Fatti e misfatti di Zemanlandia


di WALTER CANNELLONI - ROMA. Fatti e misfatti di Zemanlandia, la squadra di calcio del Foggia che militò in serie A dal 1991 al 1994, tanto miracol mostrando di sé e facendo innamorare i maniaci del bel football di tutta Italia.

Presidente e patron di quella società era il vulcanico napoletano don Pasquale Casillo, il potentissimo imprenditore del grano duro che esportava anche negli Stati Uniti (e che confesserà di essersi ulteriormente arricchito con la sua proprietà calcistica ma di aver sempre reinvestito i guadagni nella società).   

Obiettivo di don Pasquale era di mettere su una squadra eccellente spendendo pochi soldi sul mercato, ma facendole giocare un gioco spettacolare e redditizio.
Per raggiungere questo scopo, il presidente ingaggia come allenatore il glaciale boemo Zdenek Zeman, già coach del Licata in C1, un uomo che parla poco ma che, quando lo fa, lo fa sempre a ragion veduta.

Zeman prende il Foggia in C1, lo abbandona per un anno per andare ad allenare il più prestigioso Parma, ma ritorna all'ovile di fronte alle lusinghe di Casillo.
Il Foggia non ha i mezzi delle altre squadre, non ha neanche un campo di allenamento proprio, si allena a San Ciro, un impianto del locale oratorio.

Ma Zeman, vero deus ex-machina della squadra, ha un solo credo: allenarsi, allenarsi, allenarsi, per poi giocare la domenica divertendosi. Sono rimasti famosi i suoi famigerati “gradoni”, ripetute sugli alti scalini dello stadio “Zaccheria”, con pesi e zavorre d'ogni tipo che i calciatori devono incollarsi.

Ma la domenica i suoi saltano come grilli e alla fine della partita non mostrano segni di stanchezza. Per ottenere tutto ciò, Zeman ha bisogno di giocatori che “abbiano fame” e, coadiuvato dal fedele direttore sportivo Peppino Pavone e dal bonario dirigente Franco Altamura, acquista il giovanissimo bomber Giuseppe Signori (che non sapeva di essere tale), Roberto Rambaudi e Ciccio Baiano, più giocatori come il terzino Maurizio Codispoti, che non è un fuoriclasse, ma ha una voglia di arrivare immensa, o il portiere Francesco Mancini, l'Higuita del Sud, che gioca con i piedi come un centrocampista ed è perfetto per la “zona” difensiva e il 4-3-3 del suo allenatore.

Forte del suo credo, che “ai giocatori piace attaccare, non ci piace difendere”, il boemo brucia tutte le tappe, prima la promozione in B, poi, nel 1991, il grande salto in serie A, dove il Foggia, a detta di tutti, gioca il migliore calcio della categoria.

Due anni dopo i vari Signori, Rambaudi e Baiano, diventati troppo ingombranti per la loro bravura, per lo spartano calcio zemaniano, vengono ceduti alle più blasonate squadre di serie A.

Ma Zemanlandia continua con altri interpreti, da Stroppa a Kolyvanov, da Di Biagio a Cappellini, sfiorando anche un clamoroso accesso alla Coppa Uefa.

Il sogno di Zemanlandia si infrange nel 1994, quando il presidente Casillo viene arrestato per collusioni con la camorra (mai dimostrate, e poi rivelatesi false quindici anni dopo) e Zeman va ad allenare nella Capitale, prima la Lazio e poi la Roma.

Uno dei pochi uomini veri in un mondo di “finti”, Zeman è stato sempre contro i poteri forti del calcio, che gliel'hanno fatta pagare costringendolo a lunghi periodi di assenza dalle panchine più prestigiose.

Quel che è certo, è che quel suo Foggia pirotecnico ed effervescente ha rappresentato un motivo di riscatto e di orgoglio per l'intero calcio pugliese, mai all'apice nelle scene agonistiche nazionali di massimo livello.

A chi gli chiedeva perchè non trovasse più in posto da allenatore, Zeman, nella sua monosillabica saggezza, amava rispondere: “Si vede che nel calcio di oggi non servono gli allenatori...”.

Il film-documentario di Giuseppe Sansonna ripercorre fedelmente le tappe di quell'epopea calcistica, esaltando il tifo dei supporters dei “satanelli”, dal palato fine in termini di gusto calcistico e caldi nella loro passione, che si identificarono in quell'apparentemente gelido uomo boemo, che però dentro covava un bollente vulcano di emozioni e sentimenti per quella gente mediterranea.

Regia di Giuseppe Sansonna, sceneggiatura Giuseppe Sansonna, fotografia Pina Mastropietro e Massimiliano Maggi, musica Pippo Foglianese. Interpreti: Zdnek Zeman, Pasquale Casillo, Peppino Pavone, Franco Altamura, Giuseppe Signori, Luigi Di Biagio, Roberto Rambaudi, Francesco Mancini, Maurizio Codispoti. Produzione: Italia 2009.
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