Anno giudiziario, Ermini: "No a pressioni pressioni sui magistrati". Stefanì: "Osservare leggi equo compenso"


ROMA - Dura presa di posizione del vicepresidente del Csm David Ermini che nel suo discorso per l'inaugurazione dell'anno giudiziario ad Ancona dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura interviene contro le "indebite pressioni" esercitate sulla magistratura.

"Il rischio di certe reazioni, specie se alimentate a livello istituzionale, è quello di sottoporre a indebite pressioni il lavoro della magistratura, ingenerando l’idea che il diritto andrebbe interpretato alla luce di un supposto comune sentimento del popolo", ha detto Ermini, oggi all'inaugurazione, sottolineando che questa è "un'idea che cammina lungo un crinale scivoloso, intendendo la figura del giudice non come colui che applica la legge ancorandola ai principi generali della Costituzione e dell’ordinamento giuridico, ma piuttosto come il 'sacerdote', se non il semplice portavoce, del giudizio e della volontà popolare".

Il numero due dell'organo di autogoverno delle toghe ha detto di aver "vissuto con profondo disagio alcuni recenti avvenimenti di cronaca", quali la sentenza ad Avellino sulla strage del bus e la cattura di Cesare Battisti: "Difficile negare - ha affermato Ermini - che non vi sia stato qualche intervento strumentale, demagogico o dal sapore propagandistico. Io credo che tutti noi si debba ritrovare parole e comportamenti più misurati e sobri". L’indipendenza e l’autonomia della magistratura "costituiscono valori non negoziabili, che il Consiglio superiore che qui rappresento tutela e tutelerà fino in fondo", ha assicurato Ermini.

STEFANI': "OSSERVARE LEGGI EQUO COMPENSO" - «La legge sull’equo compenso è in vigore dal 2017, tuttavia abbiamo contezza che nel distretto barese grandi clienti come banche, assicurazioni ed enti pubblici violano in diverse occasioni quelle prescrizioni, imponendo convenzioni che prevedono per gli avvocati compensi inferiori tra il 50 ed il 300% rispetto al parametro minimo previsto dalla legge e anche prestazioni gratuite. Peraltro, non mancano casi in cui alcune pubbliche amministrazioni bandiscono gare per aggiudicare incarichi col criterio del massimo ribasso rispetto all’importo posto a base d'asta, generalmente fissato ai minimi tabellari previsti dalla legge. Quello che non si comprende è che una cosa è fare una gara per approvvigionarsi di risme di carta o di un servizio di pulizie, un’altra è richiedere prestazioni professionali fondate sul principio del rapporto fiduciario e della qualità della prestazione». È questo uno dei passaggi chiave del discorso di Giovanni Stefanì, avviato a ricoprire la carica di presidente dell’Ordine degli Avvocati di Bari fino a fine 2022, durante l’inaugurazione dell’Anno giudiziario del distretto di Bari. «La cosa che amareggia in tutto questo è l'atteggiamento degli organi di controllo: prontissimi a intervenire e sanzionare gli avvocati rei di non aver adempiuto a una comunicazione o a un pagamento e distratti quando si tratta di tutelare i diritti della nostra professione. Si dia a Cesare quel che è di Cesare; non chiediamo favori o regalie ma solo che si torni a dare rispetto alla nostra professione».

«A questa mortificazione economica – ha ricordato Stefanì – se ne aggiungono altre a cui l’avvocatura barese è, purtroppo, abituata da tempo: in primis lo stato di degrado in cui versano i tribunali baresi nonostante i milioni di euro stanziati per la loro manutenzione che solo da poco si è iniziato spendere a causa di lungaggini burocratiche. Poi l’annosa questione dell’edilizia giudiziaria per la quale le soluzioni tampone o ponte sono insufficienti essendone necessaria una tempestiva e definitiva con l'accorpamento di tutti gli uffici giudiziari; solazione quanto mai urgente con la chiusura del tribunale di via Nazariantz e il conseguente disagio dei colleghi penalisti, veri globetrotter tra le otto sedi della giustizia penale».

«Infine le carenze di organico di magistrati e personale di cancelleria, in numero ancora insufficiente per gestire in modo efficace la complessa macchina della giurisdizione a livello territoriale e i carichi di lavoro sempre crescenti».


IL DISCORSO DI DECARO ALL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO - Questa mattina il sindaco di bari Antonio Decaro è intervenuto all’inaugurazione dell’anno giudiziario.

“Ringrazio il Presidente della Corte di Appello di Bari, Franco Cassano e il Procuratore Generale, Anna Maria Tosto, per il gradito invito che mi hanno rivolto per partecipare a questa cerimonia

Mentre cercavo le parole per questo discorso, ho pensato a quali fossero quelle più giuste per trasferirvi lo stato d’animo di un sindaco che ha assistito nell’anno appena trascorso, forse il più brutto per la giustizia barese, allo svilimento di quella funzione che io ritengo centrale e fondamentale per la tenuta di una comunità. Tale mia convinzione è ancor più vera e sentita per una città come Bari dove, oggi, grazie alla vostra azione sono sempre più ampie le zone del territorio sottratte al controllo della criminalità organizzata e sono sempre più i cittadini liberi dal giogo del sopruso e della illegalità.

Avreste meritato un monumento e invece vi è stata data una tenda!

Allora mi è venuta in mente una frase di Sant’ Agostino che un altro sindaco prima di me ha utilizzato qualche anno fa in occasione di una tragedia, ad Andria non lontano da Bari: “ La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle.” Lo sdegno è quello che abbiamo provato noi tutti, cittadini e operatori delle istituzioni davanti a quelle tende e a quella situazione che, per chi c’era come noi, sembrava surreale. Il coraggio, è quello, invece, che avete dimostrato voi. Sotto quelle tende c’era un foglietto di carta, attaccato con lo scotch ad una scrivania. C’era scritto la legge è uguale per tutti. E voi lo avete dimostrato, nonostante le difficoltà, nonostante i mesi travagliati che avete affrontato con grande professionalità e con grande dignità non avete mai fatto venir meno la vostra presenza, il vostro lavoro, la vostra azione. Avete indossato la toga sotto una tenda con la calura estiva, con la polvere, con la pioggia, con i piedi nel fango. E mai avete fatto venire meno il senso e l’azione della giustizia nella nostra città.

Io da parte mia, ho cercato di fare quanto nelle mie possibilità, anche assumendomi l’irresponsabilità, come l’ha definita qualcuno, di firmare un’ordinanza per dare il tempo di individuare le soluzioni più congrue ed opportune e nel frattempo evitare la paralisi completa. Questo è stato coraggio? No. Io credo soltanto di aver fatto il mio dovere.

Ma questo fa parte del lavoro dei sindaci che sulla base dell’esperienza hanno l’obbligo di guardare, oltre il contingente, oltre la scadenza del loro mandato, oltre le loro strette competenze, oltre l’annuncio elettorale. Per questo continuerò a battermi perché la soluzione al problema dell’edilizia giudiziaria sia innanzitutto definitiva e poi dignitosa e decorosa sia per la funzione che deve ospitare che per chi ci deve lavorare. Stiamo solo chiedendo quello che ci spetta: Bari merita una sede unica per l’amministrazione della giustizia. Abbiamo lavorato insieme alla conferenza permanente per individuare una area pubblica idonea alla realizzazione di una sede unica e definitiva per la Giustizia. Abbiamo dato la nostra disponibilità in termini di risorse umane ed economiche, la Città metropolitana aha messo a disposizione circa trecento mila euro per la progettazione, abbiamo cercato un’interlocuzione con il ministero, sempre, con chiunque abbia occupato quel ruolo e continueremo a farlo perché siamo convinti che questo sia un nostro diritto e un nostro dovere. Perché se è vero, come diceva un grande studioso francese, che la giustizia non può esistere al di là dei suoi simboli, così come il diritto non può fare a meno delle sue forme, l’istituzione giudiziaria deve avere una sede di lavoro che costituisca un simbolo di legalità. Avere a Bari una giustizia che funziona e che svolge il suo lavoro al meglio delle sue possibilità significa avere una comunità che cresce libera, civile, e unita.

Significa avere una comunità che si prende cura di se stessa e che riconosce il valore di uno sbaglio, l’importanza di una denuncia e soprattutto il senso della pena. Anche su questo è nostro dovere dire parole chiare che però non siano parole “cattive” perché una comunità cresce se si recuperano le parole: cura, ricucitura, stare insieme, opportunità.

Qualche giorno fa, il giorno dell’epifania sono stato nell’istituto di detenzione minorile di Bari per la consegna delle tute ai ragazzi. Un dono che l’amministrazione comunale fa in occasione delle feste. Con quei ragazzi, ci siamo fermati a parlare come facciamo sempre.

Ho chiesto loro l'età, la provenienza, che cosa avessero fatto per essere lì.

Mentre discutevamo, uno sguardo ha catturato la mia attenzione. Ho notato qualcosa in quegli occhi che mi sembravano familiari e mi sono accorto che era proprio lui. Il ragazzo arrestato un anno fa per un'estorsione. Era il ragazzo denunciato per aver tentato di estorcere dei soldi all’impresa che aveva allestito il grande albero di Natale in piazza Ferrarese. A quel ragazzo ho chiesto se mi avesse riconosciuto e se sapeva che ero stato io a convincere l’impresa a denunciare quella estorsione. Lui mi ha risposto di si e io gli ho chiesto: E non ce l’hai con me? No, mi ha risposto, lei ha fatto quello che doveva fare.

Questa risposta mi ha raggelato. Perché è stato proprio così, denunciare quel ragazzo era quello che dovevo fare, era il mio dovere. Ma realizzare di essere stato il responsabile della reclusione di un ragazzo che potrebbe avere l’età di mia figlia, mi ha fatto sentire il cuore pesante.

Quel giorno ho dato un volto a quel nome, uno sguardo, un corpo da uomo, troppo da uomo, per un ragazzo di quell'età. Perché l’età di quel ragazzo è quella in cui, quando si sbaglia, non è mai soltanto colpa tua. È anche colpa nostra. Non solo della famiglia ma anche del sindaco, della scuola, della comunità in cui sei cresciuto.

Spero che dopo lo sdegno da parte di tutti noi per l'estorsione all' albero di Natale ci sia il coraggio da parte nostra di capire che è anche colpa nostra e che è compito nostro aiutare qual ragazzo e tutti i ragazzi che sbagliano a rimettersi in gioco.

Oggi la vita di quel ragazzo è chiusa tra quelle quattro mura, ha già perso un anno di amici, affetti, di lavoro. È nostro dovere lottare contro chi pensa che il destino di quel ragazzo sia segnato solo per via di un cognome o del quartiere dove è cresciuto.

In cuor mio spero che quella denuncia, che mi pesa così tanto, segni per lui l’inizio di una vita diversa da quella che è stata fino ad oggi e mi auguro che insieme riusciremo a prenderci cura anche degli altri dieci, cento ragazzi che purtroppo sono a rischio.

A loro io vorrei parlare del senso della Giustizia, del vostro lavoro, delle regole da rispettare ma anche della vita e delle opportunità che possiamo crearci”.

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