Cinema: 'Roma ore 11'


di WALTER CANNELLONI - ROMA. Ispirato a Cesare Zavattini da un fatto di cronaca realmente accaduto a Roma nel 1951, che commosse l'Italia intera, il film narra la storia di duecento donne convenute in un palazzo di via Savoia per rispondere a un annuncio di lavoro per un solo posto di dattilografa.   

Tra loro, ognuna ha la sua storia: c'è la prostituta (Lea Padovani), che sogna un avvenire migliore di quello offertole dal marciapiede; c'è Luciana (Carla Del Poggio) disoccupata e sposata con Nando (Massimo Girotti), marito altrettanto disoccupato, che ha un disperato bisogno di quel posto; c'è Simona (la bellissima Lucia Bosè, nella foto), figlia della ricca borghesia romana, che ha lasciato gli agi e le comodità familiari per diventare la compagna di Carlo (un bellissimo Raf Vallone), pittore squattrinato; c'è la ragazza, vedova di madre e figlia di un impiegato dello Stato (Paolo Stoppa), che sogna di fare la cantante, ma che si accontenterebbe di un posto da impiegata pur di far quadrare il bilancio familiare; c'è Angelina, giovanissima donna di servizio di una spocchiosa famiglia (Delia Scala) che è emigrata a Roma dal paesino in Veneto, che ora sogna di elevarsi socialmente grazie a quell'impiego da dattilografa; c'è Adriana, giovane donna messa incinta da un ex-capoufficio sposato e mascalzone. 

Mentre inizia la prova di battitura per l'assunzione, e le donne aspettano pazientemente il loro turno, Luciana, spinta dalla disperazione, scavalca la fila con uno stratagemma ed effettua l'esame. Alla sua uscita dalla stanza dell'ufficio, si scatena un putiferio contro di lei: le donne, assiepate sulle scale del palazzo, si aggrappano violentemente alla ringhiera, che cede, trascinando con sé, per l'eccessivo peso, anche i gradini dove le donne sono stipate. 
  
Il crollo è disastroso: settanta ragazze rimangono coinvolte, e una di loro, la più sfortunata, perderà addirittura la vita. Le ferite vengono portate al Policlinico Umberto I, e le scene qui girate dal magistrale regista Giuseppe De Santis suscitano, senza compiacenza, una commozione profonda. 
  
Dopo la tragedia, la vita riprende il suo corso: la prostituta torna al suo antico mestiere; Simona, la compagna del pittore, che i genitori rivorrebbero nella loro lussuosa dimora, compirà una volta per tutte la sua scelta di vita, tornando dal suo amato Carlo; la ragazza canterina troverà, in un operaio della Fabbrica Peroni, che l'ha soccorsa in via Savoia, un promesso sposo onesto e leale; Angelina, la giovanissima donna di servizio, darà il benservito ai suoi padroni classisti e tornerà nel suo paese in Veneto per fare la contadina; Adriana, la ragazza incinta, dopo l'iniziale ostilità del padre, verrà accolta in famiglia, con l'aiuto della quale potrà affrontare la maternità incipiente; Luciana, convocata dal commissario di Polizia insieme agli altri bene informati dei fatti, sentendosi ingiustamente responsabile del tragico accaduto, mediterà per un momento propositi di suicidio, ma verrà salvata e riportata a casa dal coraggioso marito Nando. 
  
L'inchiesta è chiusa e, a un giornalista famelico che vuole avere qualche responsabile da sbattere in prima pagina, l'umano commissario di Polizia risponderà indicandogli una ragazzetta che si è presentata in via Savoia anche dopo la tragedia, pur di ottenere ancora, nonostante tutto, quel maledetto posto di dattilografa. 
  
Il film, di una struggente attualità a quasi settant'anni dalla sua realizzazione, “sembra girato oggi, non solo per la freschezza del linguaggio ma per la capacità di restituire il senso – o, se si preferisce, il non-senso - di un sistema economico che è in cima ai danni provocati dal crollo di una scala” ( Mino Argentieri, 2012). 

La sceneggiatura è ingegnosa e ben equilibrata e in essa i diversi destini convergono verso il punto fatale della catastrofe. 
   
Opera chiave del neorealismo nel suo ultimo periodo, che rappresenta soprattutto un penetrante quadro di critica sociale motivata e profonda, e il cui neorealismo “ortodosso” non vieta né l'impiego di ottimi attori, né scenografie ricostruite in teatri di posa. 

Congegnata in una serie di raffinati ritratti femminili, “femministi” ante-litteram, la pellicola rappresentò per il regista De Santis, dopo “Riso amaro”, un altro lusinghiero riconoscimento internazionale: essa ottenne infatti un successo notevole a New York, come a Roma e Mosca, ma non a Parigi, e basò il suo trionfo soprattutto sull'ampia inchiesta (condotta da Elio Petri) sull'avvenimento narrato, simbolo della disoccupazione femminile. 
Il film è adesso disponibile in DVD.

REGIA: GIUSEPPE DE SANTIS
SCENEGGIATURA: CESARE ZAVATTINI, RODOLFO SONEGO, ELIO PETRI,  
                                     BASILIO FRANCHINA, GIANNI PUCCINI, GIUSEPPE DE SANTIS
FOTOGRAFIA: OTELLO MARTELLI
MUSICA:  MARIO NASCIMBENE
INTERPRETI: LUCIA BOSE'
                          CARLA DEL POGGIO
                          LEA PADOVANI, 
                           ELENA VARZI
                           MARIA GRAZIA FRANCIA
                           DELIA SCALA
                           RAF VALLONE
                            MASSIMO GIROTTI
                            PAOLO STOPPA

PRODUZIONE:  ITALIA, FRANCIA, 1951
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