Famosi e malati: Vincenzo Bellini

VITTORIO POLITO - Vincenzo Bellini (1801-1835), il musicista catanese che morì a soli 34 anni, soffriva molto il caldo ed aveva frequenti coliche intestinali che cercava di dominare… con i purganti. La sua morte dette adito a ipotesi di avvelenamento e, per porre fine a quelle voci sempre più insistenti, dovette intervenire personalmente il re Luigi Filippo, che incaricò un professore della Facoltà di Medicina di eseguire l’autopsia sul corpo del musicista. In realtà fu esclusa l’ipotesi di avvelenamento, ma la causa della morte fu attribuita ad una «infiammazione dell’intestino crasso, complicata da ascesso del fegato».

Una successiva rivalutazione dei reperti, alla luce di moderne conoscenze, ha per certi aspetti confermata la diagnosi di “enterocolite amebica”, che spiegherebbe anche il reperto autoptico dell’ascesso al fegato. Al tempo del musicista sarebbe stata impossibile una diagnosi del genere. Infatti “l’Entamoeba histolytica”, responsabile di tale patologia, fu scoperta solo quarant’anni dopo la morte di Bellini.

Un grande amore contrastato fu Maddalena Fumaroli, figlia di un ricco magistrato di Napoli, che Bellini sposò con l’opposizione del padre e, forse, per questo motivo, Francesco Fumaroli, morì di crepacuore, contrario al matrimonio della figlia con un “suonatore di cembalo”.

Sta di fatto che Bellini compone nel 1825 l’opera “Adelson e Salvini”, che al San Carlo fece molte repliche. Nel 1826 compose “Bianca e Germando”. Nel 1829 va in scena al Teatro Regio di Parma “La Straniera”. Nel 1831 scrive “La Sonnambula” che va in scena a Carcano. Ma il trionfo fu la prima di “Norma” alla Scala di Milano. Il 24 gennaio 1835 prima dei “Puritani” al Teatro Italiano di Parigi, altro successo.

Nel successivo agosto 1935, Bellini comincia a parlare di strani malesseri notturni, rinunciando, il 9 settembre successivo, ad un pranzo della Principessa Cristina di Belgioioso. Dal 15 settembre, seguito dal medico Montallegri, nessuno più riesce a vederlo. Il 23 successivo un amico, Auguste Aymè, entra nella casa, ormai abbandonata, e trova il musicista morto.

Ai funerali viene eseguito un “Lacrymosa”, elaborato sul tema dei “Puritani”. Entra così il compositore nel mito e Robert Schumann dirà un giorno alla sua Clara Wieck: “Tu amerai Bach in me, io amerò Bellini in te”.

Alcune notizie su riportate sono state riprese dal volume di Luciano Sterpellone “Famosi e malati” (Società Editrice Internazionale).
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