Occhio ai gatti in tangenziale

di WALTER CANNELLONI - ROMA. E due! Dopo la brillante incursione nei gironi architettonici del “serpentone” di Corviale, la coppia Milani-Cortellesi ne compie un'altra nel mondo della degradata periferia romana, questa volta puntando l'attenzione sul quartiere della Bastogi, zona nord della Capitale, dove sui muri di accesso ai palazzoni c'è l'illuminante scritta “Lassate ogni speranza o voi k'entrate”.
 
La trama è semplice e lineare: Alessio e Agnese, due adolescenti provenienti da ceti sociali diversissimi, si prendono una cotta giovanile. Lui abita a Bastogi, lei in pieno Centro e gioca a polo. I due genitori dei ragazzi sono preoccupati, per motivi diversi, della relazione.

Il papà di Agnese, Giovanni, è un facoltoso consulente della Commissione europea (un “think tank” liberal, direbbe lui), che studia i modi per far ottenere all'Italia fondi per le periferie urbane.
 
La mamma di Alessio, Monica, è una proletaria verace che si arrabatta facendo mille mestieri ma rimanendo una persona pulita e onesta.

I due si incontrano per caso pedinando i rispettivi figli,e l'incontro è di quelli che non si dimenticano. Monica, che non sa che Giovanni è il padre di Agnese, distrugge con una mazza da baseball, per un diverbio automobilistico, il parabrezza della lussuosa auto del “consuocero”.
 
Ma entrambi, una volta conosciutisi, si trovano d'accordo sulla necessità di mettere fine a quella relazione adolescenziale interclassista che non promette nulla di buono e che durerà, dice Monica, “come un gatto in tangenziale”.

I due, che sono single, per sorvegliare i figli, iniziano a frequentarsi: Giovanni fa visita a casa di Monica a Bastogi, e pronuncia tanti bei discorsi sulla società multietnica e Monica giustamente gli fa notare che l'unica contaminazione che conosce dal balcone di casa sua è quella degli effluvi speziati di cumino della cucina del suo vicino bengalese, o quella dei sapori forti degli involtini alla verza del dirimpettaio rumeno. 

Monica e Giovanni, per non perdere di vista i due figli, vanno anche al mare insieme: una prima volta, su scelta di Monica, alla popolare spiaggia sovraffollata di Coccia di Morto, dove è una lotta per la sopravvivenza anche acquistare due ghiaccioli al chiosco, e una seconda volta, su scelta di Giovanni, alla spiaggia “in” dellasSinistra italiana, Capalbio, dove Monica viene umiliata, pur nella squisita gentilezza formale, dagli amici intellettuali di Giovanni che, davanti a lei, non fanno che parlare degli artisti della Biennale di Venezia e delle pellicole più snob in uscita al cinema.
 
Come detto, Monica e Giovanni sono due genitori single: il marito di Monica, il truce parrucchiere Sergio, sta scontando tredici anni di galera per aver “spanzato” una persona, mentre l'ex-moglie di Giovanni, l'ex-sessantottina svampita Luce, vive in Francia, dove produce essenze di profumi alla lavanda dalle piante della Provenza.
 
I quattro (Sergio è appena uscito di galera dove farà presto ritorno) si incontrano a un pranzo in casa di Monica, a Bastogi, e subito scoppia il conflitto classista: Sergio, che pure “spanza” le persone, rimprovera a Luce e Giovanni di essere due “scienziati” nullafacenti e di campare sul “magna magna” della politica.
 
Luce si imbottisce di ansiolitici, mentre Giovanni rimprovera ai consuoceri proletari di essersi costruiti un alibi per non cambiare le cose in Italia.
 
La rottura è inevitabile: Monica e Giovanni si perdono di vista (ma il fuoco cova sotto la cenere), mentre i due adolescenti, come previsto, si accompagnano con più consoni partners.
 
La vita continua. Monica, la sfiduciata Monica, segue i consigli di Giovanni, e ottiene un finanziamento europeo per aprire una rosticceria in comproprietà col vicino bengalese, che lei chiama Gange o Bombay a scelta, mentre Giovanni tiene un bellissimo discorso alla Commissione Europea, in cui parlerà di effluvi speziati al cumino, di mazze da baseball, di gatti in tangenziale. 
 
L'ultima scena del film li vede seduti su una panchina di Piazza Cavour, finalmente innamorati e intenti a mangiare un trancio di pizza portato da Monica.
 
Durerà come un gatto in tangenziale? Non si sa, ma è certo che quella storia meritava di essere vissuta, come meritano di essere vissute tante altre storie delle periferie urbane di Roma e d'Europa.
 
Film politico e sentimentale al tempo stesso, che vuol essere anche un preciso atto d'accusa nei confronti di tanta sinistra italiana, che si è allontanata dai bisogni reali del Paese pensando più, metaforicamente parlando, all'essenza di lavanda della Provenza e all'upupa dei boschi che non alle periferie urbane, e un “j'accuse” nei confronti dell'intera classe politica italiana, incapace di dare una risposta credibile ai bisogni del popolo dolente.
 
La pellicola, tuttavia, lascia intravedere uno spiraglio di luce: che ci sia qualcuno, come Giovanni nel film, o come l'Europa stessa nella realtà (magari dopo un attento esame di coscienza che la renda più solidale e vicina alle aspettative della gente vera) capace di abbattere il muro dell'indifferenza politica che ha relegato il 70% della popolazione europea (a tanto ammontano i residenti nelle periferie delle grandi città) a mero fantasma sociale, privo di diritti e di una concreta dignità di cittadini...
 
Paola Cortellesi è la borgatara Monica, mentre Antonio Albanese è il liberal Giovanni: due creature che, ciascuna a modo suo, prenderanno coscienza della loro incompiutezza esistenziale, e compiranno quel salto di qualità  che li porterà a vivere la loro anticonvenzionale storia d'amore e a realizzare i propri, reciproci sogni. Il film è anche ricco di gustosi personaggi di contorno, come le sorellastre di Monica, le paffute gemelle Pamela e Sue Ellen, che hanno quello che loro chiamano “shopping compulsivo” (in realtà il vizio di rubare) e che sono assurte agli onori delle reali cronache giudiziarie del Bel Paese proprio per questo loro, reiterato vizietto.   
 
Campione d'incasso sbancando i botteghini, “Come un gatto in tangenziale”, questo piccolo gioiello-capolavoro di Riccardo Milani, è la prova provata che quando le storie sono narrate con schiettezza e sincerità, gli italiani, pur se “incattiviti” dallo squallore generale e dalla mala politica, si aprono con piacere anche alle più impegnative tematiche sociali, specie se sono raccontate con il sorriso della commedia sulle labbra.

Regia: Riccardo Milani; sceneggiatura: Riccardo Milani, Paola Cortellesi, Furio Andreotti, Giulia Calenda; scenografia: Saverio Guarna; musica Andrea Guerra; interpreti: Paola Cortellesi, Antonio Albanese, Sonia Bergamasco, Claudio Amendola.

Produzione: Italia 2017
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