Barocco, enigmatico, multitasking: Napoleone


FRANCESCO GRECO
- Ei fu. Siccome immobile,

dato il mortal sospiro…

C’è sempre uno scarto rilevante, diremmo quasi decisivo fra la realtà e la rappresentazione, fra la percezione e la narrazione, forse perché qualcosa nell’approccio sfugge o è ridotto a dimensione unica. Sovrapporle è un arbitrio. Lo sguardo è sempre soggettivo, sommatorio della propria formazione culturale, il gusto artistico-estetico, il parossismo di una sensibilità, mille altre opzioni.

Vale per la lettura dei fatti storici, ma anche dei grandi uomini che hanno che ne furono protagonisti e che si continuano a “processare” non appena i contemporanei si dotano di nuovi strumenti analitici, o pensano di averne. Valga per tutti la psicoanalisi con cui si è guardato nel cuore di Alessandro Magno (a cui il nostro fa ombra con la celebre citazione di Diogene ripresa da Plutarco), nella mente di Cesare al Senato assassino, nel sogno di grandeur di Cleopatra, nelle gesta di Carlo Magno che si incorona da solo strappando la corna al Papa, nei deliri di Gengis Khan che tinse di sangue le steppe e scaldò le alcove asiatiche spargendo il seme con generosità.

…stette la spoglia immemore,

orfana di tanto spiro…
 
Uno dei personaggi più complessi, polisemici, come uomo e come parabola esistenziale, nascita, imprese militari, ambizioni, sogni di gloria, sconfitte, con cui l’Occidente, e non solo, ha fatto (e continua a fare) i conti, è stato Napoleone Bonaparte, che morì due secoli fa (15 agosto 1769-5 maggio 1821).

In “Ei fu” (Vita letteraria di Napoleone da Foscolo a Gadda), Salerno Editrice, Roma 2021, pp. 100, euro 9, 90 (collana “Astrolabio” diretta da Enrico Malato), Matteo Palumbo prende in esame alcune scansioni letterarie e iconografiche che hanno avuto il corso come protagonista, che fu una fenice che rinacque dalle ceneri della rivoluzione francese, forse da lui idealizzata e comunque assurta al ruolo di motore degli eventi successivi in Francia e in Europa, che lo videro svettare.

…così percossa, attonita

la terra al nunzio sta…


Ordinario di Letteratura Italiana all’Università “Federico II” di Napoli (un buon retroterra di pubblicazioni alle spalle), Palumbo, ne studia alcuni, senza pretese di esaustività, perché la storia, i suoi mentori e la loro psicologia sono sempre in divenire, e ciò rappresenta una risorsa per gli analisti e per il vasto pubblico a cui si forniscono sempre nuove scansioni.

L’espediente è suggestivo: intreccia le visioni come in un gioco di scatole cinesi, una interdipendente con l’altra. La passionalità di Foscolo nella decodificazione del personaggio, per dire, viene raffreddata un secolo e mezzo dopo da Gadda (figlio delle disillusioni degli “ismi” del Novecento). Vincenzo Monti, stesso pathos foscoliano, tesse versi aulici come farebbero i trovatori del Medioevo, ma Eduardo Scarpetta veste Napoleone dei panni del popolo con la celebre battuta che poi Totò renderà immortale rivolgendosi all’amico fotografo che vuol portare al banco dei pegni il paltò nel film “Miseria e nobiltà”: “Pasquale, ma toglimi una curiosità: qua dentro ci sta il cappotto di Napoleone Bonaparte?”.

Lo stesso vale per le trasfigurazioni pittoriche, che rendono il personaggio sfolgorante mentre valica le Alpi per prendersi l’Italia (“meraviglioso Guerriero della storia moderna”… “padrone dell’Europa”). Trasposizioni che fanno pendant al format foscoliano.

…muta pensando all’ultima

ora dell’uom fatale. 

Fra Nievo a Svevo, tutti vedono un Napoleone idra, multitasking, declinato da opposte visuali: eroe predestinato e profeta dei suoi tempi, rivoluzionario e reazionario, restauratore di vecchi equilibri, genio e negazione dei postulati che hanno acceso i cuori e folgorato le menti, tiranno e foriero di istinti escatologici, alfa e omega del tutto.

Più frugano nella sua parabola ascendente e discendente e più il personaggio si trasfigura in un archetipo complesso, barocco, stratificato, denso di letture, visioni. Diremmo pirandelliano: uno, nessuno, centomila, e tuttavia un enigma, l’ennesimo, offerto dalla Storia che in questo è assai generosa.

Forse era proprio quello che il corso desiderava a 12 anni, quando già si sognava imperatore. Ma il fato, tanto caro al romantico Foscolo, aveva molto altro in serbo per lui… E, concludiamo noi oggi, fortunatamente.

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