roma in b/n, anni Sessanta e dintorni: il regista di “Roma città aperta” e “Paisà” è un “vate” del Neorealismo, un mostro sacro del cinema internazionale: tutto il mondo ha ammirato i suoi capolavori (oggi studiati dai grandi di Hollywood fotogramma per fotogramma).

Il Neorealismo ha messo in moto le migliori forze intellettuali e operaie del Paese, fatto esplodere una creatività da neo-Rinascimento e si trasfigura in una “visione” del mondo e dell’uomo, una password nuova.
 
Giusto Puri Purini è poco più di un ragazzo, studia Architettura a Roma, nella mitica Valle Giulia, siamo in pieno ’68 e si ritrova per caso sul set di un film del “maestro” mentre con l’amico Gepy Mariani (nipote di Rossellini, figlio della sorella) sono diretti in Costa Azzurra (citazione dal “Sorpasso” di Dino Risi).

Il regista sta girando “Gli Atti degli Apostoli”, è la seconda parte della sua carriera, quella il cui concept attinge a una scansione più culturale, gnostica: quasi sottintendesse, inconsciamente, una declinazione pedagogica.
 
L’Italia è uscita a pezzi dal secondo conflitto, sfatta dalla guerra civile, la rinascita continua, materiale e morale. Anni frenetici, ruggenti, escatologici, molto creativi, arte e politica convivono, in perfetta osmosi di contaminazioni semantiche.
 
Il boom economico della Fiat 600 e il frigorifero a rate si respira nell’aria frizzante, il “Sorpasso” fotografa bene quest’ansia di nuovo, di libertà, di bellezza, di vento nei capelli (“Non core di più?”, chiede il vecchio contadino col cesto delle uova in grembo preso a bordo da Gassman e Trintignant).
 
Famiglia di diplomatici, Giusto non ha manco 24 anni, parla 5 lingue e con gli spostamenti del padre ha già girato il mondo: Libia, Austria, Argentina, ecc. Come Roma, il mondo è “aperto”.
Folgorato dal cinema, Puri Purini incontra casualmente Rossellini, e folgorato dal cinema con la “c” maiuscola, interrompe gli studi e diventa il suo scenografo.

DOMANDA: Maestro, una deviazione sulla via per Saint-Tropez e la vita va in un’altra direzione…
RISPOSTA: “Prendemmo l’Aurelia e a Civitavecchia girammo per i monti della Tolfa. C’era un arco su una collina e davanti alla macchina da presa uno specchio che rifletteva il plastico delle mura di Gerusalemme.
Quell’arco non era specchiato, così i cavalieri romani entravano in Gerusalemme. Nascevano i famosi “trucchi” del maestro. Rossellini stava girando ‘Gli atti degli Apostoli’. Da lì non l’ho più lasciato… Mi prese in simpatia, tanto che rinviai la mia laurea, che presi nel 1972”.

D. Rossellini era già Rossellini?
R. “Assolutamente. Era passato dal cinema al cinema per la conoscenza, che riscrive la Storia”.

D. Come andò la ricerca in Spagna?    
R. “Fra le montagne intorno a Madrid trovai un villaggio di pietra e lo trasformai in agorà, in tolos, come voleva lui... Mancava però il Partenone, ma Rossellini usò la tecnica dello specchio che riflette un modellino nella scenografia”.

D. Che tipo era?
R. “Una specie di padre-padrone, un grande comunicatore. Mi chiamava Giustino. Era seducente con uomini e donne. Distribuiva con tutti il suo enorme fascino intellettuale. Non dimentichiamo che era stato direttore del CSC (Centro Sperimentale di Cinematografia)”.

D. Come viveva quel tempo così escatologico?
R. “Rimase colpito dal ‘68, sentiva che si metteva in crisi una generazione, la sua, ma non sottostava a questa sorta di diktat, perché si sentiva un uomo delle avanguardie, con la sua concezione del sapere, della conoscenza cinematografica.
La sua fu una vita complessa: Marcella De Marchis, costumista, fu la prima moglie, poi ci furono la Magnani e Ingrid Bergman…”.

D. Era difficile trovare produttori in quegli anni? 
R. “Si, ma non per lui che era in contatto con uomini molto importanti e potenti vicini alla RAI. Aveva già fatto il documentario sull’India, prima di Pasolini, e parlava di trascendenza prima della beat-generation. Oltre il materialismo storico e dialettico, che la sinistra non ha mai superato”.

D. Com’era Roma?
R. “Una città semplice, un grande borgo aperto culturalmente al mondo… Una città sorprendente. Si respirava l’aria della Dolce Vita”.

D. Lei ha incontrato anche Fellini, Lizzani, Scola, Carmelo Bene…
R. “Con Carmelo Bene e Nostra Signora dei Turchi scoprimmo l’underground romano”.

D. Altre frequentazioni?
R. ”Paolo Villaggio, lo sceneggiatore Luciano Vincenzoni, gli scenografi Renzo Mongiardino, Ferdinando Scarfiotti e Dante Ferretti, il costumista Danilo Donati, tutti premiati con l’Oscar…
Poi arrivarono i grandi attori e attrici americani che giravano un film dietro l’altro nella Hollywood sul Tevere”.

D. E’ vero che Rossellini voleva fare un film sul comunismo? 
R. “Dopo un soggiorno negli USA, a Houston, dove grazie alla famiglia De Menil (realizzatori della Rothko Chappel e di un centro studi dedicato ai problemi del futuro, di cui Rossellini era il direttore naturale), tornò e voleva farci un film. Su un grande letto aveva aperto tutti i testi in materia, dal Capitale di Marx ai testi di Lenin. Ma non fece in tempo…”.

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