Saggi: ''Perché lo diciamo noi'', non loro


di FRANCESCO GRECO - Lo sapevate che la Rivoluzione americana scoppiò perché il governo britannico rivendicava il diritto di violare la privacy, entrando nelle case e nelle vite dei coloni americani?

Corsi e ricorsi, due secoli dopo, ogni clic del nostro mouse può inviare in un database in un deserto sperduto nel cuore dell’America i nostri dati sensibili. Come sostiene Edward J. Snowden (“il criminale più ricercato del mondo”), le parti si sono invertite e adesso è “il Colosso” a voler sapere degli altri popoli, statisti in primis, magari usando “la clava”.

Peccato che ciò contrasti radicalmente con quello che è scritto sulla Carta dei Diritti della Costituzione, evidentemente consegnata all’oblio.

Perché, quando chi detiene il potere non rispetta le sue stesse leggi, i cittadini si sentono moralmente autorizzati a fare altrettanto, e il mondo entra così in un tunnel dove vigono le leggi della foresta, una cupio dissolvi che apre le nostre sorti a ogni opzione, inclusa la più fosca.

Ovviamente, si impicciano delle nostre mail e cellulari per una questione di sicurezza e di difesa “contro i nemici”.

“Sicurezza per chi? Difesa contro quali nemici?”, si chiede Noam Chomsky in “Perché lo diciamo noi”, Piano B edizioni, Prato 2017, pp. 228, euro 14, bella traduzione di Andrea Roveda.

35 piccoli, illuminanti “saggi”, da leggere d’un fiato, scritti fra 2011 e 2015 da un intellettuale americano fuori dal coro, non embedded, che offrono una lettura “altra” del reale, “visioni” analitiche che il conformismo dei media, celato sotto il motto del N. Y. Times (“Tutte le notizie che valga la pena stampare”) relativizza, come se Chomsky fosse una sorta di apocalittico mai integrato, una noiosa Cassandra paranoica di cui però le èlite e l’establishment (i “Padroni del Genere Umano” che inventano le armi chimiche di Saddam e uccidono Patrice Lumumba, Repubblica Democratica del Congo, ex Congo belga) farebbero volentieri a meno, inclusa la sua teoria “de-americanizzare il mondo”.

Il titolo del saggio è riferito al potere arrogante, che pretende di essere creduto perché parla ex cathedra. Fra le righe di questo saggio che tocca tematiche affrontate dai media negli ultimi anni (dalla dottrina-Monroe all’Iran minaccioso, dalla dottrina-Truman all’Ucraina alla dottrina-Obama), occupandosi di “non persone” e di “non storia”, Chomsky il borderline ci dice che per coltivare una piccola, esile speranza, i popoli devono responsabilizzarsi, autovalorizzarsi, riprendersi ogni delega e gestirla in proprio.

E quindi il titolo va interpretato all’incontrario: perché lo diciamo noi base della piramide, “non persone” che vogliono essere protagoniste della Storia, costrette a responsabilizzarsi rispetto ai loro destini e a quelli del mondo.

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