Saturnino (intervista): «E’ stato il basso a scegliere me… e quella volta che Pino Daniele mi regalò il suo pentagramma musicale…»

di NICOLA RICCHITELLI – Ha disegnato con il suo Ken Smith a sei corde – talvolta suonando anche un Sadowsky a cinque corde - quanto di più bello c’è nel fantastico repertorio di quel tal Lorenzo Cherubini dall’oramai lontano 1991 ad oggi, immaginate per un momento cosa sarebbe stato un certo ”Penso positivo” senza il suo basso ad aprire la strada alla dirompente voce del Jova che attacca con “…Io penso positivo perchè son vivo perchè son vivo…», oppure chiedetevi se “L’ombelico del mondo” ci avrebbe fatto ballare allo stesso modo pur senza il suo basso ad aprire le danze, quasi a mettere per un momento in riga quell’invasione di tamburi  che aprono la celebre canzone pubblicata nell’aprile del 1995.


Ma la storia di Saturnino Celani nasce da molto lontano, da un violino per la precisione, ed è proprio da lì che parte la nostra chiacchierata: «In realtà io il violino me lo sono trovato in casa, mio padre aveva studiato questo strumento quando era in collegio, per poi continuarlo a suonarlo per pura passione… ho portato avanti lo studio del violino fino a quando non ho visto suonare un gruppo di amici vicino al mio quartiere, che suonavano alle feste studentesche facendo cover dei Rolling Stones, Lez Zeppelin, Van Halen, Ac/Dc, insomma era la classica formazione rock, quindi con il violino non sapevo come inserirmi…».

Impegnato in questi mesi al fianco di Jovanotti – come da oramai 27 anni a questa parte – nell’ennesimo tour trionfale, in occasione delle data romane al Palalottomatica, l’artista di Ascoli Piceno ci ha gentilmente concesso una bella intervista che ripercorre le fasi più importanti della sua ascesa musicale. 

Saturnino, il basso ha fatto la tua fortuna ma tutto ha avuto inizio dal violino?
R:«In realtà io il violino me lo sono trovato in casa, mio padre aveva studiato questo strumento quando era in collegio, per poi continuarlo a suonarlo per pura passione; poi avevamo in famiglia un trisavolo che era un liutaio ed in casa avevamo cinque violini. Ad Ascoli Piceno poi c’era l’istituto musicale “Gaspare Spontini”, che non è un conservatorio, però mi sono iscritto lì, avevo cinque anni, e ho portato avanti lo studio del violino fino a quando non ho visto suonare un gruppo di amici vicino al mio quartiere, che suonavano alle feste studentesche facendo cover dei Rolling Stones, Lez Zeppelin, Van Halen, Ac/Dc. Insomma era la classica formazione rock, quindi con il violino non sapevo come inserirmi, anche se in quel periodo c’erano già gruppi come la PFM, però in quel gruppo lì non andava bene. Poi il destino volle che il bassista lasciò la band facendolo, tra l’altro, nel locale dove suonavano basso e amplificatore. A quel punto lì il leader del gruppo – che era il chitarrista - mi disse che se fossi riuscito a imparare il repertorio in una settimana potevo suonare con loro il basso. In quel momento è stato il basso a scegliere me e non io il basso: è stato lo strumento della mia presa di coscienza, il violino lo suonavo perché lo avevo in casa ma non lo avevo scelto, pure avendo scelto la musica per puro istinto». 

Poi per forza di cose hai dovuto lasciare la tua città natale…
R:«In realtà quando tutti i tuoi coetanei lasciano la musica per dedicarsi allo studio, magari per trovare un lavoro più serio – concedimi il termine – per far contenti i propri genitori, ecco, io invece ho fatto il contrario, ho lasciato tutto per dedicarmi totalmente al mio progetto che era quello di suonare la musica che mi piaceva». 

Quando è stato il momento che hai percepito che del basso ne avresti fatto la tua vita e quindi il tuo lavoro?
R:«Quello diventa una conseguenza, in realtà io rimango un grande appassionato della musica, un grande ascoltatore ancor prima di suonarla, poi tutto quello che succede altro non è che trovarsi nel posto giusto nel momento giusto. Sono tutta una serie di conseguenze, sono sempre stato convinto che se una cosa la desideri tanto poi arriva, nel mio caso si è tutto allineato nel verso giusto». 

Saturnino, quanto è importante per un  musicista come te il poter mettere a servizio di un artista come Jovanotti – ma ricordiamolo, in passato ci sono state collaborazioni con Franco Battiato, Luca carboni, Max Pezzali, Pino Daniele su tutti -  la propria musica, il proprio strumento e viceversa, quanto è importante per un artista avere un musicista come te che valorizzi il proprio lavoro?
R:«Il grande artista guarda tutto il quadro, non si ferma su una cosa. Tu come musicista rappresenti un'estensione che va a completare il loro progetto. Io ho sempre amato lavorare in squadra, far parte di un progetto più ampio è la cosa che mi rende felice e soddisfatto. Poi le persone che hai citato tu sono veramente dei giganti, quindi per me potermi relazionare con loro era una soddisfazione immensa, poi essere riuscito a mettere qualcosa di mio in qualche loro progetto è stato ancora più bello». 

Nella domanda sopra ho ricordato la tua collaborazione con Pino Daniele. Saturnino, chi era Pino Daniele?
R:«Io ho avuto modo di incontrarlo in diverse situazioni, ho avuto la fortuna di stare su un palco vicino a lui, e anche di parlare a lungo con lui di musica, di strumenti e di passioni in generale. Sono persone che ogni volta che ti relazioni – anche se per poco tempo – ti lasciano tantissimo, ti arricchiscono davvero tanto. Pino era una persona di una sensibilità unica, per farti un esempio dopo il tour del trio, quello con Ramazzotti e Lorenzo, mi ha fatto un regalo fantastico, mi ha regalato un quaderno musicale con il pentagramma, questo ti fa capire la sensibilità, ti regala un qualcosa di suo, in questo caso un pentagramma affinché prendessi appunti per la mia musica».

Possiamo dire che in fondo è il lato umano di un artista che – assieme alla propria musica – a fare la differenza?
R:«Delle persone che hai citato tu prima sì, con Lorenzo ad esempio ci lavoro e ci passo tanto tempo insieme anche da quasi 27 anni. Lorenzo, come lo stesso Pino Daniele, sono persone molto curiose, e quando tu passi del tempo con loro amano sentire parlare anche di te, sono anche ottimi ascoltatori, creano uno scambio, una sinergia dove tutti ne escono più arricchiti».     

Saturnino, è da poco partito un nuovo tour nei palazzetti e quindi un nuovo girovagare per il nostro Belpaese. Che Italia vedete dal palco?
R:«Guarda, io quello che riesco a vedere è un pubblico – aldilà di coloro che ci seguono sin dalla notte dei tempi – ma è bello vedere persone che hanno 16 anni, e che hanno scoperto la musica e tutto quello che è stato fatto dopo, molto dopo, ci sono ragazzi che potrebbero essere nostri figli, ed è quella la cosa più bella secondo me. In realtà le nuove generazioni sono fatte di belle persone, le vedo tutte le sere lì sotto al palco». 


Una generazione assai diversa da quella che descrive la televisione… una televisione che a quanto pare ama raccontare sempre il brutto che ci circonda e mai il bello…
R:«C’è una cosa incredibile purtroppo, ed è proprio questa, che le disgrazie fanno più ascolto, non so se ricordi la storia di Alfredino Rampi o se per lo meno ne hai sentito parlare, ecco, io ero molto piccolo quando è successo quella cosa, e fu la prima diretta di un evento tragico, lì purtroppo gli addetti dell’informazione si resero conto che la tragedia faceva ascolto. Ecco a me invece mi sarebbe piaciuto vedere un Tg delle buone notizie, però ancora non ne vedo forse perché la buona notizia non funziona, non fa ascolti».   

Saturnino, aldilà della collaborazione con Jovanotti, in quali altri progetti ti vedremo impegnato nell’immediato futuro?
R:«Mi piace sempre far cose che mi tengono impegnato. Sono già cinque anni che porto avanti una piccola azienda di occhiali assieme a un mio caro amico che è anche mio socio, sono occhiali prodotti in Italia, tutti prodotti a mano, ci stiamo divertendo parecchio. Poi continuo a fare musica, da tre anni a questa parte faccio molti dj set, quando ti avvicini ai cinquanta e di musica ne hai ascoltata è sempre un grande piacere scoprire la musica di chi ha meno anni di te, e lo faccio mettendo musica come se stessi in casa, assieme a persone che la ascoltano e la ballano, poi non lo so chi può dirlo, cerchiamo di finire bene questo tour, un tour abbastanza impegnativo, molto intenso ed è molto importante non far cadere l’intensità, cercando di lasciare un bellissimo ricordo a chi ti viene a vedere…cercando di pensare sempre positivo come una famosa canzone, e pensa che quest’anno stiamo facendo come è stata registrata nel 1994, nella versione originale per la prima volta».           

CONTACTS: 

https://www.facebook.com/Saturnino.Celani/

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