Curiosità e ricchezza del vocabolario dialettale barese



VITTORIO POLITO –
È noto che la dialettofonia ha una consistenza varia nelle regioni d’Italia. In alcune il dialetto non è mai scomparso, in altre è a rischio di estinzione. Nelle prime il vernacolo è parte della vita quotidiana, a testimonianza della propria origine e della propria identità culturale; nelle seconde la multiculturalità e la minaccia della globalizzazione portano ad una riscoperta delle tradizioni locali e della lingua che ne è espressione e collegamento.

Tra le tante curiosità del dialetto barese, ad esempio, vi è la ricchezza dei vocaboli provenienti dalle varie lingue, a partire dal latino per finire al francese, allo spagnolo, all’arabo, all’ebraico, al provenzale ed a molte altre lingue relative alle varie occupazioni che vi sono state nel nostro territorio.

Nino Lavermicocca (1942-2014), nel suo libro “Bari Vecchia” (Adda), sottolinea come «Una così ricca mistura di popoli ed etnie non poteva non lasciare traccia nella “città delle parole”, quella lingua di Bari Vecchia (il dialetto) tanto vituperata e sbeffeggiata per la cacofonia e l’ostica cadenza! Si tratta invece di una lingua colta, nella quale sono confluiti i relitti della babele linguistica di venti secoli di storia!

«Il dialetto – scrive Vito Antonio Melchiorre (1922-2010) – è molto importante, perché rappresenta una specie di tessuto connettivo fra il passato e il presente, nel quale ogni epoca ed ogni evento ha lasciato segni indelebili, da considerare come dei fossili capaci di rivelare il nostro passato e la storia del nostro costume in qualsiasi risvolto, nobile o umile che sia. La ricerca della origine dei vocaboli, l’individuazione del loro preciso significato e delle connessioni sintattiche finiscono il più delle volte col narrare la storia delle dominazioni e delle vicissitudini che si sono succedute nella città nel corso dei secoli…» (da ‘Storie e Patorie’, Adda).

Per Pasquale Corsi «Il dialetto è il registro linguistico delle origini di ciascuno, delle intimità più strette, delle radici stesse della propria vita: è il linguaggio del cuore. Tutto il resto, per quanto importante, viene dopo ed alla fine si dissolve».

Partendo da questi assunti e sfogliando il recentissimo dizionario Barese/Italiano e Italiano/Barese “Per non dimenticare” di G. Gioia, G. Mele e F. Signorile (WIP Edizioni), ho incontrato una marea di vocaboli provenienti, appunto, dalle varie occupazioni che abbiamo subito in passato, che sono diventati, nel corso del tempo, di uso comune e, per fare cosa gradita ai lettori – almeno spero – ne ho estrapolato un campionario di termini più comuni, che sottopongo alla loro attenzione per una maggiore conoscenza del loro significato e, soprattutto, affinché “U dialètte non móre chiú” (il dialetto non muore più).


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