Alla conquista dell'Everest

FRANCESCO GRECO - Come Ulisse che deve tornare in patria e il Macedone che deve spingersi oltre l'Indo. Una mission per tentare di dare un significato alla propria esistenza.

E' ancora un ragazzino, Edmund Hillary, neozelandese, e capisce che deve fare qualcosa di grande mentre aiuta il padre ad accudire le api: il miele procura da vivere alla famiglia.

E capisce anche che la scuola non farà altro che tarpargli le ali: non è quella la sua strada.

E' già uomo quando ascolta i racconti di due (Stevenson e Dick) che hanno appena scalato il Monte Cook, lo colpisce il modo in cui i presenti li guardano.

Ma non sa che cosa lo aspetta: "Le limitate risorse economiche, la difficoltà di spostarsi velocemente attraverso regioni aspre e inaccessibili, l'inevitabilità di portare tutto il necessario con sé, la lotta costante contro la pioggia e il maltempo, le sofferenze e i disagi". Ma tutto diviene sopportabile se ti aspetta "l'aria frizzante" e sopratutto un "meraviglioso senso di libertà".

Il 2 giugno 1953, Hillary e lo sherpa Tenzing Norgay riuscirono dove in tanti precedentemente avevano fallito: toccarono l'Everest, la vetta più alta del mondo (8848 metri). La spedizione era iniziata due anni prima.

"Everest" (La storia della prima ascesa), Piano B Edizioni, Prato 2020, pp. 252, euro 16,00 (Collana Disport) è il resoconto appassionato, emozionante, lirico dell'avventura che Edmund Hillary (era nato nel 1919, è morto nel 2008) narra sotto forma di diario, come un romanzo pieno di sorprese a ogni pagina.

A cui non sfugge nulla, nemmeno i sorrisini ironici dei coolie (i portatori dei loro bagagli), un pò filosofi, che certamente si chiedevano perché questi uomini avevano deciso di salire le montagne quando potevano starsene nelle loro comode case a mangiare ottimi cibi.

In tempi di crisi di leader e di leadership, una delle chiavi di lettura della prosa di Hillary è la capacità e la necessità di prendere decisioni all'istante, l'etica della "responsabilità e rispetto per gli altri".

Ma le password sono infinite, perché illimitate sono le potenzialità dell'uomo. Come il coraggio, la resistenza, la resilienza, osare l'inosabile. E qui l'avventura, e la narrazione, diviene rarefatta come l'aria che si respira a quelle altezze. Trasfigurandosi in scansioni dai mille echi.

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