Baresi che hanno fatto la storia di Bari: Davide Lopez


VITTORIO POLITO –
Davide Lopez (1867-1953), poeta dialettale, avvocato e amministratore. Fu consigliere comunale di Bari dal 1904 al 1920 e assessore nel 1910. Dal 1928 al 1938 fu Amministratore della Biblioteca “Sagarriga Visconti”.

Secondo poeta dialettale barese dopo Francesco Di Cagno Abbrescia (1813-1852), Lopez ha il merito principale di aver dato alla poesia barese carattere più universale, cioè di averla resa più comprensibile e più aristocratica.

Davide Lopez, scrive Pasquale Sorrenti (1927-2003) nel suo libro “I Baresi”, «è comunque un ‘barese’ di primo piano, un uomo che sta alla città come la campagna al contadino. Certi tipi da lui creati, ad esempio ‘Sandirocche’, non erano che persone vere». Questi faceva il lustrascarpe in via Piccinni angolo via Melo, così come “u sfelazze”, un uomo senza arte né parte che vive di espedienti.

Tra le sue opere “U colere”, che ha rivissuto momenti della sua giovinezza, ma con “U cecate” l’artista ha presso il sopravvento sul cronista. Si è interessato anche di dialettologia, ma egli rimane solo ed esclusivamente un grande poeta dialettale, al quale è mancata la fortuna che gli spettava.

Tra le sue opere “Canti Baresi” (1915) e “Nuovi canti baresi” (1930), entrambi editi da Laterza; “Biblioteca Consorziale Sagarriga Visconti. Un decennio di amministrazione 1928-1938”; “La Puglia agli albori della civiltà”; “La voce le forme dell’idioma barese: Fonologia e Morfologia” (2 voll.).

Bari gli ha dedicato una strada al Quartiere Libertà, da Via Brigata Regina a Via Curzio dei Mille.

Un esempio di poesia di Davide Lopez su un argomento d’attualità “La Votazione”, ripresa da “Canti Baresi”, ristampa anastatica di Arnaldo Forni editore, 1981).

La Votazione

di Davide Lopez

’Nu rusce-rusce corre p’u pajise,

’Nu scange de cartedde e sottamane,

’Nu struscia strusce senz’a condrappise,

’Nu scorre de carrozz’e cristiane.

Ci ccos’è seccedute a le Varise?

Fingh’u catavre gire a mane a mane!

U pagghje honne pegghjate, u terne ‘mbise?

«Vonn’a votà, ch’avonn’avè u ppane…!

Sta premettute a cusse u budellate,

A cudde u bedde poste s’av’a dà;

A cci majestre, eccedre; a cci ’mbiagate;

Oscia palduffe! tutte honn’à mangià!»

Jè giuste come disce u candedate!

Ma mange del mio mange avim’a fa!

(Rusce-rusce = rumore, vocio; catavre = cadavere; ’mbise = forcaiuolo, malizioso; budellate = bidello, inserviente (Zonno); oscia palduffe = esclamazione di meraviglia).

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