La tessera annonaria e il calmiere


di VITTORIO POLITO - Il termine ‘annona’ presso i Romani significava il raccolto dell’anno, termine che già allora assunse un significato più preciso, e cioè all'incirca quello che ha tuttora, di vettovaglie raccolte, o distribuite, a cura dello stato o di altri enti pubblici in straordinari momenti di crisi.

In ogni tempo, qualsiasi governo, qualunque sia stata la sua costituzione, ha attribuito grande importanza al mantenimento dell’ordine pubblico, specialmente in coincidenza di guerre, cataclismi naturali, epidemie, crisi, ecc. Insomma in circostanze che facilmente conducono a perturbamenti dell’ordine e a sconvolgimenti sociali che influiscono soprattutto con la mancanza di risorse alimentari. Le carestie hanno, in ogni tempo, costituito causa di preoccupazione per gli amministratori della politica annonaria.

Nell’età contemporanea in Italia il termine ‘Annona’ è la denominazione di certi Assessorati comunali, che avevano il compito di assicurare gli approvvigionamenti ai cittadini, mentre ora è riferita al controllo delle licenze commerciali, alla vigilanza sui prezzi e sulla qualità dei prodotti. Durante periodi eccezionali, come quello della guerra, aveva assunto il delicato compito del tesseramento alimentare: un complesso sistema che assicurava la distribuzione di beni alimentari e di prima necessità.

La tessera annonaria era un documento nominale, completa di bollini, che veniva assegnata in periodo bellico ad ogni cittadino per ottenere i viveri previsti dal razionamento, previa consegna ai negozianti degli stessi bollini, da staccare al momento della ricezione degli alimenti. Detta tessera divenne espressione di uso comune per indicare un prodotto scadente o di infima qualità. Per denigrare qualcosa si diceva infatti: «È peggiore del pane della tessera». Nicola Macina ha voluto anch’egli farci una descrizione di quello che accadeva in quei tempi burrascosi della guerra ricordando con dovizia di particolari, in una sua poesia, fatti e lamenti dei cittadini dell’epoca.

La seconda guerra mondiale influì su tutti gli aspetti della vita civile. Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, i primi sintomi della crisi economica si notarono dalla scarsità di generi alimentari e dall’aumento dei prezzi, che portarono alla costituzione della “carta annonaria”, mentre a livello internazionale cresceva la dipendenza economica dell’Italia dalla Germania. Si trattava di una tessera personale che razionava le quantità di generi alimentari acquistabili in un determinato lasso di tempo. La tessera, nominativa, permetteva appunto, in date prestabilite di recarsi da un fornitore abituale per la prenotazione ed il prelievo di generi alimentari.

Il calmiere, invece, è lo strumento amministrativo che definisce il prezzo massimo di vendita, fissato dalle pubbliche autorità, per il commercio al dettaglio di derrate alimentari e simili. Esso è adottato per contenere gli aumenti di prezzo e per regolamentare l’andamento del mercato per i beni di prima necessità. Storicamente si è ricorso spesso al calmiere, soprattutto in occasione di guerre, crisi economiche e carestie. Queste misure sono state adottate insieme a misure di razionamento, come la tessera annonaria appena ricordata, ma queste iniziative spesso sono state contrastate dagli speculatori, che facevano scomparire dal mercato i beni calmierati per venderli invece al cosiddetto mercato nero o contrabbando (commercio illegale e più o meno clandestino, che si sviluppa quando l’offerta di beni – soprattutto quelli di prima necessità – soddisfa solo una minima parte della domanda o viene sottoposto a calmiere).

Tali provvedimenti hanno sempre lasciato un segno nella popolazione ed i poeti, puntualmente, non si sono fatti sfuggire l’occasione per ricordare in versi, ai posteri, fatti di cronaca, come nel caso di Nicola Macina (1886-1963), che scrisse due poesie sul tema: “La tèssere annonarie” e “U’ Calmijre”.

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