Quell’acre profumo di tabacco del mondo di ieri

TINA VENTAGGIATO - La copertina del libro immediatamente lancia il lettore, che abbia un po’ di anni come la sottoscritta, nel mondo lontano dell’infanzia. Il pensiero è confermato dal primo racconto: “Il ritorno”, che porta il protagonista principale al capezzale della madre morente. Esso delinea, insieme all’ultimo, “L’addio”, la cornice entro cui il mondo dell’infanzia e della gioventù del protagonista ritorna.

La preparazione del corpo della madre alle ultime esequie è fonte di raccapriccio. I parenti anziani evocano antichi riti e “credenze tribali” che inchiodano i presenti “all’età della pietra” e lui, il protagonista, nel mondo del Sud doloroso dal quale aveva faticato a fuggire.

Il bilancio di cinquanta anni di assenza lo costringe ai ricordi, ed ecco evocate, le immagini di quel Sud. Lo aveva odiato. Tornava nel ricordo del profumo forte e acre del tabacco, nel grasso nero e colloso che si appiccicava alle mani, nel disgusto dei tempi di semina e raccolta, e soprattutto nella fatica immane lo piegava.

“Sempre al lavoro come ciucci”. La fatica “da ciucci” (da asini) del lavoro del tabacco si lega al giudizio pietoso per le classi umili, che vi erano costrette, e sulle quali pesava la frattura della distanza sociale con i più abbienti che diventava “marchio” e quindi condanna morale. Fare un lavoro “da ciucci” significava essere “ciucci”.

L’odio per il Sud prende il volto del Padre. Magro e piegato in avanti, la pelle bruciata dal sole, le dita ingiallite dal fumo. Dal carattere odioso. Vittima e carnefice, il padre è sfigurato dalla fatica.

“Pieno di rabbia, acrimonia e rancore, spesso rallentato e obnubilato dal vino”, metteva in essere un giuoco malvagio verso i figli, fatto di disprezzo che li “annientava”e li costringeva a sfuggirlo per evitare di “diventare nuove vittime sacrificali immolate all’altare della disperazione”. La figura del Padre segna negativamente il mondo maschile. Un giorno il Padre portò a casa una gazza e questo sembrava un cambiamento in positivo, ma per poco. L’odio verso il Padre riemerse quando, sprezzante, disse della gazza: “E’ cretta” (è morta). I tentativi del protagonista di rianimarla erano “picci” (capricci), dileggiati anche dai fratelli che “scimmiottavano” l’affermazione del Padre: «E’ cretta! E’ cretta! E’ cretta».

Nonno Oronzo, “un ulivo”, porta un’altra versione del maschio, ma bisogna essere vecchi e deboli per diventare “buoni come il pane”. Anche con lui, nessun contatto fisico che tradisca emozioni o sentimenti. Erano “smancerie”.

Al mondo delle donne appartengono i gesti scaramantici per acquietare le forze distruttrici della natura. Durante il temporale Nonna Rosa esegue un rito propiziatorio: “A mare, a mare/ addù no canta jaḍḍә/ a mare, a mare/ addù nu luce luna/ addù nu pote/ nuḍḍa anima e criatura”. (Al mare, al mare/, dove non si sente il canto del gallo/ al mare, al mare/ dove non brilla la luna/ dove non ha potere/ nessuna anima e nessuna creatura).

Rito, le cui parole Maria Francesca lega alla Bibbia (Ecclesiaste 11,2-4). Mentre le donne pregavano, “l’ira di Dio si teme ma non si fugge”, il padre bestemmiava.

La divisione della casa paterna tra i due figli maschi escludendo le femmine mostra la nonna dalla parte degli uomini. La nonna condannava Zia Concetta, che esprimeva contrarietà per essere stata esclusa dall’eredità, lanciandole contro l’anatema: “Maledettu lu latte che t’aggiu tatu” (Maledetto il latte che ti ho dato).

Il mondo delle donne gira intorno alla maternità. La madre scodellava un figlio all’anno e Maria, la figlia maggiore, era costretta a crescerli. Nasceva rabbia in Maria, “vittima del caos e del superlavoro”. Frequentava con difficoltà la scuola elementare e sarà bocciata da quella scuola escludente gli studenti più deboli.

Il discrimine tra le classi sociali superiori e inferiori sarà mostrato anche dalla figura del maestro. A scuola “sferza qualche cazzotto in testa” per punizione. Usava gli studenti per i lavori nei suoi campi (raccolta delle olive) e in cambio elargiva consigli che stigmatizzavano una doppia visione del mondo in cui il pregiudizio condannava i tanti poveri a restare tali mentre il privilegio “spingeva pochi al successo”.

Come sfuggire a questo pregiudizio che condannava il nostro protagonista a rimanere “ciuccio” come suo padre? Il Sud era una gabbia dalla quale evadere. E nasceva il mito del Nord. La ribellione prese la forma dello studio intenso fino all’Università e finalmente il Nord.

Il mondo tracciato nel libro è faticoso e tristo per i poveri contadini, ma è un mondo che mantiene tutto il suo fascino, nonostante sia odiato e rifiutato dal protagonista principale che se ne libererà.

Maria Francesca Giordano ha pubblicato nel 2000 la raccolta di versi “Ho parlato ai fiori” (Edizioni Acustica).

Maria Francesca Giordano, “Profumo di tabacco”, Edizioni Esperidi, Monteroni di Lecce 2020, pp. 120, euro 13.00.
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