Cara Chiara, torni presto a trovarci…

FRANCESCO GRECO - Tre sono le cose che, pur senza ammetterlo a noi stessi, invidiamo visceralmente al prossimo: bellezza, ricchezza e giovinezza. Di più: anche inconsciamente, talvolta ci auguriamo che agli altri vada male per poterlo commiserare, avvolgerlo nell’infido peplo della pietà pelosa.

L’influencer Chiara Ferragni (da poco è stata istituita una laurea triennale nell’ispida materia di cui è una star e che ti può cambiare la vita) è un piacevole concentrato delle suddette virtù: è giovane (33 anni), ricca e bella come la “Venere” di Botticelli.

Se dai alle stampe un saggio bello tosto sul grillismo declinante vendi mille copie; se lei dice: “Ragazze, st’anno andate in spiaggia vestite di rosso…”, si becca 20 milioni di like e qualcosa di meno si infila nella prima boutique all’orizzonte. O tempora, o mores!

A proposito di costumi: i moralisti di ogni ordine e grado, sparsi copiosamente negli interstizi di un Paese in declino quale purtroppo siamo, e non da oggi, dando prova di un provincialismo devastante quanto insospettato, hanno gridato allo scandalo nel vederla sui social fotografata con alle spalle la “Venere” di Botticelli, trovando blasfemo l’accostamento, come se la bionda Ferragnez avesse commesso un reato di lesa maestà.

E come se usare gli “Uffizi” per un servizio fotografico fosse la più riprovevole delle performance artistiche, roba da geenna ove è pianto e stridor di denti. Ma forse anche il Botticelli avrebbe approvato l’audacia e magari la sua modella era un’antenata della Chiara nazionale.

Il direttore degli “Uffizi” Eike Schmidt, che è tedesco e forse portatore di etica luterana, se n’è stato zitto e buono e poi ha esibito quel quasi 30% in più di visitatori nel week-end successivo allo “scandalo” in un Paese dove non ci si meraviglia più di niente, manco degli statisti presi dall’ufficio di collocamento.

Eredi dei rudi “cafoni” di Capitanata e dei contadini “scarpe grosse, cervello fino” di Terra d’Otranto, seguaci del proverbio-mantra “Raccogli l’acqua quando piove”, noi meridionali ancora una volta abbiamo dato prova di grande maturità e saggezza (non siamo forse eredi di Platone e di Plotino?), se vogliamo, di una superiorità culturale e anche estetica e abbiamo acceso un cero al nostro santo protettore, ringraziando il Cielo quando abbiamo visto la Chiara al “MarTa”, poi sotto le volte divinamente affrescate della Basilica di Santa Caterina d’Alessandria a Galatina, nei vicoli di Otranto e in altri luoghi di culto della Puglia terra antica e misteriosa, ignota a noi stessi aborigeni, nativi digitali.

La dea bionda s’è detta stordita e sorpresa dalla bellezza intorno e da quelle che le hanno mostrato, che non conosceva, ringraziando i suoi dei per averla menata a sud del 39mo parallelo.

E anche a noi i numeri – che non possono essere piegati ad alcuna ideologia, né etica bacchettona e fricchettona - han dato ragione: più visite sui siti, che domani saranno tradotte in turisti in carne e ossa negli hotel, i b&b, le masserie. Con questi chiari di luna, il pil in caduta libera, i consumi depressi, è tutta manna piovuta dal cielo, balsamo sulle ferite post-Covid. Da accendere un cero alla patrona.

Cara Chiara, se decidi di tornare, ti stenderemo un bel red carpet, sarai bene accolta: ci sono tante altre bellezze da vedere, e da promuovere e chi meglio di te come testimonial?

Ci sono, per dirne solo qualcuna: la Basilica Minore di Santa Maria de Finibus Terrae, con le sue splendide ville di stile vario, la “Centopietre” a Patù, il Palazzo del poeta Girolamo Comi a Lucugnano, il Castello di Castro, il Museo Diocesano di Ugento, il Museo del Mare di Gallipoli, il villaggio rupestre di Macurano a Montesardo, la Cripta del Gonfalone a Tricase, i palazzi dei nobili a Presicce, il castello De Monti a Corigliano, Spinola-Caracciolo ad Andrano, la pietra della fecondità a Calimera (ma Chiara è già madre), il giardino megalitico a Giurdignano, il museo messapico a Vaste e la via e necropoli messapica di Alezio…

Da terra ricca di bellezza ma abitata da gente povera ma bella, che resta attaccata tenacemente alle sue radici (la sola cosa che i Saraceni d’ogni tempo gli han lasciato), potremo sdebitarci con un pacco di frise di grano Cappelli o d’orzo, il pane dei marinai Fenici e dei pastori Greci adatto a chi tiene al proprio figurino.

Ma siamo sicuri che, bagnate nell’acqua del mare di Santa Cesarea Terme e condite con pomodoro di Morciano, o racalino, olio Piana del Lentisco, sale, origano e magari una fettina di cipolla cruda, ti piaceranno.

T’aspettiamo, mentre tu aspetti il tuo secondo figlio/figlia?

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