Dal nostro inviato alla guerra di Troia


di FRANCESCO GRECO - “Guardando Priamo capì che tutti gli esseri umani, amici e nemici, sono legati alla grande ruota del destino”. Il mito, tutto è nel mito. Esso è immortale. La sua potenza dialettica, la ricchezza semantica, la forza dirompente si apre un varco nel tempo per giungere immutata sino a noi.
 
“Alcuni alberi ne ombreggiavano la tomba. Si diceva che crescessero orgogliosi fin quando dalle loro cime si poteva scorgere Troia…”. Eroi e dèi in bella prossimità, promiscuità: gli uni legati ontologicamente agli altri. E viceversa.
 
“Una volta estintosi il fuoco della pira e raccolte le ceneri di Patroclo in un’urna, si dette inizio ai giochi atletici in suo onore”. Omero il misterioso capì il bisogno di mito e di immortalità nell’uomo e raccolse dall’affabulazione popolare le loro gesta, passioni, capricci, vendette, finzioni.

Dalla teogonia di Esiodo alle guerre dove gli eroi mostrano il loro coraggio, onore e virtù. “Prima che la flotta sbarcasse a Troia, avvenne un altro fatto inquietante…”.
 
Perché uomini e dèi sono speculari come nello stagno dove si specchia Narciso. L’oracolo di Delfi (del dio Apollo) non intreccia indissolubilmente nel fato i loro destini, nel bene e ne male? “Sul corpo di Achille si accese una mischia furibonda, finché i Greci riuscirono a portare i cadaveri alle navi”.
 
Contaminando tutti i livelli dello storytelling: poesia, prosa, pittura (anche vascolare), scultura (manca solo la musica), con la ricchezza filologica derivante da una frequentazione  col mito che risale all’infanzia (un regalo di Natale), Giulio Guidorizzi offre una prospettiva originale di una delle guerre più raccontate in tre millenni, montate e smontate sotto ogni aspetto (militare, psicanalitico, antropologico, ecc.) e più semanticamente affollata: la guerra di Troia. Dove, forse, inizia a prender corpo il nostro dna identitario, culturale, antropologico, sociale, contribuendo a cesellare e definire – anche inconsciamente - quel che oggi è il nostro immaginario.

Non è difficile intravedere in quel mondo, le sue dinamiche, sovrapposizioni, fra élite e popolo, i topoi della nostra civiltà, i personaggi trasfigurati in archetipi (il cinema Usa lo aveva compreso e reso nel film “Il gladiatore”).
 
“Il grande racconto della guerra di Troia”, il Mulino, Bologna 2018, pp. 416, euro 48, 00 (cover design Vanessa Pasquali), è un’opera sublime, superba, commovente, che ti porta sul fronte, sul campo di battaglia dove scorre il sangue facendotene annusare l’odore, ma anche nelle corti, nelle diplomazie, nei talami dove gli eroi si accoppiano e procreano, nell’epos e l’etos, nell’Ade e nell’Olimpo.
 
I nostri eroi dell’infanzia rivivono tutti, protagonisti e comparse, re e principi, regine e ninfe: da Achille a Ettore, da Agamennone a Paride, da Andromaca alle Amazzoni prive di un seno per meglio impugnare l’arco… Un’opera possente, sorprendente, monumentale.
 
E come per lo storico (che ha insegnato Letteratura Greca e Antropologia del mondo antico all’ateneo torinese), anche noi potremo veder entrare dalla porta Elena (con la figlioletta Ermione), Pentesilea che vive il suo amore mentre agonizza sorretta da Achille, magari il dio Apollo che ci dona l’oracolo, senza alcuna intermediazione, bypassando Delfi…
 
In un tempo di omuncoli senza orgoglio né dignità, cialtroni e avventurieri d’ogni risma, senza parola, onore, virtù, anni in cui la bruttezza trasfigurata in valore si eleva a oscurare la bellezza, che pure balugina in noi e nelle nostre vite, le pubblicazioni che fanno rivivere il passato si moltiplicano. Sarà un caso?   

Posta un commento

Nuova Vecchia

Modulo di contatto