Valentina Giannella e Lucia Maruzzelli ci introducono nella ‘Green Nation’


LIVALCA  -  Il prezioso Amico degli ultimi anni, non di vecchia data ragion per cui di inestimabile qualità, Luigi Papa si diverte ad inviarmi affettuosi messaggi tipo : “Tu che sai tutto…chi era Gungor”.  Al mio silenzio replica :” Calciatore turco in forza al Bari” ( Gianni Antonucci grazie per avermi chiarito che non ha mai esordito in prima squadra, pur avendo fatto parte della rosa).  Luigi stamattina ha replicato : ‘Conosci Silvia Pedri’, al mio silenzio ha replicato «Amor è il luogo senza confini dove un tempo c’era paura e adesso c’è solo coraggio». Conoscendolo ho dedotto - lui come tutti i mei amici vecchi e nuovi sanno che mi rifiuto di andare in rete…perché resto attaccato al vecchio ‘goooooool’, battuta anziana come il sottoscritto! - trattarsi di poetessa, autrice dei versi inviatimi ( qualora avessi errato gentile Pedri mi scusi anticipatamente e sono disposto ad occuparmi del suo eventuale lavoro per rimediare).

E’ stato proprio questo assioma «Spesso la paura regala coraggio» ( La Fontaine) che mi ha fatto pensare al libro recente di Valentina Giannella e Lucia Esther Maruzzelli  «Green Nation Revolution. Le idee, i giovani e le nuove economie che stanno rivoluzionando il mondo e curando il pianeta», Centauria, 2020, Milano, che si avvale di geniali, esplicative illustrazioni di Manuela Marazzi, la stessa artista naturalista che ha contribuito al successo planetario  ( 16 edizioni in 25 Paesi) del libro-manifesto «Il mio nome è Greta», curato dalla sola Giannella, sempre per le edizioni Centauria, 2019, Milano.  Il libro a quattro mani è rivolto alla gioventù - nel senso che anche coloro non più giovani anagraficamente, ma che hanno inteso che non si possa rimandare a domani quello che si deve fare oggi, sono in gara -  del pianeta, senza nessuna distinzione di nascita, sesso e religione, uniti dall’unico obiettivo di salvare la Terra, malato difficile da curare dal momento che i ‘medici’ lo ritengono, senza scomodare Molière, ‘immaginario’  e lo stesso commediografo rincara la dose affermando « I peggiori uomini danno sempre i consigli migliori».


Verso la fine degli anni ’70 a Roma ( al Teatro Tenda ?) vidi uno spettacolo in cui  Vittorio Gassman  si cimentava in «Affabulazione»  di Pier Paolo Pasolini e nell’intervallo - per avvalorare la  sua nomea di mattatore - ci regalò la declamazione di versi di  Lawrence Ferlinghetti, all’epoca profeta della ‘beat generation’, che certo, esortava alle droghe,  al libero amore e cose attinenti,  ma poneva anche in competizione la generazione del dopoguerra, che sacrifici aveva fatto, con la successiva che pretendeva tutto e subito.  Di quei versi che Gassman pronunciava senza leggere ricordo « …e un vento di cenere/soffia sulla nazione/ e per un lungo momento/ nell’eternità/ c’è caos e disperazione/ e voci amori e pianti/ e sussurri sepolti/riempiono l’aria, ovunque…», penso siano attualissimi e possano essere interpretati nel giusto modo da quelle persone che conducendo una vita ‘normale’ hanno contribuito al progresso, che non va mai vilipeso, ma va soccorso per essere instradato nel giusto binario e nell’interesse collettivo.

«C’è una nuova forza della natura che sta crescendo in tutto il mondo. Sono i giovani che noi abbiamo deluso. Sono arrabbiati. Sono organizzati. Sono in grado di fare la differenza. Non possiamo non ascoltarli, perché hanno ragione. Sono un esercito morale e la cosa migliore che possiamo fare è toglierci di mezzo e lasciargli spazio» (Harrison Ford, attore e attivista per il clima), questo pensiero del noto attore occupa una pagina  intera all’inizio del volume delle due giornaliste, ma non mi vede in sintonia.  Personalmente non ho mai deluso nessuno e mi sono sempre battuto, senza esibizionismi, perché il mondo fosse giusto e sostenibile, per giunta mi sembra una grande trovata quel ‘metterci da parte’ ( magari per godersi i soldi accumulati correttamente con il cinema, con pellicole non sempre, parere personale, ‘edificanti’) non avendo niente di cui chiedere perdono.  Io voglio collaborare e , se possibile, aiutare questi ragazzi a commettere meno errori ( il ’68 ero dalla giusta parte !) e non ‘sfasciare’ tutto.   Oso dire questo con cognizione di causa : I Maestri bendati di un tempo si sono tutti sistemati alla grande, lasciando tirare la ‘carretta’ a chi non può certo dire di essersela goduta. 

Non sprecare acqua, cibo e materie prime è stato da me applicato da semplice bersagliere quando ho fatto il militare cooptato in ‘maggiorità’, non so se il candidato all’Oscar del 1986 si sia comportato nella stessa maniera quando ha frequentato i ristoranti di mezzo mondo. Chiariamo un concetto: Ford è un grandissimo attore da me stimato, ma non posso accettare il coinvolgimento di tutti con un Noi, un plurale che sono una gigantesca offesa ai tanti scienziati, in tutti i campi, che hanno lavorato per il prossimo e per il bene delle generazioni successive.

Immenso artista Ford, lei è il primo personaggio in cui mi sono  imbattuto leggendo il volume «Green Nation Revolution» - chiedo venia, ma non conosco Polly Courtice dell’Università di Cambridge che la precede - e vengo in suo soccorso non solo non essendo in sintonia con Tito Livio e il suo “Vae victis”, ma anche con il simpatico favolista latino Fedro.   Fedro ci regala un “Vulgare amici nomen, sed rara est fides”(Comune il nome d’amico, ma rara la fedeltà) e per giustificare tale presa di posizione ci espone un episodio che vedeva protagonista Socrate. Il noto, già alla sua epoca  459-399 a.C., filoso greco si fece costruire una casa piccolissima, nonostante una notevole disponibilità economica.  Chiaramente molti gli fecero notare come fosse stato troppo parco.  La sua risposta fu che, nonostante fosse esigua, avrebbe avuto difficoltà a riempirla di veri amici. Non sono in linea con questo pensiero.  La nostra editrice, abbastanza grande, ha sempre contenuto amici in libera entrata e uscita e, quando si ampliava, lo faceva sapendo che era necessario spazio per accogliere nuovi amici.  In sostanza hanno ragione i giovani che va ridisegnato il modo di vivere e adeguato alle esigenze attuali - noi quando andavamo in gita, in vacanza o semplicemente al mare,  portavamo la bottiglia di acqua di vetro che veniva riempita e sempre quella era - e iniziare a capire che non è più possibile bruciare combustibili fossili.   Togliersi di mezzo penso che sia il modo salomonico di lavarsi le mani  e magari continuare a vivere ‘generosamente’ pensando a se stessi, tanto io non ‘conto  più’. 

Sono perfettamente consapevole che si deve mantenere-prolungare/riusare-ridistribuire/rinnovare-rigenerare/riciclare-recuperare e inoltre le  Università devono aprirsi alle nuove professioni  con esperti in scienze ambientali e della terra; informatici ambientali, architetti  che pensano alla sostenibilità, ingegneri che si applicano per  ridurre i consumi, agricoltori urbani.  Il libro parla di sei università green nel mondo, inserendo fra queste il Politecnico di Milano, ebbene io vi dico che il Politecnico di Bari non solo risponde presente, ma ha avanzato proposte e idee innovative e a dirigerlo non vi sono piccoli geni, ma individui che hanno a cuore il destino di figli e nipoti.  Personalmente penso di rappresentare tanta gente che ritiene di essersi comportata ‘responsabilmente’ e che è disposta INSIEME a collaborare perché forse può ancora dare consigli o prendere ordini ( il dilemma non esiste !).

Nel lontano 1968 il mio Amico Enzo Jannacci, lui milanese io barese, scriveva  “ …si potrebbe poi sperare tutti in un mondo migliore…Vengo anch’io? No, tu no.  Se questo ‘no’ persiste dopo mezzo secolo non possiamo dare la colpa alla ‘comunicazione’ non perfetta fra generazioni diverse, ma possiamo fare nostra la poesia musicale di Lucio Dalla del 1992 ‘Come è profondo il mare’.  “E’ inutile/Non c’è più lavoro/Non c’è più decoro/Dio o chi per lui/Sta cercando di dividerci/Di farci del male/Di farci annegare/Com’è profondo il mare…”.


Queste due giovani signore che vivono da sette anni a Hong Kong, entrambe madri di due figli, hanno fondato, in quella che fu una colonia della Gran Bretagna fino al 1997, una dinamica agenzia editoriale  che cerca di sostenere non solo le aziende, ma anche le istituzioni italiane nei rapporti di comunicazione con le realtà locali. Nel libro le due giornaliste ci parlano di una ‘pazza idea’ partorita a Cambridge - dimenticando che ci aveva pensato già nel 1974 Patty Pravo, con risultati che il tempo ha ‘inquinato’  ma non ‘eliminato’ - che si serve di tecnologie estreme per salvare il pianeta e ridurre al minimo le emissioni di anidride carbonica. Vi elenco solo le tre idee senza scendere nei particolari: ricongelare i poli, riciclare la CO2, rendere gli oceani più verdi.

Molto confortante, anzi incoraggiante, il capitolo che ha per titolo ‘Il brusio del cambiamento’, in cui si da il giusto rilievo al lavoro delle api.  In sintesi il progetto nasce da  cervello italiano, Castelfranco Veneto, azienda Apepak  ideata e fondata da Massimo e Molly Massarotto,  e  capitale e organizzazione del business in California a San Francisco. INSIEME  hanno  creato una filiera che metterà in commercio un prodotto per ricoprire gli alimenti, impiegando materiali interamente sostenibili.  Buon lavoro in attesa di varare un affare  ‘made in Italy’ totalmente. Costruire, quindi non solo abitare,  a costo zero  è un imperativo che deve vedere al lavoro le capacita di ogni scienziato del mondo (bella idea  sarebbe quella di progettare ospedali e cliniche in questo modo, invece di riconvertire vecchi edifici con criticità pregresse);  nel settore tessile, in cui siamo maestri, va rinnovata e impostata in modo diverso   l’idea di moda ( pensate per realizzare un paio di jeans ci vogliono 7500 litri di acqua) e bisogna tenere presente che la tintura di tessuti e pellame è responsabile dell’inquinamento dell’acqua in tutto il mondo.

Non ho il libro con me in questo periodo di ‘forzato’ riposo, ma ricordo che viene citato John Lennon ( sono uno dei pochi italiani che non impazziva per i Beatles, pur stimandoli) perché mi pare che, ad una domanda intelligente, - quella che la verve di Jannacci metteva nelle corde di Cochi e Renato - tipo ‘da grande cosa vorresti diventare’, rispondeva secco : ‘felice’.  Lennon a chi gli faceva notare di non aver capito la domanda, rispondeva che ‘non avevano capito loro la vita’.  Spero di ricordare bene altrimenti la mia «Imagine» è rovinata.  A questo proposito mi permetto di consigliare a tutta la famiglia Giannella, dal nume tutelare Salvatore (caro Amico nella tua sempre ‘rigogliosa’ Trinitapoli stanno riemergendo  le rovine della vecchia Salapia, forse per rammemorare  che, contro il logorio della vita moderna, il famoso ‘carciofo’ della nostra benedetta terra riveste il doppio ruolo di medico e farmaco) al più piccolo dei nipoti e a quei miei fedeli lettori - compreso quelli che protestano con il giovane direttore Ferri per le mie continue inversioni e  invasioni di campo - di provare a cercare la lettera che Lennon scrisse per certificare il suo ‘pazzo’ amore per Yoko Ono: dovete cliccare ‘Ci hanno fatto credere’.    Voglio chiudere queste mie note stonate (sconclusionate ?) con un pensiero di Leopardi che amava la vita come noi e più di noi :« Gli uomini sarebbero felici , se non cercassero di esserlo».  Io tra Giacomo e John ho già scelto.

I ritratti digitali di Dalla e Jannacci sono creazioni di Giacomo Giannella/Streamcolors
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