Giannella, Mirabella, Capello e la teoria della doppia elle di Cavalli


di LIVALCA - Terza media del secolo scorso : il professore di matematica sta interrogando un ragazzo, figlio di un collega, che non sembra interessato alla materia e per stimolarlo gli ricorda che lui possiede una elle nel cognome, lettera che corrisponde al numero dieci dell’alfabeto italiano e al voto massimo scolastico.

Una voce dal primo banco chiede : « ...quelli che hanno due elle…» e il docente sempre disponibile e compassato si lascia sfuggire : «… sono il massimo e nulla è loro precluso, specialmente se dopo le due elle vi è soltanto una vocale…». Per regolarità del ricordo devo dire che il professore in questione di cognome faceva ‘Ingravallo’ e il quesito era stato posto dal sottoscritto, che dalla nascita indossa ‘Cavalli’.

A questo ho pensato quando ho avuto fra le mani l’ultimo volume di Salvatore Giannella « IN VIAGGIO CON I MAESTRI. Come 68 personaggi hanno guidato i grandi del nostro tempo», pubblicato dalla Minerva Soluzioni Editoriali srl di Bologna. Tralasciando il cognome GianneLLA, subito sono andato a controllare le famose due elle con vocale finale : BariLLA, BoLLE, CapeLLO, CaseLLI, CucineLLI, GolineLLI, MirabeLLA, , senza dire che vi sono nello stesso gruppo, ma non nell’olimpo, ALLevi, FeLLini, CamiLLeri, ChristiLLin, MazzaviLLani, BoLLea e forse qualcuno che mi è sfuggito.

Salvatore da Trinitapoli non è solo lo studente con la testa da scienziato che, giovanissimo, strappò una collaborazione al quotidiano «La Gazzetta del Mezzogiorno», ma che - altri si sarebbero sentiti già in paradiso - con consapevolezza ed umiltà cavalcò il suo ‘aquilone’ e con Pascoli decise che : « C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole…» per cui bisognava intraprendere un viaggio strabiliante che lo ha portato dal 1985 in poi a dirigere di ‘tutto di più’, ma senza dimenticare « anzi d’antico », tanto è vero che chiama a collaborare, quando dirigeva l’Europeo, un giovanissimo e sconosciuto ragazzo di provincia - chiamandolo direttamente al telefono - intuendo « io vivo altrove e sento che sono intorno nate le viole» che quel giornalista in erba, Pier Luigi Vercesi, un giorno avrebbe firmato la recensione di questo libro.

L’uomo che ha curato i volumi di Tonino Guerra e Enzo Biagi ha tutto del pugliese doc : il volto intelligente e scaltro - mai beffardo e però pronto a rintuzzare eventuali sarcasmi - su cui impera un sopracciglio da grillo parlante che gestisce come fosse un aeroporto internazionale e da cui spunta una lente che permette all’occhio di decidere in tutta comodità dove posarsi e dare risalto ad un baffo che, nonostante l’aria e la foggia inalata in tutto il mondo, recita ‘made in Tavoliere’.

Come può Livalca, milanista riveriano, dimenticare che con Fabio Capello allenatore il Milan nel 1993-1994 sconfisse in finale per la Coppa dei Campioni il Barcellona 4-0, nonostante le assenze di Baresi e Costacurta. Il friuliano Capello è uno dei personaggi di cui si occupa Giannella nel libro.

L’uomo che ha scritto quel capolavoro di « Operazione Salvataggio» ( un libro che andrebbe letto da ogni italiano, magari iniziando da coloro che fanno parte del Parlamento ) ha deciso per questo suo lavoro di chiedere ad ogni personaggio quale sia lo ‘spirito’ che ha ispirato il percorso intrapreso nel cammino della vita. Capello ha indicato in Ernest Hemingway colui che lo ha sempre ispirato ( forse affascinato ), ma non sembra la risposta di un giocatore che ha vinto tre scudetti con la Juventus e uno con il Milan e che ha fatto sempre della regolarità sportiva e di vita una bandiera. Forse l’unica affinità deriva dal fatto che il premio Nobel per la letteratura del 1954 iniziò ad essere un provetto cacciatore da giovanissimo e Capello non ha mai fatto mistero di amare lo sport venatorio. Potrei anche dire che l’autore di «Addio alle armi» si è maritato 4 volte e non è andato a ritirare a Stoccolma il Nobel, mentre don Fabio si è sposato una sola volta e sarebbe andato a piedi a ritirare un premio. Capello è sempre stato oculatissimo nel difendere il suo patrimonio e nel far rispettare i contratti a differenza dello scrittore amico di Ezra Pound che ha sempre dovuto tribolare per ‘far suonare la sua campana’. L’ex allenatore della nazionale di calcio della Russia afferma di essersi innamorato della prosa dello scrittore nato a Oak Park leggendo « Verdi colline d’Africa» e avvalora questa affermazione quando, ad una precisa domanda di Giannella su quale squadra porti nel cuore, risponde : Spal. Non una risposta da ‘ vecchio lupo di mare ’, ma da uomo abituato a stare « Di là dal fiume e tra gli alberi».

La mia imparzialità è nota per cui mi occuperò anche di Urbano Cairo che nel suo nome e cognome non ha nessuna elle, tantomeno nel Torino, squadra di cui è presidente ’amatissimo’, ma scavando scavando viene alla luce che è nato in un pesino vicino Alessandria e poi un lustro fa ha rilevato La7, trasformandolo in ambito gioiello. Cairo si lascia guidare da Napoleone e questo dimostra quando i suoi programmi e ambizioni non abbiano limiti, ma io mi permetto di ricordare all’uomo che ha strappato Giletti alla Rai tre pensieri di Napoleone sui libri, la fortuna e l’amicizia : « Si scrive molto; io vorrei meno libri e più buon senso», « La fortuna è legata agli avvenimenti, la felicità agli affetti» e « L’uomo non ha amici; è la sua fortuna che ne ha ». Mi sia concessa anche una piccola obiezione sul decalogo che il presidente ha regalato ai suoi collaboratori : tutto perfetto…qualche dubbio sulla voce numero dieci :« Agisci con onesta e lealtà». Sulle lealtà nulla da eccepire, sull’onestà ricordo una frase che mi disse un imprenditore del Nord : «…se non è elastica l’onestà, sei ‘fottuto’…». Chiaramente non mi passa per la testa di pensare che Cairo, fattosi le ossa in Mondadori, abbia imparato a navigare bene in ogni ‘tormenta’ in quella mostruosa Vespucci che è il blasonato gruppo editoriale. Ai lettori regalo due pensieri - i famosi voli pindarici richiesti dal direttore - che non condivido ma ritengo possano aiutare a pensare e magari far riflettere su come si possa dire la stessa cosa partendo da opposti punti di vista : « A molti non mancano che i denari, per essere onesti » (Dossi) e « Non di rado l’onestà è fatta d’occasioni mancate di disonestà» (Gervaso).

Michele Mirabella, il famoso professore di Elisir, si presenta con una frase che pensavo fosse di Livalca ed invece scopro essere di Antonio Gramsci : « La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere», chiaramente parole diverse e concetto identico….forse anche espresso da Cicerone in secoli lontani. Anch’io tutte le volte che sono passato con le mie figlie da Turi ho indicato loro il carcere che vide l’uomo, nato ad Ales (Oristano) quarto di sette figli, subire una perfida detenzione che minerà una salute già cagionevole. Mirabella riferisce a Giannella uno scritto di Gramsci che colpisce la burocrazia con un secolo di anticipo :« Un usciere del ministero della Pubblica istruzione è stato arrestato perché faceva sparire dai tavoli degli impiegati le pratiche voluminose per venderle come carta straccia e ricavarne qualche guadagno in questi tempi di caro viveri e di carissima carta. Egli avrà il destino dei geni incompresi. Sarà processato, condannato e perderà il posto. Eppure se la giustizia fosse meno burocratizzata quell’ignoto dovrebbe essere assolto ed esaltato».

Del regista, attore, conduttore, giornalista, nativo di Bitonto, mi ha colpito la motivazione ‘poetica’ con cui lasciò gli studi di Giurisprudenza per quelli di Lettere… seguire la visione di una «ragazza dalla treccia bionda». Io quella ragazza, dopo un breve pedinamento e fidanzamento l’ho sposata e oggi, dopo due figlie, siamo nonni del piccolo Mariolino, che non è Mario Cavalli, ma Zurlo... mio padre era un uomo pratico e sono sicuro che sarà ugualmente ‘contento’…un poco meno dei figli… Piccola annotazione : Giorgio Aldini, con cui entrai in contatto tramite Antonio Rossano, in lunghe telefonate mattutine spesso tesseva le lodi di un certo Michele e della sua capacità di adattamento e di quella meravigliosa esperienza teatrale del Cut Bari. Più linguaggio pindarico di questo cari lettori e vi risparmio ardite metafore in modo che il direttore Ferri mi consenta di tornare in seguito su questi maestri.

Di Renzo Arbore e Lino Banfi, noi pugliesi, sappiamo tutto, ma leggendo le pagine loro dedicate da Giannella scopriamo che il primo aveva una cotta, ricambiata, per Enzo Biagi ( ‘Il fatto’ di Biagi si è classificato al primo posto fra i migliori programmi di sempre della Rai, al secondo posto ‘L’altra domenica’ del fondatore dell’Orchestra italiana) e che ebbe la strada spianata da una delle celebri frasi-verità di Padre Pio : «Faccia quello che vuole», mentre Zagaria Pasquale, in arte Lino Banfi, fu ispirato da Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, in una parola Totò.

Alberto Angela - il figlio di quel Piero immortalato in foto con Salvatore Giannella - mi ha ‘ingolosito’ scegliendo l’imperatore Traiano come punto di riferimento : una figura oggi attualissima per gli intenti che ispirarono la sua idea di comando; un uomo che si era fatto da solo e che deve tutto alla lungimiranza di Cocceio Nerva ( 96-98) che ebbe il coraggio di sceglierlo come successore. Lo spagnolo Traiano non tradì mai le leggi di Roma perpetuate nella Colonna che tutto il mondo conosce e, ancor oggi, viene ad ammirare. Come sentenziò un nobile indiano rimasto sconosciuto : avere un nome per cognome significa ‘nato per essere tra la gente’… Piero Angela, Alberto Angela, Pino Bruno ecc. ecc ( Per la cronaca sono in grado di ricordare a memoria tutti gli imperatori, con le relativa date in cui hanno regnato, dalla morte di Augusto in poi).

Voglio chiudere questo intervento ricordando due eccezionali novantenni : Piero Angela, splendido pianista in procinto, forse, di intraprendere una carriera da concertista, e Sergio Zavoli che ha l’onore di chiudere questo volume di Giannella. Salvatore ci mette al corrente di una notizia che in pochi sanno : Zavoli lo scorso anno ha sposato, in seconde nozze, la giornalista Alessandra Chello, di quasi mezzo secolo più giovane di lui. Fu Enzo Biagi che in televisione, a chi gli faceva notare che era giunto il momento di considerarsi anziano, rispose lucidamente : « La vecchiaia si vede soprattutto negli altri». Sergio Zavoli con il suo « Processo alla tappa» mandato in onda al termine di ogni gara ciclistica del Giro d’Italia ha dato visibilità a degli atleti comprimari, i cosiddetti gregari, che avevano i loro cinque minuti di popolarità per la gioia dei loro parenti ed amici ( parliamo di un periodo che va dal 1962 al 1969). Ancora oggi le mie orecchie sentono la voce di Zavoli dire delle cose in apparenza retoriche, me che erano la vita e i sacrifici di ragazzi destinati all’anonimato. Vito Taccone, il camoscio d’Abruzzo, fu uno dei più popolari interpreti di quel periodo pioneristico, in cui vi era tanto professionismo e mezzi che oggi farebbero sorridere.

Pochi minuti fa il mio amico Vito Buono, uno dei pochi baresi che non solo non tifa Bari ma che non ama il calcio, mi ha regalato, in dialetto che lui conosce bene essendone cultore, una frase che traduco perché il direttore, giustamente, afferma che abbiamo lettori in tutto lo stivale : «…devi fare la fine del Bari, in serie D devi finire, altro che scudetto…» Caro Vito non so se si tratti di un pronostico, premonizione, profezia - mi rifiuto pensare sia un augurio - o altro, ma comunque vada una pagina di Storia è stata scritta, non saremo Maestri, ma allievi scrupolosi si : non fosse altro per rendere giustizia a quelle due elle.

1 Commenti

  1. Geniale la trovata delle due elle (e intrigante anche il testo della recensione). Bravo, mister Livalca...

    RispondiElimina
Nuova Vecchia

Modulo di contatto