Baresi che hanno fatto la storia di Bari: Vito Maurogiovanni

VITTORIO POLITO –
Vito Maurogiovanni (1924-2009), giornalista, poeta, commediografo e scrittore di chiara fama, saggista, grande memoria storica di Bari, autore di molti testi dagli argomenti più vari.

Maurogiovanni, di umili origini, fu sindacalista e collaborò con molte testate giornalistiche tra cui “L’Osservatore Romano”, “La Gazzetta del Mezzogiorno”, per la quale ultima curava anche la fortunata rubrica “Come Eravamo”, molto seguita dai lettori per gli importanti contenuti storici che l’autore ricordava di volta in volta.

Le opere di Vito non si contano e non finiscono mai di stupirci: passa dalla cultura popolare, al teatro, alle tradizioni, a San Nicola, al dialetto, al quale ultimo ha dato dignità letteraria e teatrale.

Monsignor Francesco Cacucci, Arcivescovo di Bari, disse di lui in occasione del suo 80° genetliaco “Che la città deve a lui l’aspetto migliore per la sua profondità culturale, mai ostentata, la sua fede, la sua umiltà. Si coglie nella sua persona un tratto di storia di Bari”.

Nel suo volume “Come eravamo” (Levante), da acuto ed attento testimone ed osservatore, ha puntualmente annotato e memorizzato per ricordarli ai meno giovani e lasciare ai posteri la cronaca, nomi e storia della nostra città, sì quella città che Maurogiovanni ha tenuto sott’occhio da antica data e che l’autore dell’immagine di copertina, Carlo Fusca, l’ha ben rappresentata sotto lo sguardo bonario dell’autore. Il volume è, infatti, una rassegna di storie, fatti e personaggi accaduti nella nostra città negli anni passati.

Nella pubblicazione si parla di cinema, eventi, personaggi, dei luoghi della memoria, di scuola, di guerre, di treni e di ferrovieri, di sarti, di viaggi, di Natale e feste comandate e di teatro. Ma uno dei capitoli più interessanti ed avvincenti è quello dei personaggi nel quale incontriamo, molte persone che purtroppo non ci sono più: da Michele Campione (1928-2003), indimenticabile e simpatico giornalista, a Vito Lozito (1943-2004), scrittore e docente di storia della chiesa, all’arcivescovo Mariano Magrassi (1930-2004), arcivescovo di Bari, a Nunzio Schena (1925-2003), prestigioso editore, a Donato Marrone (1902-1978), grande direttore d’orchestra, direttori di quotidiani, uomini politici, attori, attrici, ecc. Tanto per citarne qualcuno. Ma si parla anche di personaggi viventi. Insomma sono citati centinaia di personaggi e gente comune, autorità, sindaci, giornalisti, monaci, registi, generali d’aviazione, ecc. Tutte persone che si sono avvicendate nella storia di Bari molti dei quali ancora sulla scena. Va sottolineato che delle persone citate, non compare solo il nome, ma anche fatti e vicende a loro legati che a Maurogiovanni non sono sfuggiti e che ha puntualmente annotato nella sua lunga carriera di giornalista e scrittore. Non si può che convenire con Lino Patruno che nella presentazione scrive, tra l’altro, “I suoi ottant’anni sono immortali perché egli sopravvivrà sempre a se stesso”.


Maurogiovanni si è interessato come commediografo al Teatro dialettale barese. Felice Alloggio, noto attore e commediografo anch’egli, scrive sul libro “Baresità e… maresità” (Levante): «La diffusione del dialetto barese come lingua teatrale ha inizio immediatamente dopo la caduta del fascismo, regime che, come si sa, proibiva l’uso del dialetto parlato. Infatti fu l’avvio, da parte di Radio Bari, della trasmissione radiofonica “La Caravella”, avvenimento che ha contribuito non poco alla diffusione della cultura del dialetto, una vera e propria scuola di dialetto per gli attori emergenti quali, Wanda Rinaldi, scomparsa nel 1979, e Silvio Noto (1925-2000), che recitavano i testi preparati da Vito Maurogiovanni e Lorenzo Lastilla, inventori dei due principali personaggi di “Coline e Mariètte”».

Attraverso la sua notevole produzione letteraria su teatro, dialetto, commedie, San Nicola, al quale era molto legato, lo ha ricordato, infatti, con il volume “Un gran Santo…” (Levante), e non ha dimenticato neanche i ragazzi pubblicando “San Nicola a fumetti” (Bracciodieta Editore), o “San Nicola nel mondo” (Gedim), nel quale ultimo Vito racconta piccole e grandi storie, leggende, miti, cronache, aneddoti sulla vita e sulla devozione di San Nicola. Il testo è in 4 lingue (italiano, inglese, francese e tedesco) e, in una seconda edizione, anche in russo. Tutte opere che sopravvivranno a se stesso, a testimonianza della sua “immortalità”. Da non dimenticare “La Passione de Criste” (Edipuglia), che non è solo la storia della Rivelazione, della salvezza degli uomini attraverso il sacrificio di Cristo, ma è anche la storia della passione degli uomini, di tutti gli uomini, soprattutto di quelli più dimenticati, degli ultimi.

Per non parlare di “Jarche vasce”, un classico della baresità, che dopo oltre 40 anni continua ancora a essere rappresentato con tanto successo. Nato nei primi anni ’70 ha avuto un trionfo strepitoso, ne parlò anche il “Corriere della Sera”. Aldo Moro (1916-1978), l’illustre uomo di governo, scomparso tragicamente, dichiarò “È la prima volta che una commedia, per di più in dialetto barese, resta tanto a lungo in cartellone”. La commedia è stata rappresentata, insieme a Jarche ialde”, oltre che al Piccolo Teatro di Bari “Eugenio D’Attoma”, anche a New York. Gli attori? Tanto per citarne qualcuno: Mariano Leone, Mario Mancini, Gianni Memeo, Nicola Tabascio, Nietta Tempesta, Dino Romita, Carmela Vincenti.


Francesco De Martino, già ordinario di Letteratura Greca all’Università di Foggia, ha curato nel 2010, l’ultimo libro di Maurogiovanni “Teatri” (Levante). La pubblicazione è stata fortemente voluta dall’indimenticabile autore. Non è infatti il libro dell’addio ma della “speranza a continuare a scrivere”. I teatri per Maurogiovanni sono anche “spazi di dignità” dove dare la possibilità a quegli eroi microscopici privi di ascolto, dei quali si era fatto appassionato cantore. De Martino, insieme alla signora Anna Maurogiovanni ed alle figlie Elvira, Celeste e Giovanna e con l’aiuto di amici del caro Vito, si sono sobbarcati una notevole mole di lavoro per tentare di raccogliere il maggior numero possibile degli innumerevoli “Scritti di Maurogiovanni”, cosa non facile per la notevole produzione dello scrittore e giornalista e della relativa critica. Si tratta di diverse centinaia di scritti, in riferimento solo a quelli di cui il curatore ha attentamente cercato, ottenuto e visionato, ma sicuramente c’è ancora altro materiale di cui non si è a conoscenza o non è stato possibile rintracciare.

Il Comune di Bari lo ha ricordato con l’intestazione del “Largo Vito Maurogiovanni” (slargo di Via Venezia sovrastante l’Arco di San Nicola), al Quartiere San Nicola), proprio accanto al Santo da lui tanto amato.

Devo la mia gratitudine a Vito per aver prefato il mio libro “Baresità e… maresità”, negli ultimi giorni della sua vita.

Àrrue d’auuì

di Vito Maurogiovanni

 

                                     

A Betlèmme, Eròte pèt’èsse mbìse,         

Le peccenìnne avèven’a ièsse tutt’accìse.

Fescì Marì, cu core iìnd’o chiànde,          

Gesù arrevegghiàte iìnd’o mande.          

Fescì Marì m-mènz’a la cambbàgne,      

E apprìisse n’àngeue l’acchembbàgne.   

Ih, Madò, nu seldàte, o ce bbrutta razze!         

Nge vole levà u peccenìnne da le vrazze.        

Fusce Marì, fusce sènza fiàte,                            

U Bammìne citte, addermendàte             

Attùrn’attùrne no nge stà repàre,           

U cìile ggnore, u tìimb’amàre.                           

Fusce Marì, fusce Marì cu core n-ganne,

U peccenìnne strìtte che ttutte le panne.

E mmò ca se vète pròbbie perdùte          

A l’àrrue demànne na mane d’aiùte.      

«Àrrue de lepìne, àrrue de lepìne,          

Iàbbrete e ascùnne cusse Bammìne».      

«Vattìnne», respennì u lepìne.                          

«Vattìnne, tu e ccusse Bammìne».           

«Lepìne, lepìne, tu sì stat’amàr’assà,      

E ssèmbe cchiù amàre tu ha dà devendà».

E accòme cudde lepìne le menduò,                   

A n’àrrue d’auuì Marì tezzuò.                          

«Auuì, auuì bbèlle, vèrd’e ggnore                    

P’u Bammìne nu muèrs’a muèrse de core».     

E u u-àrrue sùbbete sùbbete s’aprì:                            

E pegghiò Gesù, Gesèppe, u ciùcce e la Vèrgene Marì. 

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