Cannabis light: aumentato il consumo durante il lockdown

Fino a pochissimo tempo fa, in Italia e quasi in tutta Europa la coltivazione di piante di cannabis era considerata illegale, in ragione del fatto che la marijuana, contenendo THC, era classificata come sostanza stupefacente e, per questo, vietata. Un primo spiraglio si è avuto con un regolamento europeo del 2013 che ha permesso la coltivazione a uso industriale delle piante di canapa che contenessero una concentrazione di THC inferiore allo 0,2%, la cosiddetta cannabis light.

Parallelamente, ha iniziato a svilupparsi il commercio delle sementi della cannabis, alcuni per la coltivazione secondo di dettami della normativa europea, altri da collezione, come quelli venduti online su Sensoryseeds.it. Questi ultimi sono offerti al pubblico per la conservazione della genetica della pianta, poiché fino ad ora non è stato ritenuto lecito utilizzarli per coltivare in ambito domestico. Ci sono, però, delle novità.

Come abbiamo accennato, la legislazione, compresa quella italiana, ammette esplicitamente soltanto la coltivazione per uso industriale, per cui una lacuna di disciplina rimaneva per quanto riguardava la coltivazione in casa o comunque in maniera non industriale. È stato pertanto necessario l’intervento al riguardo della giurisprudenza, che in un primo tempo si è mostrata particolarmente inflessibile.

Le ragioni dell’interpretazione estremamente restrittiva dei tribunali e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione risiedeva nel fatto che i giudici associavano alla coltivazione il rischio che questa condotta integrasse quella del reato di spaccio e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti (punita penalmente dal Testo Unico delle sostanze stupefacenti del 1990), senza possibilità di prova contraria. Fino alla sentenza di maggio 2019 delle S.U. della Suprema Corte era quindi vietata in maniera assoluta la coltivazione non a fini industriali, indipendentemente dalle circostanze, ma solo per il fatto che si fosse in possesso di una pianta corrispondente alla specie vegetale della marijuana.

Dopo pochi mesi la medesima Corte ha mutato sensibilmente la conclusione, pur partendo dal medesimo ragionamento. La sentenza del 19 dicembre al riguardo ha infatti distinto la coltivazione domestica a uso prettamente personale dagli altri casi, considerando la prima come condotta lecita e quindi non punibile. L’uso personale, infatti, esclude lo spaccio, quindi i giudici rimangono coerenti con l’impostazione precedente, mutandone solamente le risultanze logiche.

Tuttavia, affinché la Corte possa considerare la condotta idonea a rientrare tra quelle di coltivazione domestica ad uso personale devono essere soddisfatti dei parametri da cui si possa effettivamente presumere che l’attività non è destinata allo spaccio. In particolare, gli ermellini fanno riferimento al numero di piante e alla quantità di prodotto che da esse può esser ricavate, ma anche dall’attrezzatura, professionale o meno cui si faccia ricorso, rimanendo comunque la possibilità che da altri indizi si possa dedurre che non si tratti di coltivazione ad uso meramente personale. Da questo si comprende inoltre che non sia il breeder a dover provare l’uso personale, se i requisiti descritti sono soddisfatti, ma dovrà essere l’altra parte a dimostrare che invece far crescere le piante di cannabis era al fine della commercializzazione del prodotto.

Come si può vedere vengono nettamente distinte la coltivazione di piante di marijuana domestica, quando ci siano indici chiari della destinazione all’uso personale, e il reato di spaccio e detenzione per spaccio, che, eventualmente, deve essere provato. Un regime e una decisione decisamente favorevole per il breeder italiano che può iniziare a guardarsi intorno nel mercato dei semi, in attesa di una sicura conferma anche in senso legislativo.

Questa sentenza non è un’assoluta novità nel panorama italiano, nel senso che si inserisce in un percorso di superamento dei pregiudizi e di progressiva apertura nei confronti della cannabis. Ciò è sicuramente legato alle scoperte scientifiche al riguardo che hanno fatto emergere con decisione le proprietà benefiche di alcune sostanze presente nella marijuana, che al contrario del THC, non hanno effetti psicotropi né danno assuefazione. In questo quadro si inserisce la l. 242/2016 che ha alzato rispetto all’Unione Europea il tasso di THC tollerabile per la coltivazione di canapa a uso industriale a 0,6% e il Decreto del Ministro della Salute del 4 novembre 2019, poco prima della sentenza che ha ribaltato le sorti di chi si dedica a coltivazioni domestiche, che ha reso legale l’utilizzo di semi a fini alimentari, qualora abbiano una concentrazione di THC inferiore allo 0,2%.

Tra gli altri, Sensoryseeds è un sito dove puoi trovare una vasta scelta di semi di cannabis, di molteplici varietà di marijuana e con un packaging che assicura un’ottima conservazione, anche per moltissimo tempo, forse in attesa che da semi da collezione possano diventare qualcosa di più. In quest’ottica si può infatti aver bisogno di tipologie di semi che meglio si adattino al tipo di coltivazione a uso personale adatto alle proprie capacità e disponibilità di spazio: autofiorenti, femminizzati o a crescita rapida. La scienza agraria ha affinato i propri studi nell’ottica di facilitare la vita ai breeder in molti sensi, in particolare velocizzando il processo di fiortura, a scapito di quella vegetativa. Manca solo il via del legislatore affinché queste nuove tecniche possano essere valorizzate ed apprezzate dai coltivatori di tutto il mondo.
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