E allora che fare? Rimanere “come un campo coltivato a maggese”!

di SANTA FIZZAROTTI SELVAGGI - Rileggendo “I sé nascosti“ di M .Masud R. Khan (Bollati Boringhieri ) e in modo particolare l’ultimo paragrafo “Come un  campo lasciato a maggese“ non si può non riflettere su varie situazioni di angoscia, se non proprio di panico, che questa pandemia sta generando nella psiche umana. Invero in questa nostra realtà fondata molto spesso sulla irrealtà dei rapporti , sul virtuale e su interconnessioni apparenti l’uomo è fuggito da se stesso, da quell’unico conflitto che sempre appare con maschere differenti : il rapporto dell’individuo con sé. (M. Khan,op cit. p 198 ) . “Navigare in  Internet” inizialmente  per pochi, oggi  ha acquisito  dimensioni  vastissime . E’ mutato lo stile di vita , i comportamenti, e lo stesso concetto di ricerca e di cultura. Wikipedia ne è l’esempio : una enciclopedia online in cui tutti possono intervenire aggiungendo anche  notizie fuor d’ogni attendibilità senza poi tenere conto dei censori dello stesso Wikipedia che si regolano in base talora a notizie non sempre controllate  qua e là. I confini si sono allargati e slabbrati infrangendo lo stesso concetto di spazio/ tempo, accelerando e contraendo il tempo per cui è stato fatale l’emergere di un eccessivo narcisismo accompagnato dal delirio di onnipotenza, oltre che da un fuor di luogo pensiero magico, tipico dei bambini. 

Le relazioni in tempo reale hanno sostenuto questa illusione come se il corpo non ci fosse più ma soltanto il pensiero. Internet “abbatte i confini  spazio-temporali e permette - scrive il filosofo e teologo Michele Bianco in  Net Dipendenza. Alienazione e reificazione dell’anima  - una immediata comunicazione-confronto (con relazioni in tempo reale con scambio e condivisione d’informazioni interdisciplinari e interculturali), al superamento di steccati ideologici (con possibilità di verifiche  on line), allo sviluppo in campo medico e tecnico-scientifico della telemedicina, teleassistenza, tele informazione o teledidattica, con conseguenti e positivi risultati per l’intera umanità sia nel campo tecnico-scientifico sia in quello umanistico e letterario”. Ma forse oggi  bisogna riflettere ampiamente sull’uso di  Internet  sul piano dello sviluppo del pensiero creativo in relazione anche, per esempio, alla cosiddetta formazione  on line.  Non è casuale che Michele Bianco nel su citato lavoro  affermi che si tratta della”  rete che fa paura”. E’ la  net – dipendenza che facilita il nascondimento a se stessi e agli altri della propria identità personale, mentre facilita, in una solitudine di difficile definizione, l’emergere del sentimento di onnipotenza, di un falso se’ , di ideali dell’Io che con la propria realtà non hanno nulla a che vedere .

 La creatività nasce, invece,   dalla relazione, dall’incontro reale  con l’Altro.  Esiste nel mondo virtuale un consumo della violenza al punto  che i sensi  si  anestesizzano. L’uomo appare disorientato e deve tornare a pensare, a conoscere se stesso nel gioco di “  aléthēia”, che significa disvelamento, e perciò, rivelazione di sé  e dell’Altro da sé. Viviamo nell’era del dominio del visuale ( Cfr. P. Virilio,  L’arte dell’accecamento , Raffaello Cortina Editore ), nell’era del  dialogo tra coloro che non hanno più “la seconda vista”, ciechi dinanzi alla propria immagine riflettente l’immagine del mondo. Della capacità di essere liberi e critici dinanzi agli eventi ci rimane ben poco poiché si perde lentamente la capacità di pensare in termini divergenti e creativi, con quella libertà che è il fondamento di ogni vera democrazia . 

Si vorrebbe  tutto in tempo reale come se  tutto fosse prigioniero ma immantinente disponibile in una invisibile rete.  Siamo diventati frettolosi e “ irretiti” al punto da non averne consapevolezza. La memoria sembra essersi ridotta. Non c’è passato, né futuro. Una subdola  Damnatio memoriae.  Sembra esistere  solo l’illusorietà del presente. Dobbiamo ottenere  tutto e subito. Non tolleriamo l’attesa. E non riusciamo a immaginare.  L’attesa è ;invece , fondamentale per immaginare, ma questo è un altro discorso. Non tocchiamo gli oggetti, non ne sentiamo gli odori. Le nuove tecnologie  ridefiniscono gli assetti tradizionali dello scambio sociale e della relazione. Si verifica una apparente condivisione. Una apparente solidarietà .

L’interazione tra persone reali varia in relazione all’ambiente, al tono di voce, alla postura, allo sguardo.  In realtà uno degli aspetti dell’essere umano è la sua unicità pur nella complessità. L’ “io e il tu”, il “me e not  me “nella relazione virtuale si confondono.  Lo spazio e il tempo si condensano come in un sogno in cui tutto avviene contemporaneamente. Gli artisti in genere (non solo i poeti) sono visionari ... E' come se avessero un altro sguardo . Il problema e' che proprio per questo spesso non vengono subito compresi.   Da anni i performer della Scuola Viennese  ci parlano del' corpo' ... E invece in un'epoca digitale e telematica proprio l  'insormontabilita ' del corpo viene negata. L’essere umano cerca se stesso  ed è l’Altro  che consente lo svelamento di parti di sé. Si struttura dunque il discorso dell’intimità: ognuno di noi ha bisogno  di essere riconosciuto dagli altri. Uno sguardo , una parola fatta di suono, intonazione, infatti, possono trasformare la vita psichica. In internet tutto è virtuale e ciò crea isole di infelicità. Senza emozione  tutto diventa chiaroscurale  e la mente non ha più colore. Invero il simbolo del nostro tempo è la rete: una connessione di idee, proposte. Ogni terminale è un  neurone che si connette agli altri.  “Ma per lo sviluppo delle capacità di interazione sociale  è indispensabile il rapporto con il mondo reale e non virtuale”, come scrive Silvia Bonino.

Naturalmente le opinioni sono sempre differenti e Derrick De Kerckhove Antropologo, direttore Mc Luhan Program-Università di Toronto afferma che “Raggruppando i nostri neuroni "stupidi" in una mente cosciente, il nostro cervello sfrutta il loro potere, allo stesso modo Internet si appoggia su stupide macchine, stupidi personal computer; un pc è come un singolo neurone; quando sono collegati a migliaia tra di loro in una rete, questi semplici stupidi nodi generano un valore aggiunto che è di molto superiore alla semplice somma delle parti. Questa stessa dinamica si ripete anche in altri campi : nell'economia e nella finanza. Per questo, secondo Derrick De Kerckhove, la frontiera dell'uomo è quella dell'intelligenza connettiva. Un concetto che ha attirato l'attenzione di una parte della comunità scientifica internazionale. Lo spazio di Internet viene visto come "vivo", vivo di una presenza collettiva, brillante, attiva e umana. Ogni singolo utente diventa una singola parte di un pensiero collettivo, non esiste un drive al pensiero ma il pensiero "emerge" e si auto organizza sui contributi di ogni singolo utente. “ In definitiva Internet ci appare come un medium che tende all'onnicomprensività. Ma è proprio in questa ricerca la trappola che fa perdere di vista l’integrazione  ed elaborazione dei sensi, gli unici capaci di costruire i percorsi della creatività.

L’uomo rimane la misura di tutte le cose pur nel cyberspazio.  Il poeta con le parole “rende la terra carica di colorazioni affettive e splendente di uno strano fuoco di emozioni”. È invero, questa, una esperienza  che si realizza ogni volta che si dipinge o si scrivono  poesie, testi musicali e così via. Nelle attività immaginative del pensiero creativo viene a costituirsi sempre una trama di linguaggio lungo i versanti di sconosciuti e pertanto stranianti alfabeti che tentano di plasmare il mondo  affinché  questo possa risultare a noi familiare. “ Amor che nella mente mi ragiona “ scrive Dante. E tutto ciò è straordinario. Il cognitivo non è mai disgiunto dall'affettivo ma pone in questo le sue radici. E allora come è possibile sostituire il Maestro con Internet?  Ce lo chiediamo tante volte . Che tipo di cognitività  ne deriva?  Che amore è quello virtuale? Dove sono gli odori,  il tatto?...Dove lo sguardo che può accendere le emozioni sopite?  Dove sono le labbra da baciare ? Internet come la televisione e il telefono sono mezzi straordinari . Il problema e' sempre l'uso che si fa di questi strumenti.  Soprattutto Internet ci suggerisce l'idea che siamo cellule di un unico organismo.  Come i fiori del mandorlo di questa primavera 2020 che sembrano sempre gli stessi e invece sono tutti diversi ma tutti parte del mandorlo.

E ora con il Covid 19 che si fa?  Il Coronavirus 19 è una realtà temibile per l’umanità. Miete vittime : anziani, adulti, bambini, medici…Si diffonde facilmente .E’ contagioso come la rete che ad alcuni non nuoce ma che ad altri può essere fatale . E allora per ragioni di tutela di sé e degli altri si è costretti a rimanere a casa : ma come la mettiamo con questo delirio di pseudo libertà  , in cui il sesso sembra farla da padrone dissociandosi dall’amore , che ha fatto sì che nugoli di ragazzini e ragazzine non stessero mai in casa ma nei pub  o discoteche fino a tarda ora, fino all’alba ? Come la mettiamo con quelle madri che se pur per ragionevoli motivi lavorativi sono sempre state fuori casa e raramente hanno giocato con i bambini annientando quello stato transizionale dell’esperienza essenziale per scoprire in  sé la scintilla della creatività ? Come la mettiamo con coloro che, per questa alienazione forte di se stessi e per non aver il coraggio di incontrare la propria natura, hanno creduto di dominare il mondo dimenticando  il “ restare oziosi “ quale abilità dell’Io ,quanto meno  nella civiltà occidentale (( M. Khan, op,cit ).  Non sto contestando nulla delle meraviglie di internet  o dei social . Assolutamente no : sono finestre sul mondo . Ma l’uso che si è fatto di questi strumenti ha fatto sì che l’uomo  si smarrisse e perdesse i valori fondanti l’umanità. Pornografia, pedofilia, odio, senofobia, siti neonazisti, praticanti forme di antisemitismo  de facto, criminalità,  far west dei siti web  ( M. Bianco , op cit ) e ahimè anche di alcuni programmi televisivi in cui l’orrore di cui è composta la natura umana diventa spettacolo che induce al godimento. Nulla a che vedere con la catarsi indotta dai tragici greci.

La terra necessita di rimanere a maggese per rigenerarsi , così come per l’essere umano fondamentale è rimanere con se stessi, in silenzio per ascoltare la voce di dentro, comprenderla, accettarla e non fuggire da se stessi. “La vita non è fatta di sogni né di virtuale. La realtà è costituita dai contatti diretti con le cose e le persone. Mentre credo di comunicare con l’interlocutore, questi mi può nascondere la sua identità; mi sfugge ciò che lo riguarda, il contesto in cui vive ed opera, il suo presente o passato; mi sfuggono, insomma, gli elementi che rendono umana la comunicazione. Credo  di attraversare il pianeta ma mi illudo, perché, mentre lo schermo mi trasmette velocemente immagini lontane, io mi trovo  davanti ad un video, solo.   Mentre penso di  relazionare con altre realtà o culture, che non saranno mai mie, se non virtualmente, avverto l’interiore disagio di un insanabile conflitto interiore.” ( M. Bianco  , op. cit )  E così assistiamo all’emergere di antiche claustrofobie, all’angoscia dei bambini ( in Italia sempre meno nascite )  che non sanno più giocare, non hanno imparato a giocare, a immaginare in autonomia, ma a subire le immagini e dunque i messaggi che queste immagini fatalmente comunicano in modo assai passivo e subliminale. Bambini che non sanno più disegnare o dipingere, non sanno inventare fiabe  E’ la Presidente della Società Psicoanalitica italiana e psichiatra infantile, Anna Maria Nicolò, in riferimento alle angosce dei bambini intimoriti da quanto sta accadendo  ad affermare che “ molto dipende dal fatto che i genitori riescano a contenerla o meno”. (in  DireOggi del 23 marzo 2020 ). Certo, parole di verità .

Ma dove si colloca ora la genitorialità, quella genitorialità divisa, scissa ? Padre e madre in luoghi diversi .  I bambini hanno il terrore di perdere il genitore: e allora bisogna ritrovare la condizione del maggese, delle “ terze terre “ della creatività che permette di scoprire insieme  il tempo e lo spazio, la sospensione di ogni giudizio ,  l’incontro fecondo di idee e di giochi che fa ancora sentir vivi, al di là di ogni Coronavirus 19 con il quale, che pur determina tragedie , rimarremo in debito. Si. Signori e Signore: come siamo in debito con sorella Morte, con Thanatos al quale si deve la nascita della Scienza e dell’Arte, del linguaggio (altrimenti saremmo ancora nella foresta a ciondolare tra un albero e un altro con tutto il rispetto per specie diverse ovviamente )  così saremo in debito con il Coronavirus 19 che ha dato la possibilità   all’essere umano di poter riflettere sulla sua fragilità e sulla sua possibilità di riscoprirsi capace di gestire il senso del tempo e dello spazio.  L’ attivismo e il frenetico correre ci ha fatto perdere   la consapevolezza della vita che fluisce , dell’istante del respiro: siamo diventanti incolti , smarriti in un oceano di notizie che hanno impedito di “ restare oziosi “ e cioè come scrive M., Khan  (  op cit, p 204) di : a) accettare sé come persona autonoma b) la capacità di tollerare  una temporanea assenza di comunicazione ; c) la capacità di tollerare una riduzione delle relazioni con l’ambiente. Questo tempo sia dunque “ come un campo a maggese “ che può consentirci di entrare in contatto con il nostro vero sé senza paura e dunque di entrare in contatto con l’Altro. M.Khan scrive che fondamentale è la capacità di restare a maggese, di restare “ in ozio”, “ serenamente soli in presenza dell’altro”: una premessa indispensabile per  riaprire un vero dialogo.

*scrittrice, psicologo-psicoterapeuta, specialista in psicologia clinica
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