La leggenda degli dei in visita al centro storico di Bari e i frutti di mare

di FELICE ALLOGGIO - Uno dei primi dei a visitare il centro storico di Bari, fu Hermes, il Messaggero degli dei, che volle scendere nell’antico borgo per vedere come vivevano i mortali, ma nessuno se ne accorse. Però in seguito, quando cioè accaddero diversi fatti di micro delinquenza quali scippi e furti nelle case, si capì che Hermes aveva dimorato a Bari per qualche anno tanto da diventare prima esempio e poi addirittura ‘protettore’ di tutti i ladri baresi.

I delinquenti infatti si affidavano a lui perché questo dio gli insegnò tutte le maniere e le scorciatoie per arrivare sui luoghi dei furti, rubare e scappare via il più in fretta possibile. Questo era possibile proprio perché lui, Hermes, essendo il messaggero degli dei e, dunque, il più veloce di tutti ed espertissimo nell’attraversare muri, porte e finestre, insegnò ben presto a tutti i ladri a fare altrettanto e trovare strade d’ingresso, vie di fuga sicure. Purtroppo per molti secoli Bari vecchia fu conosciuta nel mondo come “la cettà de le scippature!”. Oggi Hermes non c’è più a Bari, ma il suo nome lo vediamo spesso impresso sulle fiancate dei tir che sfrecciano sulle autostrade con la scritta: “DITTA HERMES, POSTA CELERE”.

Anche Bacco inventore e dio del vino, viaggiatore del mondo che arrivò fino in India, mise piedi in Bari vecchia e successe il finimondo. Infatti tutte le donne del borgo ad un certo punto a causa dell’enorme quantità di vino che avevano bevuto, e alla presenza di una corte di baccanti e satiri, cominciarono a fare cose da pazze fino a tradire i propri mariti. Allora i Baresi si ribellarono e si recarono al Tempio di Giunone, protettrice della famiglia per chiedere il suo aiuto. Giunone nonostante non amasse tanto i Baresi perché il marito Zeus l’aveva cornificata giacendo con una bella donna barese, prese in mano la situazione e, per far smettere a Bacco di fare pazzie e far calmare le sacerdotesse di Venere, fece uccidere sull’Olimpo sua moglie Arianna, con l’intenzione di farlo andare ai suoi funerali e abbandonare Bari. Cosa che avvenne, ma prima di andare via da Bari, Bacco aprì diverse enoteche del tempo (le candìne), e inventò il gioco della passatella (u zumbarjìdde), un passatempo molto gradito dai Baresi perché la posta in gioco era rappresentata sempre da un bicchiere di vino.

Con Pallade-Athena, la Minerva romana dea della sapienza, la città di Bari raggiunse alti livelli di civiltà e cultura, grazie all’insegnamento ricevuto dai cittadini baresi da illustri filosofi e pensatori antichi quali Socrate, Erodoto e Platone che la dea inviò a tenere lezioni e congressi di Filosofia. Gli indirizzi socio-politici accaduti ad Atene e Roma, come ad esempio l’avvento in queste città della democrazia, avevano avuto effetti positivi anche su Bari vecchia grazie proprio alla dea della Sapienza. Oggi la statua di Athena, a differenza della effige di Nettuno, dio del mare, che è impressa sulle scatolette di tonno, si possono vedere e leggere in tutte le sedi universitarie pugliesi. Qui a Bari il palazzo dell’Università si chiama Ateneo e nel cortile della facoltà di Legge, severa incombe la statua di Minerva con la lancia e la corazza di pelle, la famosa Egida, che ricorda a tutti che lei è stata partorita da “la cape de Zeùsse” suo padre, e che nel suo grembo era stato per nove mesi – ecco perché dea della sapienza -  un cervello, e che cervello, cudde de Zeùsse!

Stavamo dimenticando Apollo, il dio più bello e protettore di tutti gli artisti ed egli stesso primo musicista dell’umanità. Con lui nella città vecchia ci fu la premiazione del concorso di poesia, musica e letteratura chiamato “Apollarte barese”, concorso che oggi a distanza di millenni ancora esiste con il nuovo nome di “Piedigrotta Barese”. Con la presenza di Apollo i baresi si dedicarono anche alla musica tanto che diversi secoli dopo il mondo produsse grandi musicisti come Mozart, Beethoven, Verdi, ecc. Anche Bari ebbe il suo grande compositore, Niccolò Piccinni, ed ospitò anche il grande musicista, Nino Rota (1911-1979), che diresse il Conservatorio Musicale di Bari, tuttora attivo.

Numerosi poi furono i gruppi sonori di coro e orchestra che suonavano, danzavano e cantavano ballate della tradizione popolare barese, gruppi oggi ancora presenti come quello Folkloristico di “Bari Incanto” e quello della “Terra dei Suoni” con le sue “Tammurriate”. Anche la poesia a Bari ebbe il suo splendore e, nei secoli successivi la città conobbe poeti e scrittori che hanno dato lustro a Bari e ai Baresi. Tali sono stati infatti Francesco Saverio Abbrescia, Vito De Fano e Davide Lopez, Giovanni Panza ed altri oggi ancora viventi, come Vito Bellomo, Peppino Zaccaro e Pino Gioia.

Abbiamo citato Nettuno, il dio del mare che rivive ancora oggi, impresso sulle scatolette di tonno, che quando scese a Bari si lamentò con i baresi perché quando offrivano sacrifici agli dei, arrostivano solamente pecore, caproni, buoi, tori e cavalli, e mai pesci. Nettuno non capiva perché mai i baresi non sacrificassero pesci a lui e agli altri dei, e li minacciò che se non avessero sacrificato animali marini lui avrebbe provocato un maremoto vicino alla coste della città distruggendola. E mentre era con il suo carro in acqua, all’altezza dello scoglio emergente a circa duecento metri dalla riva, il cosiddetto Monte Rosso, gli passò davanti, affiorando, un enorme polpo che lui afferrò con una mano per sbatterlo immediatamente sullo scoglio del monte Rosso tramortendolo. Poi gli morsicò la testa e di nuovo lo lanciò sullo scoglio più volte, quindi lo prese fra le grandi mani e cominciò a scuoterlo come se le sue enormi mani fossero un largo canestro di vimini, per arricciarlo e renderlo morbido. Con i suoi affilatissimi denti infine Nettuno staccò i tentacoli (cjìrri) e cominciò a mangiarli e a distribuirli a tutti i baresi presenti in mare sulle loro barchette da pesca affinché facessero altrettanto. E la stessa cosa fece il Dio del Mare con tutti i molluschi che stavano attaccati agli scogli sottacqua dentro i loro coriacei gusci. Infatti prese di tutto, cozze nere, tartufi di mare (taratuffe), cannolicchi, noci di mare, ostriche, patelle e telline, cozze pelose, datteri, cozze san Giacomo, canestrelle e altre prelibatezze, che staccava dal bisso (spedecchiàve), sgusciava abilmente, e distribuiva a tutti i presenti felici di mangiare tali delizie mai consumate fino ad allora.

Son passati più di duemila anni da allora, e quella che all’inizio fu considerata solo una abitudine alimentare, divenne presto per gli antichi baresi una tradizione che, cristallizzatasi nel tempo – son passati duemila anni -  è diventata vera e propria cultura.

Lodevole quindi l’iniziativa, segnalata dal giornalista Vittorio Polito sul “Giornale di Puglia”, di Matteo Gelardi, otorinolaringoiatra e citologo nasale, e Silvestro Carofiglio, imprenditore ed esperto tecnico, di attivare l’Accademia del Mare, presso il noto Ristofish “La Pesciera” di Bari, finalizzata a diffondere la cultura del mare e dei suoi prodotti, nonché dell’arte culinaria tipica della tradizione barese.

Ecco perché possiamo ipotizzare che diverse tradizioni baresi, da quella gastronomica legata al mare alla tradizione poetica, da quella musicale a quella agricola della coltivazione della vite e la produzione del vino, da quella culturale legata agli dei Apollo e Athena, e alla meno edificante di quella ladruncola, favorita dal messaggero degli dei, Hermes, siano nate ai tempi della venerazione pagana degli dei dell’Olimpo.
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