Tumori ossei, intervista al Dott.Umberto Orsini: "L'Ortopedia oncologica nasce in Puglia da un'intuizione di Emiliano"

di PIERO CHIMENTI - Un'operazione chirurgica innovativa di asportazione di una parte del femore dove era in corso un carcinoma della prostata è stata eseguita all'Ospedale Giovanni Paolo II di Bari dal Dott.Umberto Orsini e la sua équipe. L'intervento, che ha consentito l'installazione di una protesi in lega di titanio, permetterà al paziente di poter riprendere in poco tempo a camminare e aumentare le sue aspettative di vita.

Questa operazione chirurgica, oltre ad essere una risposta concreta al tumore osseo, di fatto ha dato il là all'Ortopedia oncologica in Puglia.

Il Dott. Orsini, specialista in Ortopedia e Traumatologia, ha risposto gentilmente alle nostre domande, per far ancora maggior chiarezza sull'argomento e dare, quindi, nuove speranze a chi purtroppo soffre di tali patologie.

Tale operazione è applicabile verso tutti i pazienti? O ci possono essere delle controindicazioni nei confronti di alcuni di loro?

L'intervento eseguito all'Istituto Giovanni Paolo II di Bari rappresenta una novità assoluta per questa struttura nella quale fino a novembre scorso non esisteva un'ortopedia oncologica. Circa due anni fa il Governatore Michele Emiliano, insieme al Direttore Generale dott. Antonio Delvino, avevano intuito la necessità per il territorio ed in particolare per questo Istituto (hub regionale della rete oncologica) di dotarsi di una struttura di Ortopedia Oncologica che potesse far fronte alle necessità dei cittadini pugliesi e che riducesse i viaggi verso altre regioni con gli enormi disagi (e costi) che questi comportano.  Da allora fu avviato tutto il processo che ha portato all'avvio dell'attività chirurgica con l'esecuzione di questo intervento. Fino ad oggi in Puglia questa branca, data la sua complessità e la necessità di un'organizzazione multidisciplinare integrata, è stata un pò trascurata e ciò a vantaggio dei "viaggi della speranza" verso centri di riferimento nazionali quali ad esempio l'Istituto Regina Elena di Roma o l'Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna. L'intervento chirurgico effettuato è un tipo di intervento abbastanza usuale nell'ambito della chirurgia oncologica ortopedica e che potremmo definire a media complessità; ad onor del vero, in virtù della mia formazione specifica in questa branca (mi sono specializzato a Bologna all'Istituto Rizzoli nella Clinica diretta dal Prof. Mario Camanacci, luminare a livello internazionale nell'ambito dei tumori dell'apparato muscolo scheletrico) e delle esperienze maturate negli anni attraverso lunghe frequenza presso il Massachusetts General Hospital di Boston, la Mayo Clinic di Rochester e l'Istituto Tumori Regina Elena di Roma, avevo già potuto eseguire  diverse volte questo tipo di intervento presso la Clinica Ortopedica del Policlinico di Bari.
Ovviamente tale tecnica è applicabile a pazienti oncologici con localizzazione di malattia all'osso che abbiano una discreta aspettativa di vita. L'intervento è finalizzato a ripristinare la funzionalità dell'arto e migliorare la qualità della vita consentendo al paziente di muoversi, spostarsi, camminare, riprendere una vita sociale normale, eliminando anche il dolore intenso che spesso accompagna una lesione tumorale dell'osso.

Di quale materiale è costituita la protesi installata?

La protesi installata (come la quasi totalità di quelle impiegate in ortopedia) è costruita in leghe di titanio al fine di garantire resistenza alle sollecitazioni meccaniche, buona integrazione con l'osso, durata ottimale nel tempo e possibilità di effettuare Risonanze Magnetiche e TC di controllo per il follow-up oncologico con limitate interferenze nelle immagini dovute alla presenza della protesi. Sono protesi "componibili" al fine di poter trovare la giusta "configurazione" per ogni paziente. In casi particolari di grande complessità  (soprattutto nei tumori del bacino e delle vertebre) possiamo avvalerci di protesi "custom-made" stampate con speciali stampanti 3d che riproducono fedelmente il segmento osseo asportato...ma questo è un campo molto vasto ed affascinante che richiederebbe un'altra intervista....Ritornando alla nostra protesi c''è anche un pezzettino (nella testa della protesi) in polietilene (cioè una specie di plastica) che garanisce un'ottimo scorrimento delle superfici articolari. Ancor più nel "tecnico" la protesi è ancorata all'osso mediante un cemento speciale detto poli metil metacrilato.

Quale impatto può avere sulla ripresa psicologica del paziente?

Facciamo una piccola premessa. Se parliamo di tumori primitivi è chiaro che questi vadano asportati in blocco. La rimozione deve essere fatta con margini il più radicali possibili pur cercando di preservare il segmento sia nella sua funzionalità che nell'estetica. Nell'ambito del trattamento delle metastasi il concetto di base è che l'ortopedico con il suo intervento non cambia il corso della malattia di base ma può migliorare la qualità di vita del paziente. Mi spiego meglio. Una metastasi ossea generalmente è molto dolorosa e determina un indebolimento dell'osso che può portare, in casi avanzati ed estesi, alla frattura dell'osso con le ovvie conseguenze in termini di perdita di funzionalità.

Le metastasi ossee in fase iniziale possono e devono essere trattate (se sensibili) con terapie farmacologiche o con radioterapia o con altre metodiche locali quali la elettrochemioterapia o la termoablazione. Tuttavia se la localizzazione ossea è troppo estesa o mette l'osso a rischio imminente di frattura o addirittura arriva a fratturarlo, allora entra in gioco l'ortopedico che provvederà appunto alla stabilizzazione del segmento (come se si trattasse di una "normale" frattura ma con tecniche leggermente diverse) o come, in questo caso, all'asportazione in blocco del segmento ed alla sostituzione con una protesi. Ciò premesso è chiaro che l'impatto psicologico sul paziente è notevole, soprattutto nei pazienti che hanno molto dolore o sono allettati a causa della lesione e che, dopo l'intervento e dopo un periodo di riabilitazione possono tornare a camminare, a muoversi, a svolgere le loro occupazioni (un mio paziente batterista di professione è tornato a sunonare!) reinserendosi nella normale vita di relazione insieme a parenti ed amici.

La sua équipe ha dovuto affrontare qualche difficoltà durante l'intervento?

L'intervento è stato eseguito da me e dal dott. Biagini e noi siamo una "coppia" ben rodata da molti anni. In questa fase iniziale, in attesa che tutto l'assetto della struttura venga completato, abbiamo chiesto il supporto esterno della dottt.ssa Giusi Ognissanti e del dott. Fabio Scattarella, due ortopedici giovani e molto bravi provenienti dall'Ospedale San Paolo. Per quanto riguarda l'anestesia abbiamo avuto il validissimo supporto del dott. Gianfranco Fragassi che ben conoscevo perchè anche lui fino a qualche mese fa lavorava nella sala operatoria di Ortopedia del Policlinico di Bari. Con un team del genere e con il validissimo supporto di tutto il prsonale altamente qualificato dellla sala operatoria del Giovanni Paolo II potevamo ritenerci in una botte di ferro e qualunque imprevisto sarebbe stato fronteggiato in grande sicurezza. Abbiamo proceduto con grande calma ed attenzione e con tanta pazienza non abbiamo avuto alcun problema né in sala né nel post operatorio durante il quale il paziente è stato assistito egregiamente, da prima dai colleghi e dal personale della terapia intensiva e successivamente dal personale infermieristico (meraviglioso) del reparto di Chirurgia Generale (diretto dal dott. Michele Simone) che ha "ospitato" il paziente fino alla dimissione. Successivamente il "nostro uomo" (io lo chiamo così confiednzialmente) è stato affidato alle cure attente del dott. Enzo Multari, della dott.ssa Angela Lopopolo e dei loro fantastici fisioterapisti che nell'arco di qualche settimana lo hanno rimesso in piedi!

Secondo il suo parere in quanto tempo la neonata Ortopedia oncologica riuscirà ad esaudire la richiesta di aiuto di molti meridionali, sino a fermare l''esodo della speranza' verso il Nord?

Per far partire da zero una struttura complessa come quella dell'ortopedia oncologica ci vorranno tempo, pazienza e investimenti economici, ma quando i frutti arriveranno potremo essere orgogliosi di essere uno dei pochissimi centri in Italia di Ortopedia Oncologica in un Istituto Oncologico e potremo proporci come punto di riferimento per tutto il sud Italia. Al momento noi siamo pronti a fronteggiare ed esaudire buona parte delle esigenze del territorio ma per arrivare a pieno regime con il personale e le attrezzature ed un adeguato numero di posti letto ci vorrà oggettivamente qualche anno. Nel frattempo ci stiamo mettendo tanto impegno, tanta professionalità e tanta passione per riuscire a rendere meno difficoltoso e più confortevole il percorso di cura di chi ci onora rivolgendosi ed affidandosi a noi per essere curato.

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