David Parenzo: «In futuro mi piacerebbe condurre un programma che unisca leggerezza e rigore giornalistico»

di NICOLA RICCHITELLI – Ho conosciuto l’ospite di quest’oggi una decina di anni fa durante uno zapping radiofonico, mi ci trovai sintonizzato sulla frequenza 106.3 – qui in Puglia la stazione di Radio 24, la radio di Confindustria – durante lo svolgimento di una trasmissione che forse non ha bisogno di presentazioni, “La Zanzara”.

Accanto a quel genio che di nome fa Giuseppe Cruciani, c’era lui, pronipote di un garibaldino – nonché senatore del regno, Cesare Parenzo – con il suo fardello pesante di quasi vent’anni di giornalismo nonostante la sua giovane età.

Lui è il giornalista David Parenzo, co-conduttore tutti i giorni – assieme al già citato Beppe Cruciani in onda in diretta dagli studi di Radio 24 in via Monte Rosa 91 a Milano dal lunedì al venerdì dalle 18.30 alle 21 – del programma e conduttore di diversi programmi televisivi – tra cui “In Onda” su La7, assieme a Luca Telese – ma non dilunghiamoci oltre, “zanzarosi” e non, godetevi le parole del buon David Parenzo.
   
D: David, io farei partire questa chiacchierata da una nave che si chiama Sea Watch – ma che potrebbe anche chiamarsi Diciotti – e nella fattispecie vorrei chiederti cosa quella nave ha rappresentato e che peso ha avuto per la politica italiana, oltre che le per le nostre coscienze?
R:«Oltre che per le nostre coscienze, la nave rappresenta il fallimento globale, ma anche il trionfo dell’egoismo dell’Italia Nazione, ed è l’esatto contrario del concetto di Unione europea e della gestione di un fenomeno che è epocale. Di fatto, il Governo Cinque Stelle – Lega ha perso una grande occasione per dimostrare cosa vuol dire passare dalla propaganda, al governo di un fenomeno. Nel merito, non si può tenere in ostaggio una nave – è non è la prima volta che ciò accade, infatti stiamo al terzo episodio – e poi dopo una settimana - dove abbiamo persone che si trovano in mezzo al mare, e non perché si trovano in una crociera o in un viaggio di piacere - dopo giorni di trattative e quant’altro, vengono sistemati in diversi paesi europei, tra cui anche l’Italia. Diciamo che è un evidente siparietto che serve più al Ministro dell’Interno, che si traveste da poliziotto, o forse è meglio dire che si traveste letteralmente da poliziotto, perché lui oramai non si veste più con giacca e cravatta, ma si veste con la divisa della Polizia… ad ogni modo tu nella domanda hai parlato di coscienza, ma qui non è un fatto di coscienza. Quando proviamo a difendere il principio che queste persone devono sbarcare non lo facciamo perché, come spesso accade, veniamo tacciati di buonismo o di essere radical chic. Io non sono per niente buonista, anzi sono cattivissimo, e né tanto meno mi ritengo un radical chic, ma ho semplicemente delle posizioni radicali su come alcune questioni andrebbero risolte, e dico che difendere il diritto di quelle persone a sbarcare vuol dire difendere un'idea di Europa – e del nostro Paese -  che io ho, e che è radicalmente diversa da quella che hanno altre persone. Difendere il loro diritto significa difendere noi stessi, significa non abiurare al nostro sistema giuridico di garanzie, ed è un sistema che ci deve rendere orgogliosi, dobbiamo essere orgogliosi che il nostro Paese ha aderito alla Convenzione di Ginevra, ha stipulato convenzioni internazionali per lo cui non si dovrebbero lasciare persone in mare, noi dobbiamo difendere, tanto per usare una parola che piace tanto ai sovranisti, la nostra civiltà, e quando molti parlano di difendere la nostra civiltà e i nostri diritti fanno esattamente il contrario; noi accogliendo queste persone difendiamo la nostra civiltà».

Che peso hanno avuto le politiche dell’accoglienza fin qui adottate dai procedenti Governi? 
R:«La colpa non è della gente, la colpa non è dell’elettorato, ma è sicuramente di una certa classe politica. Poi alcune questioni sono state forse esasperate ad arte, non voglio dire pompate, però è vero che c’è stata una gestione – almeno secondo me, fino all’arrivo di Minniti – molto opaca, e soprattutto poco efficace del fenomeno dell’accoglienza. Però va detto che negli anni passati ci sono stati molti più sbarchi, e non perché c’erano più buonisti; nel senso, prima non ne arrivavano di più perché sapevano che potevano arrivare: la gente quando scappa, scappa. Quegli esodi che abbiamo visto negli anni passati sono dovuti anche al fatto che in quella fase storica c’era – in alcuni paesi dell’Africa – una situazione di instabilità molto superiore a quella di oggi, la stessa Libia – non che oggi sia un paese stabile – di cinque anni fa, non è quella di oggi. Io non penso che il Ministro Salvini, con la sua divisa da poliziotto, abbia disincentivato l’arrivo delle persone: se uno deve scappare dalla guerra scappa, sicuramente non si ferma dinanzi al fatto che in Italia c’è un Ministro che si mette la divisa da poliziotto. E' un po’ una rappresentazione farsesca che il governo cerca di dare, tant’è che la strategia del blocca la nave e poi vediamo ha portato semplicemente al fatto che dopo un lungo tempo alla fine sono sbarcati, e sono sbarcati pure in Italia. Però non nego che ci sono responsabilità da parte di altri Stati europei, attenti non dell’Europa, ma dell’egoismo di certi Governi dei stati nazione, e la cosa è molto diversa».

Quale la tua opinione su questo Governo del cambiamento?
R:«Guarda, la parola cambiamento non è una brutta parola, anzi, è giusto che ci sia una alternanza, il fatto che ci siano idee diverse è una cosa sana. Certo è che questa nuova maggioranza non è una maggioranza votata dagli italiani, non è un Governo votato dagli italiani, è vero semmai che c’è stato un voto degli italiani, che ha votato Cinque Stelle, ha votato Lega, però gli italiani non hanno votato per un Governo Cinquestelle – Lega. Dopodiché, le due maggiori forze che hanno ricevuto maggior consenso – ma che in campagna elettorale si sono sfidate – hanno fatto un accordo come nella migliore prima Repubblica, in cui c’era il sistema proporzionale, quindi hanno fatto un accordo, e da questo accordo hanno buttato giù un programma e quindi un Governo, tutto legittimo, non lo sto criticando. Io lo sto semplicemente ricostruendo. Alla fine il premier Conte non era neanche nell’embrione della mente degli italiani. Però circa questo cambiamento devo dire che ci sono cose che credo siano giuste che vengano fatte, vedi il reddito di cittadinanza, non sono contrario al fatto che chi ha bisogno venga aiutato, dico però che è giusta la critica dell’Europa, che attenti non critica la misura in sé, ma critica il fatto che questa venga adottata a debito. L’Europa non ti dice cosa non devi fare, ogni Stato è libero di adottare la sua politica fiscale, economica che ritiene più vantaggiosa. Però l’Europa ti fa notare che se uno Stato le cose le fa a debito crea un danno al suo stesso Paese. Quindi i tanti provvedimenti che ha adottato questo Governo – dalla Flax Tax alla riforma delle pensioni, e quindi il Reddito di cittadinanza – sono tutte cose fatte a debito, quindi altro non è che ciò che accadeva nella Prima Repubblica, dove lo stato assumeva, creava questi enormi carrozzoni di persone, dava quindi lavoro, e poi ci siamo trovati nella condizione in cui ci troviamo adesso. Molte dinamiche sono simili a quelle della Prima Repubblica, senza però quella grandezza di alcuni personaggi che hanno fatto la storia di questo Paese».

Secondo te quando si torna a votare?
R:«Guarda io non sono Wanna Marchi, non ho la sfera di cristallo… la sensazione è che le elezioni europee saranno il momento in cui il Governo prenderà le misure, gli stessi due partiti che sono al Governo si misureranno. Peraltro al parlamento europeo non si vota un governo – né una maggioranza – ma si votano dei partiti. La domanda da porsi non è quando si voterà, ma cosa succederà nell’europarlamento. Il voto alle europee è sempre stato un voto di opinione, però non credo che dopo le europee ci sia qualcuno che abbia interesse ad andare subito al voto, a meno che Salvini non si renda conto che la situazione economica sia talmente drammatica da staccare la spina. Ma penso che non sia interesse di nessuno andare anticipatamente al voto, anche perché non ci sono altre maggioranze possibili, a meno che non si ricompatti il centrodestra con la Lega - che però è egemonica nello scontro – penso però che ci sarà un riassestamento, un riequilibrio all’interno della maggioranza. Penso che ci potrebbe essere qualche rimpasto di Governo. Anche gli italiani stessi non lo capirebbero, in fondo questo governo mi risulta ancora in luna di miele con il proprio elettorato, un momento in cui il partner è sempre bello, anche quando si alza la mattina».

David, giornalismo e giornalisti hanno ancora presa sulla coscienza degli italiani?
R:«Giornalisti e giornalismo non devono avere presa sulle coscienze, ma portare chiavi di lettura, e raccontare quello che accade. Ci sono fatti e ci sono le opinioni, anche se alla fine rimangono i fatti. Io riconosco grande dignità sia al giornalismo di opinione, che rimane comunque un giornalismo importante, poi ci sono i fatti, quindi tutti gli strumenti di comunicazione – radio, televisione, giornali – hanno bisogno di un buon giornalismo, che è quello poi che prova a tirare fuori le contraddizioni del sistema. Chi sta al Governo è ovvio che si incazza… A me, ad esempio, fa ridere vedere i Cinquestelle che si incazzano con i giornalisti: nessuno c’è l’ha con loro, da sempre si fanno le pulci a chi governa… prima si facevano a Matteo Renzi, quante volte abbiamo parlato della questione del padre di Renzi? Questo purtroppo è un paese che non ha memoria…».

Come giudichi il livello del giornalismo italiano?  
R:«Non sono nessuno per poterlo giudicare perché in realtà ne faccio parte. Non sono tra quelli che possono dare patenti, o dare cartellini rossi o gialli. Io penso che l’Italia ha una grande quantità di informazione sia a livello televisivo che a livello radiofonico, abbiamo diversi giornali e tanti editori che sono sul campo, quindi in tal senso credo che il pluralismo dell’informazione è assicurato. Poi chiaramente abbiamo giornali e televisioni vicini al Governo – questo mi pare evidente – che plaudono legittimamente a questa novità, a questo inedito Governo a due teste. Però vedo che le inchieste ci sono – vedi Milena Gabbanelli, Corrado Formigli, - insomma ci sono tante voci e c’è un giornalismo fatto di passione, quindi c’è spazio per tutti».

Perché piace “La Zanzara”?
R:«Il programma “La Zanzara” piace perché rappresenta quella parte mostruosa che c’è dentro ognuno di noi… 😆 chi più, chi meno. Chi più, chi meno, prova odio, prova rancore, prova rabbia, e quindi ha voglia di esprimerla tutta. Ciò ha fatto diventare questa trasmissione un pò uno “sfogatoio”, qualcuno potrebbe dire un "pisciatoio" nazionale… un posto, un luogo malfrequentato, dove le persone si fermano e fanno un po’ come i cagnolini la loro pipì in modo scomposto, mettono giù la zampetta e chiudono il telefono 😂. In realtà è un piccolo spicchio di Italia - checché ne dica Beppe Cruciani – l’Italia in realtà non è questa qua, questo lo sappiamo, o per lo meno speriamo di no. La prova sta nel fatto che ogni volta che giro per strada dovrei essere assalito da orde di barbari che mi danno dello stronzo, ma in realtà incontro gente che mi abbraccia, e che mi stringe la mano…».

Però è un programma che tende in qualche modo a mettere da parte la tua anima giornalistica, il giornalista che è in te insomma…
R:«Diciamo che è un format dove trova spazio di tutto, questo non è un contesto dove trova spazio l’approfondimento, questo mi pare evidente, è un contesto dove la gente vuole ridere, “cazzeggiare”,  scherzare, però alle volte si sacrifica un po’ troppo quella parte – non dico di riflessione – però quel pizzico di parte di approfondimento. Io detesto i luoghi comuni, mi danno molto fastidio, penso che il compito del giornalista è appunto quello di contribuire a smantellare i luoghi comuni, le semplificazioni…».

Ad ogni modo è un programma che riesce ad essere giornalistico, e qui mi tornano in mente i tanti interventi che vengono poi ripresi dai vari media….
R:«Certo!!! Di scoop, notizie, nel corso di tutti questi anni ne abbiamo tirati fuori. Ovviamente l’aspetto giornalistico rimane, poi la formula spettacolare dell’insulto, della telefonata del matto, del mostro di turno che andiamo via via cercando, è l’elemento che contraddistingue questo pazzo format».

In futuro c’è qualche format o in generale qualche programma diverso da ciò che fai oggi?
R:«A me piacerebbe unire due cose che fino ad ora ho tenuto molto distinte, e quindi il piano dell’informazione seria e rigorosa - che è quello che facevo a “La7” durante l’estate con il programma “In Onda” – e dall’altra “La Zanzara”. Ecco, un domani il sogno è proprio questo, unire i due David che sono in me. Penso che il futuro potrebbe essere proprio questo qua: dosare e mettere insieme nello stesso programma tutti questi elementi. C’è già un grande modello – lui non è un giornalista, ma un grande showman e conduttore - che si chiama Conan O'brien, una persona molto divertente, un modello americano di informazione, di intrattenimento, che io trovo geniale. O'brien è un conduttore televisivo – ha condotto il “Late Night” sulla NBC – che ha raccontato in modo scanzonato e ironico, però era in grado di tirare fuori anche molte cose: ecco la mia sfida vorrei fosse quella, unire la leggerezza con il rigore giornalistico, questa potrebbe essere la mia vera cifra».

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