Il manifatturiero pugliese 'cede' ancora sotto i colpi della recessione

BARI – Il manifatturiero pugliese «cede» ancora sotto i colpi della recessione. Nel 2018, in Puglia, si sono «perse» 390 attività manifatturiere rispetto all'anno prima. Pari ad una flessione dell'1,3 per cento. Ce n’erano 29.584 al 31 dicembre 2017, un anno dopo sono 29.194. Rappresentano circa un quinto della totalità delle imprese della Puglia. È quanto emerge dalla sesta indagine sul comparto, condotta dal Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia su dati Unioncamere-Infocamere.

In calo l’industria del legno: da 2.025 a 1.945 imprese, cioè 80 unità in meno, pari ad un tasso negativo del 4 per cento. Si tratta, in prevalenza, di produzioni di infissi o altri manufatti di falegnameria destinati all’edilizia a cui si affiancano altre lavorazioni che vanno dal taglio e la piallatura del legno, alla produzione di semilavorati sino alla fabbricazione di imballaggi.

Si sono perse, poi, 50 fabbriche di prodotti in metallo, pari ad un tasso negativo dell’1,1 per cento (da 4.656 a 4.606). Questo dato riguarda, prevalentemente, le unità che operano nella produzione di elementi da costruzione, affiancate da lavorazioni di trattamento e rivestimento del metallo; poco significativa la metallurgia.

Le imprese che si occupano di «confezioni di articoli di abbigliamento» sono 3.668, mentre prima erano 3.731; il saldo negativo è di 63 unità, pari all'1,7 per cento in meno.

Le fabbriche di mobili sono diminuite dello 0,6 per cento (da 1.571 a 1.562). In questo comparto sono comprese numerose attività che rappresentano quasi tutte le tipologie di mobili (soggiorno, letto, cucina, ufficio, materassi, eccetera), con una prevalenza per le poltrone e i divani.

Le fabbriche di articoli in pelle passano da 794 a 765. Le variazioni percentuali negative maggiori si registrano nella fabbricazione di apparecchiature elettriche: -5,9 per cento (da 474 a 446) e in quella dei computer: -4,7 per cento (da 423 a 403).

Quella positiva, invece, nell’industria delle bevande: +1,7 per cento (da 524 a 533). In termini assoluti, crescono di più le attività di riparazione ed installazione di macchine (da 1.560 a 1.597). Nonostante l’avvio di processi di trasformazione orientati verso produzioni a valore aggiunto maggiore non si vedono ancora spiragli di ripresa per il manifatturiero.

In provincia di Bari si passa da 13.377 a 13.097, ovvero 280 attività in meno, pari ad un tasso negativo del 2,1 per cento.

«Il monitoraggio effettuato dal nostro Centro Studi – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – ci consente di rilevare come le imprese del comparto-cardine dell’economia pugliese, ossia quello manifatturiero, stiano ancora oggi attraversando una fase di fortissima crisi. I dati parlano chiaro: a soffrire sono soprattutto quei settori definiti “maturi” come quello del tessile e abbigliamento, della lavorazione della pelle e del legno».

«Non è un caso – continua Sgherza – che le perdite più rilevanti si concentrino in categorie merceologiche che sono ormai da tempo oggetto di una insostenibile concorrenza al ribasso da parte di produzioni estere, anche extra-UE.  Si tratta di una spirale che sarà sempre più arduo interrompere se non si procederà nel sostegno ai consumi interni anche al fine di orientarli a modelli di acquisto maggiormente responsabile ed attento alla qualità.

Nel frattempo però, chiediamo all’assessore Borraccino di aprire al più presto un tavolo di lavoro in modo che, anche a partire dagli attuali strumenti a disposizione sui fondi comunitari, si possa disegnare una sorta di “piano Marshall” per il manifatturiero pugliese e provare, con azioni sinergiche, ad arrestare quest’emorragia di imprese e lavoratori che ormai da troppi anni affligge i nostri territori».

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