Libri: i fiori di papavero (sckattarùle) di Franca Fabris Angelillo

di VITTORIO POLITO - Adda editore ha pubblicato recentemente il libro di Franca Fabris Angelillo “Le sckattarùle” (fiori di papavero), poesie e storie in dialetto barese con “La pazzia di Orlando”.

Teresa Gentile, giornalista, scrittrice e poetessa, sostiene che “È indubbio che il dialetto possiede una forza espressiva e descrittiva tale che meglio manifesta sentimenti, valori, culture, speranze. I dialetti - in sostanza - sono il linguaggio più autorevole della vera poesia, dell’armonia, della saggezza, della fraternità”.

Da qualche tempo il dialetto è sempre più presente: si parla spesso della sua importanza, della sua nobiltà, dei suoi rapporti con la lingua, di come e quando usarlo, della sua utilità nella comunicazione e, quindi, anche della sua utilità sociale e, perché no, della sua teatralità e della sua musicalità, come ha scritto e dimostrato con esempi concreti Franz Falanga (1933-2018), scrittore e dialettologo.

Molti utilizzano il dialetto solo per raccontare storielle, barzellette, battute o, come sostiene Daniele Giancane, che firma la presentazione, “per il recupero folklorico di usi e costumi, ormai scomparsi o quasi. Ma scrivere poesia è tutt’altro, poiché richiede spessore culturale, larga base di letture e riflessioni, studio delle strutture grammaticali e sintattiche” e “il fatto che la Fabris – contando sul suo spessore letterario e la conoscenza della poesia in dialetto barese, della grammatica e di un vasto vocabolario – è in grado di affrontare diverse tonalità del poetico: il lirismo a tutto campo”, come si può notare in questa raccolta.

Fabris, in questo terzo “viaggio” nel mondo della poesia dialettale barese, presenta, nella prima parte, versi e prose. In questa nuova raccolta sono presenti versi che riflettono il mondo interiore o semplicemente esprimono moti di un’anima che non smette di incantarsi per le sorprese della vita. La seconda parte è dedicata al racconto di personaggi caratteristici di Bari.

E, per concludere, non manca neanche un ricordo di Pasquale Sorrenti (1927-2003), lo scrittore e storico libraio di Bari, che l’autrice descrive con le parole di Vito De Fano: “Ci jè Pasquale? Nu cervjedde fine / e tene a mende tutte u Magazzine, / Tu uè nu libbre rare? Va da cudde, / c’aspjette n’ann’ e mjenze e non’ ha nudde. Però ce u tene dritte, ngap’a n’nanne, / te disce ci u’ha scritte eccome e quanne” (Un cervello fine/che tiene a mente tutto il magazzino. /Tu vuoi un libro raro va’ da lui / aspetti un anno e mezzo e non ha nulla / però se ce l’ha dritto, entro un anno / ti dice chi l’ha scritto e come e quando).

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