Doveri informativi e responsabilità d’équipe (Terza parte)


VINCENZO NICOLA CASULLI -
Il secondo limite è invece di natura giuridica e consiste nella posizione di garanzia attribuita al capo équipe sull’operato altrui, nel caso di distribuzione verticale del lavoro. Il capo dell’équipe medica è, infatti, titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente ed è, pertanto, tenuto a dirigere e coordinare l’attività svolta dagli altri medici, sia pure specialisti in altre discipline, controllando la correttezza delle loro attività e ponendo rimedio, ove necessario, agli errori altrui, che siano evidenti e non settoriali o comunque rientranti nella sua sfera di conoscenza, come tali emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche.

Un tale dovere si aggiunge a quelli gravanti sugli ulteriori componenti dell’équipe e a quello di controllo formale che il soggetto in posizione apicale deve svolgere. Tale obbligo di prevedere ed evitare l’errore altrui costituisce un obbligo primario che grava sul capo équipe come conseguenza naturale del proprio ruolo, a differenza dell’obbligo che si imputa ai medici dell’équipe in posizione subalterna, da qualificarsi come secondario poiché non è direttamente ricompreso nel catalogo dei loro doveri in quanto deriva dalla natura relazionale e collaborativa dell’attività sanitaria plurisoggettiva. Il capo dell’équipe, inoltre, al di là dell’autonomia professionale dei singoli operatori, ha il dovere di portare a conoscenza del gruppo tutte le informazioni di cui è in possesso sulle patologie del paziente che, se non comunicate, potrebbero incidere sulle scelte altrui.

Pertanto, così descritta, la posizione di garanzia rivestita dal capo équipe appare assumere, prima facie, valore assoluto, in quanto egli ha un dovere continuo di sorveglianza su tutte le attività svolte dai suoi collaboratori. In realtà, il soggetto gerarchicamente sovraordinato, per la sola posizione che riveste, non può considerarsi sempre e comunque responsabile degli errori colposi altrui, in quanto, in tal caso si finirebbe per configurare una forma di responsabilità oggettiva o per fatto altrui, in violazione del principio personalistico di cui all’art. 27 Cost.

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