L’India di Tamara negli occhi delle donne
di FRANCESCO GRECO - TRICASE (LE). Colte sole o in gruppo, per strada, sull’uscio di casa, al mercato, nel giorno del loro matrimonio. Vestiti dai colori vivi, splendenti. Alcune a viso aperto, altre se lo nascondono con la sari, quel velo che ha oltre duemila anni, passati attraverso l’Islam e i colonialisti di Sua MaestĂ .
Donne d’ogni etĂ , alcune con i loro bambini. Curioso, inspiegabile: l’uomo è assente, come un orpello rimosso, scacciato dal gineceo, dall’Eden incontaminato, perchĂ© indegno, reprobo, quasi a trasfigurare una civiltĂ matriarcale sottintesa, rimodulata nel III Millennio, un nuovo protagonismo declinato dalle dee.
E’ l’universo filologicamente ricco, contaminato, dai mille echi, richiami, scansioni e letture “visto” dal terzo occhio di un’artista occidentale, Tamara Triffez (nata in Belgio da madre russa e padre pittore).
Ideale appendice dei “Kolam” (i disegni delle donne dell’India al mattino davanti a casa a invocare le divinitĂ benigne e tener lontane quelle infide) di un anno fa alla masseria “Le Pezzate” di Maglie.
Il filo rosso di un’osmosi artistica ed estetica, una ricerca culturale, antropologica di un pianeta così lontano dall’Europa lega infatti quella mostra a “Velate/Svelate”, alle Scuderie di Palazzo Gallone, Tricase, sino al 30 giugno (ottimo allestimento dell’architetto romano Giusto Puri Purini). A cura di India Filmfest of Salento.
26 “clic” per catturare un pianeta, il cuore di un mondo altro da sĂ©, l’anima delle donne di un continente misterioso, solcato da bellezza e poesia, dolcezza e misticismo, asprezza e fatica. In cui la donna pare surrogare l’essenza alchemica dell’esistenza e lasciare all’uomo – che da sempre teme la sua “personalitĂ , intelligenza, sessualitĂ ”, osserva Carlo Buldrini, che ha presentato il suo “Cronache Indiane”, nel concept - il volgare trambusto della quotidianitĂ .
Ritenuta “impura” dall’induismo per le mestruazioni e perciò allontanata dalle sacre scritture (Veda), sottomessa dall’Islam e dal colonialismo britannico, la ph coglie una donna nuova, viva e forte, coraggiosa e fiera, semanticamente stratificata al confine del III Millennio, icona dell’India antica e solare tutta da decodificare, della memoria che si sovrappone plasticamente alla modernitĂ , fondendosi in un unicum denso di pathos, che il loro sguardo catturato da Tamara riesce a rendere in tutta la sua infinita complessitĂ e solitudine, ma anche come spada che intende attraversare il tempo.
Uno status estremamente dialettico, che evoca visioni e incanti immutati nel tempo, topoi millenari, sciarade irrisolte, misteri che tali intendono restare per altri secoli, quando la donna indiana tornerĂ libera, come al tempo dei “Veda”.
Una proposta artistica che in una Terra d’Otranto contaminata di suo, porto di mare, sospesa fra Oriente e Occidente, Nord e Sud, è stata accolta con gioia da falangi di uomini e donne che in quegli sguardi ritrovano un lembo sfuggente del loro cuore, la loro anima.
A riprova di come l’energia universale e le culture siano una e una sola, declinate in mille lingue, sensibilitĂ , percezioni, deliri. Grande Tamara!
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Cultura e Spettacoli