Libri: Novoli e 'Le Gioie di sant’Antonio Abate'

di FRANCESCO GRECO - NOVOLI (Le) – "Non aveva maniere rozze, quest’uomo, che fino alla vecchiaia viveva sul monte, / ma era piacevole, era arguto e la sua parola era condita di sale divino, / non invidiava nessuno, / ma aveva gioia per tutti coloro che andavano da lui" (Athanasius, “Vita Antoni”, IV secolo).
 
Ecco un Santo popolare e moderno, polisemico, amato e venerato da folle sconfinate, sospese fra Italia e Spagna (Catalogna, Aragona, Terragona).

Da secoli, ogni anno, nel cuore dell’inverno (16 gennaio), accorrono a Novoli (Terra d’Otranto, a due passi da Lecce) a scaldarsi al suo fuoco acceso da migliaia di fascine di tralci di vite, a purificarsi corpo e spirito, arricchirsi di dolce energia universale per affrontare l’avventura della vita con nuova linfa. Un rito emozionante, ricco di contaminazioni, che affratella popoli, etnie, credi religiosi, impossibile da descrivere: occorre solo andare a Novoli, visitare la sua chiesa, scaldarsi alla sua “focara”..

E’ Sant’Antonio abate, nemico del demonio tentatore, padrone del fuoco, protettore <<degli animali domestici, del bestiame, del lavoro dei contadini e dei mestieri rurali affini o derivati (macellai, fornai, pizzicagnoli, salumieri, tosatori, canestrai… taumaturgo e guaritore delle malattie della pelle, come l’herpes zoster, detto anche “fuoco di Sant’Antonio” o “fiamme di Satana”, Elsa Martinelli)>>, capace di dispensare “grazie celesti” a noialtri ectoplasmi, plancton sperduto nel cosmo insonne del terzo millennio e ai nostri amici animali: da lavoro, compagnia, guardia, cortile: tutte le bestie insomma che vivono in sintonia con noi dandoci affetto in cambio di qualche briciola di pane.
 
Anacoreta e, come già detto, taumaturgo della Tebaide, il Santo visse nel deserto dell’Egitto e vi morì nel 356 d. C. Il suo culto attraversa i secoli e giunge immutato e denso di dialettica e messaggi sino a noi per darci un input assai attuale: fra noi uomini e coi nostri amici animali possiamo, dobbiamo convivere in un neo-umanesimo da rivitalizzare nella semantica e rilanciare nel tempo che abbiamo davanti, se vogliamo vivere in armonia col cosmo.

Questa edizione della festa ha riservato una bella e colorata sorpresa ai devoti accorsi da tutto il mondo a filmare con i tablet la sua “focara”: una deliziosa pubblicazione densa di parole, immagini, preghiere, canti, poesie: affabulazioni che le nuove generazioni ignorano.     
 
“Le Gioie di sant’Antonio abate” (Una manciata di componimenti religiosi tra la fine del XVIII e l’inizio del XX secolo), a cura di Mario Rossi (che ha allestito anche la mostra), Il Parametro Editore, Novoli 2019, pp. 96, s.i.p., (Cover: cofanetto medievale contenente immaginette sacre), di Elsa Martinelli, Maria Cristina Calabrese e Piergiuseppe De Matteis (Associazione Culturale “Il Parametro”), patrocini: Università del Salento, Accademia di Belle Arti (Lecce), Comune di Novoli, Conservatorio di Musica “Tito Schipa” (Lecce). Collaborazioni: don Stefano Spedicato, Alfredo Calabrese, Cosimo Casarano, Sandra De Luca, Giuseppe Guglielmi, Lorella Ingrosso, Gianluca Legittimo, Michele Mainardi, Giorgio Perrone, Bruno Piccinno, Massimo Rossi, Andrea Tondo, Azienda Florovivaistica “Fata Bianca”, Plot Service di Campi Salentina. E, aggiungiamo noi, ospiti della civilissima città di Novoli, di tutti i cittadini entusiasti del “loro” Santo e della “loro” festa.   

“Sant’Antonie a lu deserte/ se cucinave le tajuline,/ Satanasse pé dispette/ je frechette le furcine. / Sant’Antonie nun s’è ‘ncagne/ e cu le mane se li magne”.
 
Quest’anno non è stato facile, stante a Novoli una crisi amministrativa che porterà a elezioni anticipate. Ma il commissario straordinario Paola Mauro si è prodigata senza requie e nessuno si è accorto dell’impasse (lei stessa nell’introduzione riconosce giustamente i meriti alla città che si è impegnata per la buona riuscita della festa e della “focara” (altezza 25 metri, diametro 20), per non deludere le magliaia di turisti che arrivano ogni anno per venerare il Santo che l’iconografia ufficiale ritrae (spiega in prefazione il prof. Mario Spedicato) con un bastone a forma di tau (ultima lettera dell’alfabeto ebraico) e un roseo e paffuto maialetto (“egli è capace di rendere puro da ogni male perfino il più impuro tra gli esseri viventi”).   

Segue il resoconto di un’emozionante e documentata ricerca della prof. Martinelli (un’eccellenza che tutta Europa ci invidia) dal titolo: “Del Dimoni Vencedor” (Sant’Antonio Abate nei canti devozionali (testi e musiche quasi tutti anonimi) della Catalogna: Girona, Lleida, Barcellona, Castellò, València, Castellò de la Plana, Mallorca, ecc., alcune addirittura prive di luogo di provenienza), che sono, appunto, le “gioie”, o “lodi”, o “goigs populares”, o le “Sette Allegrezze” della Vergine Maria: Annunciazione, Nascita di Gesù Cristo, Adorazione dei Re, Risurrezione, Ascensione, Discesa dello Spirito Santo, Assunzione che, spiega la grande studiosa docente al Conservatorio leccese, “intonati in onore di Sant’Antonio Abate presso eremi, cappelle rurali e chiese della Catalogna, in ambiti paraliturgici”.
 
“Chi siede nel deserto per vivere nella quiete con Dio/ è liberato da tre guerre:/ quella dell’udire, quella del parlare e quella del vedere/. Gliene rimane una sola: quella del cuore./ Sant’Antonio abate”.
 
Il libro, ch’è già un cult (custodiremo gelosamente la copia che gentilmente ci è stata donata, grazie!), attorno allo stupendo saggio della prof. leccese intreccia altri due interventi deliziosi: Maria Cristina Calabrese, “Le Gioie di sant’Antonio abate. Storia e iconografia della tradizione devozionale catalana” e Piergiuseppe De Matteis, “Sant’Antonio abate nella Letteratura e nella Musica”.

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