Leonessa Volley, il giovane ruggito della pallavolo altamurana

(Una delle formazioni della Leonessa Volley dell'attuale stagione)
di ROBERTO BERLOCO - ALTAMURA. Sono trascorsi più di centovent’anni da quando William Morgan, un insegnante statunitense d’educazione fisica, concepì e propose al pubblico il “Mintonette”, un gioco assolutamente inedito per l’epoca, nella quale le attività sportive di squadra erano prevalentemente fondate sul contatto fisico e su prove di forza che, non di rado, sconfinavano nella violenza.

Con questa nuova disciplina e secondo una prima formula, due formazioni di cinque giocatori ciascuna - sarebbero diventati sei poco più in là negli anni - si fronteggiavano separati da una rete e senza mai scontrarsi, ma semplicemente passandosi palla l’un l’altro, con l’obiettivo finale di farle toccare terra dentro lo spazio avversario.

Poco dopo l’istruttore Alfred Halstead, stessa nazionalità del suo collega, ribattezzò il neonato sport col nome di “volleyball”, un’espressione inglese che, in una traduzione strettamente letterale, significa “palla sparata”.

Da allora, il cammino della pallavolo ha conosciuto un crescendo di entusiasmanti affermazioni, anche se nel continente europeo approderà solamente nel corso della Prima Guerra Mondiale, per merito unico dei soldati americani.

In Italia, nel 1929, viene istituita la  FIPV - “Federazione Italiana Palla a Volo”, mentre il primo Campionato nazionale si svolge nel 1933. Nel 1946, a guerra terminata e col cambiamento di regime, l’organismo reggente assunse la denominazione attuale di FIPAV - “Federazione Italiana Pallavolo”.
Va ammesso che squadre e sedi di disputa furono inizialmente concentrate soprattutto nel Nord d’Italia, anche se per il Campionato europeo del 1948 si optò per il Foro Italico a Roma. A quel tempo, la rappresentativa azzurra si laureò con un Bronzo che, ancor oggi, brilla tra i ricordi più prestigiosi della pallavolo nazionale e, sul piano emotivo, resta probabilmente il più bello.

Indietro nel sostegno economico alle realtà sportive, rispetto alla più ricca area centro-settentrionale di quello che, nel suo Canzoniere, Francesco Petrarca nominò “Bel Paese”, il Mezzogiorno ha saputo comunque esprimere sovente prove d’indubbio spessore nei vari ambiti del cimento agonistico, conseguendo successi che, proprio tenendo conto del contesto nel quale si sono prodotti, acquistano un valore ancora più pregnante nella trama della storia sportiva italiana.

In questo senso, la Leonessa Volley rappresenta uno dei momenti di maggiore e più sano orgoglio nelle tradizioni dello sport meridionale e, naturalmente, di quello pugliese.

La Leonessa Volley nasce con questa denominazione ad Altamura nel 1987, con un chiaro richiamo all’appellativo più famoso attribuito alla città federiciana, in seguito al disaccorpamento del settore femminile da quello maschile della Leonessa Sport.

Missione esplicita dar vita ad una nuova realtà pallavolistica locale, che operasse da vivaio per la formazione di atlete professioniste.

“Il nostro obiettivo” - rivela infatti Vita Simone, tecnico federale Fipav e allenatrice della  Leonessa Volley in coppia al marito Claudio Marchisio, docente Isef  - “era, e rimane oggi, quello di forgiare la coscienza ginnica delle più giovani generazioni femminili del luogo, al fine di consentire loro un’autentica crescita professionale nella pallavolo, per così accedere ad esperienze di più alto livello”.

Con la spensieratezza della loro gioventù in erba e la carica che mai risparmiano nelle partite, queste adolescenti leonesse hanno saputo non solo raccogliere nel tempo l’eredità  della mitica Lines Tradeco Volley, storica formazione altamurana di serie A1 che tanti onori ebbe a mietere in un passato ormai remoto, ma pure rappresentare quel punto di riferimento ideale per le più fresche generazioni, delle quali è propria l’esigenza di contare su un modello vincente che, soprattutto e com’è comprensibile dato l’istinto della loro età, sia immediatamente tangibile.

Nutrita, a piena conferma, la messe di glorie che la Leonessa Volley ha guadagnato nel trascorrere degli anni. Solo per fare alcuni esempi, da quello del 2017, con la conquista del titolo regionale e l’approdo alle finali nazionali Under  14, a quello dello scorso anno, consistito nella partecipazione ai play off di serie D e alle finali regionali Under 16.

Naturalmente, oltre all’Under 14 e 16, sono coperti anche gli Under 12, 13 e 18, vale a dire tutti i gradini coi quali si suddividono i campionati giovanili.

Ma, tra gli ingredienti per una riuscita che, ad oggi, continua a manifestarsi in traguardi che sanno di sicuri talenti individuali tra chi entra in campo, v’è il sacrificio di tempo, risorse ed energie da parte non solo delle singole atlete, ma pure di chi s’occupa della loro preparazione fisica e tecnica, come anche di quegli aspetti psicologici attinenti più propriamente alla motivazione di vincere.

“E’ soprattutto con squadre così giovani” - spiega in proposito Vita Simone - “che l'elemento psicologico gioca un ruolo assai importante. Infatti s’impone per noi che alleniamo, il dovere di aiutare a crescere caratterialmente, nella forza e nel coraggio. Utilizzando schemi e concetti precisi, cerchiamo di far sì che le nostre pallavoliste giochino superando i propri limiti senza paura e blocchi, crescendo nel sentimento della determinazione, oltre che sul piano meramente tecnico”.

E che, d’altronde, in tale pratica atletica, fosse pure condotta in una maniera amatoriale, sia ravvisabile anche un utile risvolto dello spirito, lo testimonia quanto lasciò intendere un giorno l’editorialista Marco Pastonesi, quando scrisse che “la pallavolo è unica perché salti sempre in alto, verso l’alto, come un’aspirazione, un’ispirazione ed è, quella del volo, una formidabile sensazione, un’antichissima urgenza”.

Senza contare che è nella fatica di un’attività come questa, che insegna a dare il massimo di se stessi e, contemporaneamente, a rappresentare quel prossimo su cui contare per il compagno o la compagna di squadra, che s’annida pure uno dei segreti di quell’armoniosa crescita umana e civile che, se lasciata germogliare sin dal fiore della giovinezza, porta poi frutto per tutto il corso dell’età adulta.

Come, d’altra parte, è nella missione della vittoria alla quale si anela, che vengono concentrate e trasfuse tutte le volontà che spingono l’essere umano verso quell’ideale di grandezza al quale, più o meno coscientemente, egli tende durante l’esistenza.

“Ovviamente” - continua la responsabile Simone - “non mancano problematiche. Due su tutte, ormai quasi ataviche, attinenti al Palazzetto “Baldassarra” di via Manzoni, dove avvengono sia gli allenamenti che le partite: la necessità di ristrutturare l’area degli spogliatoi e l’altra, quella delle spese piuttosto elevate che sosteniamo per usufruire dell’impianto. Sono del parere che lo sport vada incentivato, non mortificato con costi eccessivi”.

Ed è la ferrea volontà che i coniugi Marchisio mettono nel tener fede agli obiettivi, insieme alla  stessa forza e allo stesso coraggio che s’impongono di trasmettere alle loro atlete ragazze, a far si che, malgrado anche alcuni ostacoli legati alla struttura che la ospita, la Leonessa Volley tenga sempre ferma quella rotta che, da anni ed anni, assicura tante soddisfazioni all’intera comunità cittadina, fortificandone la consapevolezza d’una radice sana nel proprio tessuto sociale e contribuendo alla fierezza comune di potersi fregiare del soprannome di Leonessa delle Puglie.

Di fronte alle incognite che i tempi di oggi dicono del futuro ed alle sempre più rarefatte certezze anche morali del presente, un evento così nobilitante e coinvolgente, come quello di uno sport che produce risultati concreti a portata d’occhio in una società come l’altamurana, dove la speranza è uno dei principali nutrimenti, non può che rappresentare un affidabile riferimento verso cui ogni cittadino dovrebbe ergersi ad attento custode e presente sostenitore, oltre che a puntuale tifoso del fine settimana.

Alle giovanissime leonesse, dunque, ancora il compito al quale sono chiamate, quello di ruggire, combattendo fino all’ultimo grammo di energia nella propria metà di campo, nel segno d’una grintosa idealità che prende forma e sostanza durante ogni partita, dove ad esser difeso e fatto valere è sì l’obiettivo d’una squadra a vincere, ma anche, più in ultimo, l’onore stesso dell’intera città di Altamura.
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