Fram(m)enti di Salvatore Cosentino all'Orfeo di Taranto: "Fermento culturale giovanile può salvare il Meridione dalla mafia"

(ph. A.Castellaneta)
di PIERO CHIMENTI - Istrionico, dissacrante ed a suo agio sul palco, così si è presentato il magistrato Salvatore Cosentino al suo debutto al Teatro Orfeo, con Fram(m)enti. I suoi monologhi pungenti ma mai banali, spaziano dall'analisi dal lessico utilizzato tra le aule di tribunale così come nel giornalismo. Il tutto avviene alternandosi con le musiche e la voce di Carla Petrachi, come nel più classico schema del Teatro canzone. Sulle note di Nessuno tocchi Caino, portata a Sanremo da Ruggeri&Mirò, lo show tocca l'apice delle emozioni con il tema della pena di morte che purtroppo vige ancora nell'ordinamento giuridico di molti Paesi nei vari continenti.

Qualche giorno prima dell'apertura del sipario, il magistrato Cosentino ha risposto alle nostre domande in conferenza stampa nel foyer del teatro Orfeo, accompagnato da Elio Donatelli che in passato aveva organizzato lo spettacolo per il giudice ed Adriano De Giorgio che, insieme al fratello Luciano, è proprietario e gestore dello storico teatro che si trova nel cuore della città di Taranto.

Sciascia affermava: "La mafia non sarà sconfitta dalla Digos ma da un esercito di maestri elementari”. Secondo lei quali obiettivi ha raggiunto con i suoi spettacoli?
Nei 15 anni della mia vita professionale nella Procura a Taranto e poi a Locri, di primo grado, andando a fare i processi mi rendevo conto che quando chiedevo una pena, magari anche ottenendola, non potevo conoscere le sorti di quell'uomo condannato perché poteva esserci una prescrizione, e quindi non ero davvero sicuro di impiantare 'semi' di legalità. Successivamente iniziai a fare qualcosa di universitario e mi accorsi che lì era più facile 'iniettare' concetti di legalità nelle menti - fram(m)enti - perché i ragazzi, ecco Sciascia, in qualche modo ti rispondono subito coi social. Poi ho incominciato a fare alcune conferenze nelle carceri e mi sono reso conto di avere un modo di proporre la legalità, attraverso il dialogo, forse anche più efficace. Infine sono passato al teatro vero e proprio che propongo anche come evento formativo per gli Ordini degli avvocati, dei commercialisti in tutt'Italia, così i discenti, gli ascoltatori, ottengono due-tre punti di crediti formativi senza 'rompersi' le scatole, come avviene nelle conferenze tecnico-giuridiche, ma con uno spettacolo teatrale che alla fine li diverte pur facendo sempre diritto.

(ph.A.Castellaneta)
Nella sua lunga carriera di magistrato, secondo lei, si sono raggiunti maggior successi sia nell'ambito normativi e sociali nella tutela della donna o nella lotta alla mafia?
Diciamo che è più facile combattere la mafia, perché per la mafia oggi ci sono i pentiti che ti aiutano tantissimo, le intercettazioni sono quelle, quindi è più semplice scovare quel tipo di gente. Nel caso delle donne, tante volte non denunciano per amore o perché credono all'alibi dell'amore dei picchiatori. L'amore è un abusatissimo alibi di picchiatori, sfruttatori e carcerieri. I successi sono stati raggiunti in entrambi i casi, perché la mafia è stata ben combattuta a livello nazionale, distrettuale e da tutte le comunità che ce l'avevano in casa. Dal 2009 abbiamo una discreta legge che però funziona sullo stalking e sul femminicidio, anche se non mi piace il termine che sembra un po' zoologico, per cui si sta passando al valore della denuncia, che deve transitare attraverso la fiducia nelle istituzioni. Tante volte, un po' per sfiducia verso le istituzioni, soprattutto al sud, per 'lavare i panni sporchi in famiglia', non è facile far emergere un delitto come quello famigliare, così come nella corruzione. La corruzione è l'unico delitto in cui non c'è nessun interesse a denunciare, perché il corruttore è punibile quanto il corrotto, ed allora a chi interessa farlo? La persona offesa e chi subisce è parte di un contratto e quindi non c'è questo interesse; il rapinato denuncia, il corruttore no. Quindi ci sono questi reati particolari, in cui le persone offese tentennano, nicchiano, e quindi è normale che se non si parte dalle persone offese è difficile. Tante volte si arriva alla violenza o al morto perché le donne tendono a non denunciare, finché non vengono ridotte in fin di vita.

Nel 2015 ha fatto lo spettacolo Salvo Gaber: in cosa si sente vicino al cantautore milanese?
Nella forma, mutuandolo nella categoria teatrale francese, portò in Italia il 'Teatro canzone' ed io molto indegnamente faccio un tipo di teatro canzone. E' nel monologo in cui m'ispiro a lui perché trattava temi molto pesanti con leggerezza, questo grazie al fatto che dopo 10 minuti di parola faceva partire una canzone spesso ironica su un tema 'crudissimo'. Quindi è questo ciò che provo a fare su temi diversi come la legalità.

Un Meridione sempre più rassegnato a perdere i suoi giovani che emigrano al nord in cerca di 'fortuna' come può acquisire gli anticorpi per debellare la Sacra Corona Unita e la 'ndrangheta?
Vedo un bel fermento culturale e credo che la cultura sia uno degli antidoti al 'veleno' mafia, perché è chiaro che chi pensa al bello del vivere e di pensare non ha ne tempo nè voglia di farsi coinvolgere dalla mafia. E' la teoria delle finestre rotte: se passo vicino ad un palazzo con molte finestre rotte, non avrò pudore né vergogna né tantomeno dispiacere di romperne un'altra; se invece passo vicino ad un palazzo perfettamente pulito, perfettamente integro, il mio gesto di rottura sarebbe per me ragione di vergogna. Quindi l'abitudine al 'bello', al rispetto come l'educazione, rappresenta un antidoto alla mafia. Gli amici e le donne ci possono tradire, le cose che sappiamo no. Le cose che sappiamo ed i nostri pensieri non ce li toglie nessuno, nessuna crisi, nemmeno economica, ci può togliere le cose che abbiamo dentro, che abbiamo assimilato; la cultura è anche una compagna di tutti i giorni. Gaber parla addirittura del 'luogo del pensiero', che era il luogo in cui si rifugiava anche durante gli anni della malattia. Penso che esso possa essere la roccaforte in cui ci possiamo blindare per combattere il crimine.

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