Foggia e l’ennesima bomba, Persiano (Spi Cgil): “Continuare la lotta”

(foto d'archivio)
FOGGIA – “L’ennesimo ordigno fatto esplodere a Foggia ci ricorda, dopo la grande e bellissima manifestazione del 10 gennaio, che il lavoro da fare per contrastare l’azione della criminalità organizzata è ancora moltissimo e che non bisogna arrendersi né rassegnarsi”. E’ Franco Persiano, segretario provinciale dello Spi Cgil Foggia, sindacato dei pensionati, a tornare sui significati e i risvolti della mobilitazione rinvigorita dalla manifestazione “Foggia Libera Foggia” e dalla convocazione del tavolo permanente antimafia.

“Ringrazio tutti i pensionati di Foggia e della Capitanata che hanno partecipato e sfilato dietro lo striscione e le bandiere dello SPI-CGIL di Foggia. Lo SPI-CGIL ha voluto manifestare con la propria identità, come hanno fatto tutte le Associazioni, così come concordato con la dirigenza di Libera nell’assemblea preparatoria alla manifestazione. Voglio ricordare a tutti che, nell’arco degli ultimi tre anni, siamo giunti alla terza manifestazione convocata da Libera e da don Ciotti per contrastare la violenza mafiosa, con una grande partecipazione dei giovani. A questo punto, però, occorre aprire una concreta riflessione sullo stato delle cose e vorrei far notare che tocca a noi, per primi, farci carico delle nostre responsabilità sul campo. Occorre avviare una seria riflessione per gli impegni che ogni partecipante a quella manifestazione deve assumere. Bene ha fatto Emiliano, come Presidente della Regione, unitamente alle associazioni, a dare il via a un tavolo permanente dell’antimafia sociale a Foggia. Le Istituzioni Locali, la Regione, lo Stato, ma soprattutto le forze politiche e sociali della Capitanata devono lavorare insieme nei quartieri periferici, affinché si porti in quei quartieri la legalità e il senso dello Stato. La mafia non è nata da sola, essa ha trovato terreno fertile anche per interventi ambigui e saltuari. L’intervento “salvifico” dello Stato, da solo, non basta. Occorrono un’analisi profonda e la ricerca di soluzioni che non possono essere né rimandate né ricondotte a discorsi e impegni generici. Spero che si avvii una fase in cui gli strumenti di confronto e di analisi possano fare un salto di qualità. Tutti quei Comuni, con la partecipazione dei Sindaci alla manifestazione, devono cominciare a dare risposte e prendere impegni precisi. Io credo che i Sindaci dei Comuni della Capitanata debbano “fare rete” tra loro senza puerili campanilismi. Inoltre occorre pretendere dai sindaci di tutti i colori politici degli impegni pubblici, a cominciare dall’allontanamento dai palazzi comunali di personaggi ambigui, i quegli imprenditori che vogliono discutere solo di appalti, subappalti, ribassi e altre dinamiche che spesso mortificano la legalità. Se in Capitanata, nel giro di pochi anni, sono state sciolte per infiltrazioni mafiose quattro diverse amministrazioni, allora è necessario riflettere, scuotere le coscienze morali di tutti per capire, individuare le cause e impedire che la mafia riesca a inquinare lo spazio pubblico. Proprio di recente, un sindaco della provincia di Foggia denunciò il comportamento di un imprenditore che tentò di corromperlo offrendogli un pacco di biscotti contenente un’ingente somma di denaro. L’amministrazione comunale di quello stesso sindaco è stata sciolta per infiltrazioni mafiose. Quindi ogni Sindaco di qualsiasi Comune, grande o piccolo che sia, deve ricostruire un nuovo rapporto di fiducia con i cittadini, i quali devono vedere il palazzo di città come un palazzo di vetro, trasparente. Questa può essere la medicina che sconfigge e allontana i pericoli di infiltrazioni mafiose. Gli amministratori hanno il dovere di cambiare modalità di gestione di una città, devono pretendere il rispetto delle regole da tutti e anche da loro stessi. Non devono esserci zone franche, favoritismi, clientelismi. Segnalo una stranezza che accade a Foggia: l’Amministrazione Comunale, nonostante i fatti criminosi accaduti in città e i tanti processi contro la mafia foggiana, non si è mai costituita come parte civile nei processi .Bisogna farsi carico pienamente e rispettosamente del bene comune. I tempi delle deleghe sono finiti. Una profonda riflessione, inoltre, la devono fare le organizzazioni sociali e del lavoro. In altri tempi, su una partita come quella della lotta alla criminalità e alla mafia, e la battaglia per la legalità, sarebbero scesi in campo i consigli di fabbrica delle grandi aziende industriali, delle imprese agroalimentari, le grandi strutture sanitarie e i presidi del lavoro pubblico, grandi insediamenti la cui rappresentanza sindacale non esprime nulla all’interno della società neanche di fronte a sfide importanti. CGIL-CISL-UIL di Capitanata, che hanno marciato sotto lo stesso striscione, devono urgentemente aprire una profonda riflessione unitariamente in quei siti produttivi e dei servizi, coinvolgendo le RSA e le RSU per aprire un ampio dibattito con i lavoratori su questi temi della criminalità e della legalità. Il Vescovo di Melfi, qualche tempo fa, denunciò che nella fabbrica della Fiat di Melfi qualche sindacalista prendeva soldi in cambio di assunzioni. In quella denuncia si segnalava che c’era anche a Foggia questo problema. Quella denuncia non ebbe alcun effetto perché a Foggia se la fecero scivolare addosso e non si volle aprire una grande discussione sulle parole del Vescovo di Melfi. Ora, dopo la manifestazione unitaria sulla Legalità di CGIL-CISL-UIL, sui temi Legalità e Mafia a Foggia occorre da subito aprire un grande confronto e riflessione nel Mondo del lavoro. Non possiamo accontentarci della convocazione del Prefetto e sederci al tavolo se poi ognuno di noi non sviluppa iniziative che incidono profondamente nel tessuto sociale e nelle coscienze, a partire dal mondo del lavoro. Mi sono piaciute le parole di don Ciotti nel comizio finale della manifestazione: “nella terra di Padre Pio e di Giuseppe Di Vittorio, la presenza della quarta mafia è un’offesa alla memoria e la storia di questi uomini”.
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