Banche, Matarrese: "La riforma del credito cooperativo necessita di modifiche"

BARI - La riforma del Credito Cooperativo Italiano, di cui alla Legge n. 42/2016 e delle modifiche apportate con il D.L. n. 91/2018, merita una attenta riflessione soprattutto per l’impatto che potrebbe avere sul tessuto produttivo meridionale. Così in una nota Salvatore Matarrese, Presidente Osservatorio Banche - Imprese.

Il sistema del Credito Cooperativo in Italia - prosegue Matarrese - rappresenta circa il 53% delle banche operanti con più di 4.200 sportelli attivi (pari a più del 15% del totale degli sportelli bancari italiani) presenti in 2.650 comuni. Nel Mezzogiorno d’Italia sono 82 le Banche di Credito Cooperativo presenti con circa 650 sportelli e garantendo l’accesso al credito in aree che altrimenti ne sarebbero sprovviste.
L’obiettivo condivisibile della citata riforma è consolidare il sistema; tuttavia rischia di produrre effetti negativi nel Mezzogiorno, la cui economia è basata su piccole e medie imprese, che trovano nelle Banche di Credito Cooperative e nelle Banche Popolari locali un riferimento creditizio immediato, basato spesso su rapporti consolidati. Infatti queste banche hanno storicamente un forte radicamento territoriale e si contraddistinguono per una approfondita conoscenza delle realtà economiche ed imprenditoriali locali. I dati ufficiali che evidenziano performance migliori in termini di concessione del credito (gli impieghi economici delle Banche di Credito Cooperativo nei primi tre mesi del 2018 hanno registrato un incremento dello 0,7% a fronte di una diminuzione dell’1,8% registrata nell’industria bancaria complessiva), riprovano questa realtà. Inoltre, il 95% degli impieghi delle Banche di Credito Cooperativo viene erogato nella stessa area di competenza dove avviene la raccolta. Assicurare che le risorse restino laddove sono raccolte significa che, nell’ambito della riforma, è necessario tener conto di queste considerazioni per la definizione del Patto di Coesione tra Capogruppo e le varie Banche di Credito Cooperativo, affinché sia consentito a quest’ultime di continuare a dare risposte efficaci e funzionali alle esigenze dei territori di competenza. È quindi necessario incidere sui poteri attribuiti alle holding che dovrebbero garantire autonomia decisionale alle Banche di Credito Cooperativo locali, limitando la propria attività all’indirizzo e controllo. È necessario prevedere un riequilibrio della governance all’interno del gruppo che, al momento, favorisce per oggettive differenze economiche le realtà del Centro e Nord Italia.
Una rivisitazione importante della riforma e delle finalità, che restano condivisibili, è necessaria per scongiurare una ulteriore concentrazione del sistema creditizio al Nord e quindi sempre più lontano dalle realtà medio piccole che caratterizzano il sistema imprenditoriale del Mezzogiorno.
Infatti lo smantellamento del sistema bancario meridionale, avvenuto negli anni ’90, ha già fortemente indebolito il sostegno bancario alle piccole e medie imprese. Un sistema creditizio estraneo alla clientela locale si è mostrato non idoneo a finanziare lo sviluppo locale.
Il divario economico sempre più profondo fra i territori richiederebbe che con urgenza fossero adottate importanti azioni volte a favorire in modo strutturale la crescita economica agendo anche sul sistema bancario e sul mercato del credito proprio come politica di intervento del Mezzogiorno.
La riforma del credito popolare e cooperativo, così come disegnata, rischia invece di privare ulteriormente il Mezzogiorno di banche votate al credito ed allo sviluppo del territorio.
Il riequilibrio della storica sperequazione economica e sociale tra Nord e Sud d’Italia passa quindi anche tramite questa necessaria rivisitazione della riforma del credito cooperativo. Su questa necessità è auspicabile che la rappresentanza politica e datoriale meridionale venga a trovarsi compatta, conclude Matarrese.

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto